giovedì 30 aprile 2009

LA DEVOZIONE DELLE 3 AVE MARIA



Dice Gesù (Mt 16,26): "Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero se poi perde l'ani­ma sua?". L'affare perciò più importante di questa vita è la salvezza eterna. Volete salvar­vi? Siate devoti della Vergine Santissima, Me­diatrice di tutte le grazie, recitando ogni giorno Tre Ave Maria.

Santa Matilde di Hackeborn, monaca be­nedettina morta nel 1298, pensando con timore al momento della sua morte, pregava la Ma­donna di assisterla in quel momento estremo. Consolantissima fu la risposta della Madre di Dio: "Sì, farò quello che tu mi domandi, figlia mia, però ti chiedo di recitare ogni giorno Tre Ave Maria: la prima per ringraziare l'Eterno Padre per avermi resa onnipotente in Cielo e in terra; la seconda per onorare il Figlio di Dio per avermi dato tale scienza e sapienza da sorpassare quella di tutti i Santi e di tutti gli Angeli; la terza per onorare lo Spirito Santo per avermi fatta, dopo Dio, la più miseri­cordiosa".

La speciale promessa della Madonna vale per tutti, eccetto per coloro che le recitano con ma­lizia, con l'intenzione di proseguire più tran­quillamente a peccare. Qualcuno potrebbe obiettare che ci sia grande sproporzione nell'ot­tenere la salvezza eterna con la semplice recita giornaliera di Tre Ave Maria. Ebbene, al Con­gresso Mariano di Einsiedeln in Svizzera, P. Giambattista de Blois rispondeva così: "Se que­sto mezzo vi sembrerà sproporzionato, .dovete prendervela con Dio stesso che ha concesso al­la Vergine tale potere. Dio è padrone assoluto dei suoi doni. E la Vergine SS. ma, nella potenza d'intercessione risponde con generosità pro­porzionata al suo immenso amore di Madre".

L'elemento specifico di questa devozione è l'intenzione di onorare la SS. Trinità per aver reso la Vergine partecipe della sua potenza, sa­pienza e amore.

Questa intenzione, però, non esclude altre buone e sante intenzioni. La prova dei fatti con­vince che questa devozione è di grande effica­cia per ottenere grazie temporali e spirituali. Un missionario, fra' Fedele, scriveva: "I felici risultati della pratica delle Tre Ave Maria sono così evidenti e innumerevoli che non è possibile registrarli tutti: guarigioni, conversioni, lume nella scelta del proprio stato, vocazioni, fedeltà alla vocazione, vittoria sulle passioni, rasse­gnazione nella sofferenza, difficoltà insormon­tabili superate...".

Alla fine del secolo scorso e nei primi due decenni dell'attuale, la devozione delle Tre Ave Maria si diffuse rapidamente in vari paesi del mondo per lo zelo di un cappuccino francese, P. Giovanni Battista di Blois, coadiuvato dai mis­sionari.

Essa diventò una pratica universale quando Leone XIII concesse indulgenze e prescrisse che il Celebrante recitasse con il popolo le Tre Ave Maria dopo la S. Messa. Questa prescrizio­ne durò fino al Concilio Vaticano II.

Durante la persecuzione religiosa nel Messi­co Pio X in una udienza a un gruppo di Messi­cani disse: "La devozione delle Tre Ave Maria salverà il Messico".

Papa Giovanni XXIII e Paolo VI impartirono una benedizione speciale a quanti la propagano. Diedero impulso alla diffusione numerosi Cardinali e Vescovi.

Molti Santi ne furono propagatori. Sant' Alfonso Maria de' Liquori, come predicatore, confessore e scrittore, non cessò d'inculcare la bella pratica. Voleva che tutti l'adottassero:

Preti e religiosi, peccatori e anime buone, bam­bini, adulti e vecchi. Tutti i Santi e beati reden­toristi, fra i quali S. Gerardo Maiella, ne eredi­tarono lo zelo.

S. Giovanni Bosco la raccomandava viva­mente ai suoi giovani. Anche il beato Pio da Pietrelcina ne fu zelante propagatore. S. Gio­vanni B. de Rossi, che .ogni giorno dedicava fi­no a dieci, dodici ore al ministero delle confes­sioni, attribuiva alla recita quotidiana delle Tre Ave Maria la conversione di peccatori ostinati.

