mercoledì 6 maggio 2009

CHI SEGUE ME NON CAMMINERA' NELLE TENEBRE


In quel tempo, Gesù disse a Nicodemo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo [...]. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Gesù non è venuto per giudicare, ma per salvare. Ciò nonostante la sua venuta opera un giudizio. Di fronte alla sua rivelazione si deve scegliere: o accoglierlo o rifiutarlo. Non è Dio che ci giudica, ma siamo noi che ci condanniamo. Accogliendo il suo amore ci costruiamo la salvezza, rifiutandolo ci costruiamo la condanna. E il giudizio non è soltanto un fatto futuro, ma presente: giorno dopo giorno ci costruiamo tenebra o luce, ciechi o vedenti. E le tenebre possono divenire così fitte da essere poi impermeabili alla luce. In questi casi si parla di buona fede, ma in realtà c’è responsabilità. È come di un uomo che resta chiuso a lungo, in una stanza buia; posto di fronte alla luce del sole, chiude gli occhi accecato. Si è abituato alle tenebre e non sopporta la luce; si è assuefatto alla menzogna e non comprende la verità. Così è dell’uomo che opera il male. Può stabilirsi nell’animo una tale connivenza con la menzogna che la verità viene rifiutata proprio perché verità. È ciò che Gesù dirà ai giudei (Gv 8,45): «Poiché dico la verità, voi non mi credete; se dicessi parole menzognere, quelle che voi volete sentire, mi credereste».
Il Vangelo è convinto che l’agire condiziona il comprendere. Chi ha il disordine in casa non apre la finestra, perché non vuole che le sue opere cattive vengano smascherate. Chi fa il male vuole giustificarlo. Demolisce la verità e la deride. Si difende. Gesù dimostra di essere un profondo conoscitore del cuore dell’uomo. Ha ragione: solo una vita corretta permette di aprirsi alla verità. Per scorgere la verità - non una verità qualsiasi, ma una verità che impegna la vita, come la verità religiosa o sociale o politica - non basta l’intelligenza: occorre la pulizia del cuore e molta libertà.

Si noti la precisazione delle parole di Gesù. Non dice: chi cade nelle tenebre, ma chi «ama» le tenebre. Il verbo amare (in greco «agapao») indica amore, preferenza, attaccamento, scelta consapevole. Non è dunque semplicemente questione di fare il male, perché può accadere anche di fare il male per debolezza, quasi un incidente che però non denota una scelta di fondo. Non è questo che impedisce di giungere alla verità. Gesù pensa invece a coloro che amano la menzogna, la scelgono, la giustificano con ragioni apparentemente plausibili.

Un’altra precisazione: Gesù dice «fare la verità». Non conoscere, ma fare. E questo perché la verità di cui Gesù parla non è un complesso di idee da imparare, ma un progetto di vita da vivere.

Bruno Maggioni
(tratto da Avvenire online)

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