Chi recita ogni giorno l'Angelus e il S. Rosa­rio non ritenga un sovrappiù questa devozione. Consideri che con l'Angelus onoriamo il miste­ro dell'Incarnazione; con il S. Rosario meditia­mo i misteri della vita del Salvatore e di Maria; con la recita delle Tre Ave Maria onoriamo la SS. Trinità per i tre privilegi concessi alla Ver­gine: potenza, sapienza e amore.

Chi ama la Mamma Celeste non esiti ad aiu­tarla a salvare le anime per mezzo di questa pratica facile e breve, ma tanto efficace.

Possono diffonderla tutti: sacerdoti e religio­si, predicatori, madri di famiglia, educatori ecc..

Non è un mezzo di salvezza presuntuoso o superstizioso, ma l’autorità della Chiesa e dei santi insegna che la salvezza è nella costanza del proposito (cosa non tanto facile come può sembrare, questo ossequio alla Vergine SS. recitato ogni giorno, a qualunque costo, ottiene misericordia e salvezza.

Anche tu si fedele ogni giorno, diffondi la recita a chi desideri maggiormente che si salvi, ricorda che la perseveranza nel bene ed una buona morte sono grazie che si chiedono, in ginocchio, ogni giorno come tutte le grazie che ti stanno a cuore.

(Da: Una chiave del Paradiso, G. Pa­squali).



Prima di iniziare questa devozione, medita sui numeri dal 249 al 254 del Trattato della vera devozione a Maria, ti accorgerai che tanti cristiani recitano l’Ave Maria, ma pochi la conosco a fondo.

Tu pregala con frequenza e come espressione del tuo amore e della tua fede:

- negli Angeli (Ave)

- nella potenza e grandezza del S. Nome di Maria (o Maria)

- nel mistero della pienezza di grazia in Maria fin dal primo istante della sua Immacolata Concezione (piena di grazia)

- nell’unione di Dio con le anime, quella di Maria, la tua, le nostre, per mezzo della Grazia, vita di Dio in noi! (il Signore è con te)

- nella grandezza e nella bontà della Prediletta fra tutte le donne ( tu sei benedetta fra le donne)

- nel mistero dell’Incarnazione, ove Gesù inizia la nostra salvezza (e benedetto il frutto del tuo seno Gesù)

- nella Divina Maternità e nella sua perpetua Verginità (Santa Maria, Madre di Dio)

- nella Mediazione di Maria (prega per noi)

- nella misericordia di Maria e nella gravità del peccato ( peccatori)

- nel bisogno della grazia e nella continua ed efficace protezione di Maria (adesso)

- nei novissimi e nell’intervento di Maria per una buona morte (e nell’ora della nostra morte)

- nella gloria che desideriamo ed attendiamo per l’aiuto di Maria SS. (Amen)



PRATICA
Prega devotamente ogni giorno così, mattina o sera (meglio mattina e sera):

Maria, Madre di Gesù e Madre mia, difendimi dal Maligno in vita e nell'ora della morte, per il Potere che ti ha concesso l'Eterno Padre.

Ave, Maria...

per la Sapienza che ti ha concesso il divin Fi­glio.

Ave, Maria...

per l'Amore che ti ha concesso lo Spirito Santo. Ave Maria...



Propagate questa devozione perché "CHI SALVA UN'ANIMA, HA ASSICURATO LA PROPRIA" (Sant'Agostino)

"NULLA È PIÙ INUTILE DI UN CRISTIANO CHE NON SI ADOPERA A SALVARE GLI ALTRI" (San Crisostomo)

ERO MALATO E MI AVETE VISITATO




1. Introduzione: «Io ero malato e mi avete visitato» (Mt 25,36)
Gesù, attraverso la guarigione e la consolazione dello Spirito, manifesta una particolare sensibilità per chi vive la malattia. Chiede a noi di fare altrettanto, sottolineando come egli si identifichi con chi è infermo: «Io ero malato e mi avete visitato». L’azione del visitare, nella Bibbia, è applicata anzitutto a Dio che “visita” il suo popolo (Lc 1,68). La sua non è una visita frettolosa o saltuaria, ma durevole e benevola, che partecipa alle vicende della nostra vita per portare conforto e guarigione.
A noi chiede di “visitare i malati” in questa medesima prospettiva: «Quando entrerete in una città curate i malati che vi si trovano e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio» (Lc 10,8-9). Ci è dunque chiesto di “visitarli” con il cuore di Cristo, con l’amore con cui Dio li ama, così riveleremo loro la presenza del Dio Salvatore. La vocazione cristiana può dunque trovare nella visita ai malati una delle sue più tipiche espressioni.
O Dio, noi ti ringraziamo perché hai mandato il tuo Figlio a condividere la nostra natura umana.
Egli ha preso su di sé la povertà e la debolezza di tutti gli uomini, rivelando il valore misterioso della sofferenza.

2. Ascolto della parola: «Abbi cura di lui» (Lc 10,35)
La fragilità - e con essa la malattia - fa parte del nostro vivere umano. Nessuno ne è esentato; nessuno può sottrarvisi. Come affrontare la malattia? con che spirito? come porci accanto a chi soffre? Gesù ha una sua precisa risposta che spinge su due linee: rendersi presenti per guarire/alleviare; rendersi presenti per condividere. Così egli ha fatto: «Gli portavano gli indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con la sua parola e guarì tutti i malati, perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: Egli ha preso le nostre infermità e si è addossato le
nostre malattie» (Mt 8,16-17). E a noi chiede: «Guarite gli infermi, sanate i lebbrosi...: gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10,8).
Siamo dunque invitati a intervenire con l’affetto e con le opere, come il Samaritano ebbe cura di quell’uomo che trovò mezzo morto sulla strada.

LA PREGHIERA SALVERÀ IL MALATO - Per noi cristiani, la visita ai malati ha anche lo
scopo di portare la consolazione dello Spirito, diventando presso di loro strumenti della presenza di Dio. L’apostolo Giacomo ce lo ricorda. Se non portiamo la presenza di Dio, la sola presenza umana è insufficiente a dare serenità e fiducia.

GIACOMO 5
13 Chi tra voi è nel dolore, preghi; chi è nella gioia salmeggi. 14 Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore. 15 E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà e se ha commesso peccati, gli saranno perdonati. 16 Confessate perciò i vostri peccati gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri per essere guariti. Molto vale la preghiera del giusto fatta con insistenza. 17 Elia era un uomo della nostra stessa natura: pregò intensamente che non piovesse e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi. 18 Poi pregò di nuovo e il cielo diede la pioggia e la terra produsse il suo frutto.

RIFLETTI ... “Dio non è venuto a sopprimere la sofferenza, e neppure a spiegarla. È venuto per colmarla con la sua Presenza” (P. Claudel).
È questa presenza di Gesù che noi possiamo realizzare per i nostri fratelli ammalati, presso i nostri fratelli ammalati. Chi soffre a motivo di una malattia è poverissimo, perché manca del più grande dei beni: la salute fisica. Ha quindi bisogno del nostro tempo, delle nostre gambe, della nostra voce, della nostra comprensione, della nostra compagnia, della capacità di stare ad ascoltarlo, di una
relazione di vicinanza fedele, discreta, disponibile.
Tutto questo come singoli, ma anche come comunità cristiana, rivolgendo la nostra attenzione anche a chi assiste, spesso con impegno oltremodo gravoso, un familiare ammalato.
Occorre maggiormente coinvolgerci tutti, perché insieme sentiamo la responsabilità e la gioia di essere comunità che opera accanto ai propri malati con gratuità e disinteresse. È importante sostenere e sviluppare forme di volontariato sul territorio e nell’ambito degli ospedali, per un servizio anche organizzato all’ammalato, ispirato dalla gratuità e dalla fede. Così la comunità cristiana esprime una delle sue precipue responsabilità.
Accanto al malato non possiamo che ritornare al Vangelo, attraverso la premura e la tenerezza,incarnando quella misericordia con cui Dio riempie ciascuno di noi.

3. Intercessione: «Le mie lacrime nell’otre tuo raccogli, Signore» (sal 56,9) La realtà della sofferenza ha bisogno di vivere a contatto con la fede. Preghiamo perché chi sperimenta la malattia riesca, nonostante insicurezze e timori, a percorrere questa strada con Gesù.

Ripetiamo: ASCOLTA I TUOI FIGLI, SIGNORE
Crediamo alla tua presenza nella nostra vita e nel cuore del mondo...
Dio di speranza, risollevaci nelle prove...
Dio di salvezza, confortaci nella malattia...
Dio di fortezza, sostienici quando subiamo ingiustizie...
Dio di pace, liberaci col tuo perdono quando pecchiamo...
Dio d’amore, rialzaci quando cadiamo...
Dio più forte del dolore e della morte...
Dio di sapienza, fa’ che amiamo i fratelli come tu li ami...
Apri il nostro cuore alla sofferenza dell’uomo e del creato...
Fa’ che ascoltiamo il grido di tanti fratelli sofferenti...
Insegnaci a ispirarci ai tuoi comandamenti...
Metti una concreta dedizione nel cuore di medici e infermieri...
Sii per noi libertà e pace, novità di vita e vincolo di unità...
... (altre intenzioni)
*** Concludi con il Padre nostro.
*** Durante il mese dedicato ai malati porta con intensità i malati nella tua preghiera e cerca di visitarli ogni volta che ti è possibile.

mercoledì 29 aprile 2009

COME SAPERE SE AMIAMO DAVVERO DIO


" Il più sicuro contrassegno per sapere se uno ha l'amore di Dio, è il vedere se ha quello del prossimo. Questi due amori non vanno mai separati l'un dall'altro. E state pur certo, che quanto più vi vedrete approfittare in quello del prossimo, tanto più anche lo sarete in quello di Dio. Questa è la regola più sicura per vedere quanto uno ama Dio, vedere quanto ama il prossimo. Importa dunque molto, che miriamo con grande avvertenza, come camminiamo in questo santo amore del prossimo nostro: perché se questo è con perfezione, abbiam fatto il tutto. Perciò bisogna esaminarsi bene nelle piccole cose che occorrono senza far gran caso di certe idee grandiose, che così all'ingrosso vengono talvolta nell'orazione di voler fare e dire per lo prossimo, e non mai si mettono in opera. "

( S. Teresa di Lisieux)

lunedì 27 aprile 2009

LA DONNA NEMICA DI SATANA: "SIATE FORTI IN DIO, PREGATE! "


Chiedo scusa ai lettori: pensavo di poter fare un articolo finale, ma i richiami della Vergine sono troppo frequenti e troppo importanti per essere esauriti in una volta sola. Continuo a commentare i riferimenti a satana contenuti nei messaggi della Madonna, che sto seguendo in ordine cronologico.

“Pregate, figlioli, perchè satana non vi scuota come rami al vento; siate forti in Dio... Pregate incessantemente perchè satana non possa trarre vantaggio da voi (25.5.1988)”. Il richiamo evangelico, che sempre è presente in ogni parola della Vergine, qui è evidente. Gesù aveva messo in guardia gli apostoli perchè “Satana ha ottenuto il permesso di passari al vaglio come il grano (Luca 22,31)”; ma Gesù ha pregato perchè la fede di Pietro non crollasse e perchè lui a sua volta confermasse la fede dei fratelli.

A parte l'importanza di questo brano evangelico circa il primato di Pietro, è affermato chiaramente il potere di satana che ci vaglia tutti. La Madonna ce lo ripete; e ci ripete che con le sole nostre forze soccombiamo; occorre la preghiera, e tanta preghiera, per ottenere quell'aiuto di Dio che solo può darci vittoria. Anche nei casi di possessione diabolica, uno può liberarsi anche senza benedizioni particolari, come è accaduto a D.Calabria; ma non può liberarsi senza tanta preghiera.

“Non abbiate paura, perchè io sono con voi anche quando pensate che non esista via d'uscita e che satana regna” (25.7.1988). Anche questa è una grossa tentazione. Quando tutto va male (salute, affetti familiari, lavoro...), ci si perde d'animo e si ha l'impressione che il male sia più forte del bene. “Perchè i perversi trionfano? Perchè alle canaglie tutto riesce bene?”; già il salmista si poneva queste domande. La Madonna ci invita al coraggio, alla fiducia, assicurandoci la sua materna presenza e quindi il suo intervento. Ma vuole da noi un abbandono pieno e tanta preghiera: “Satana è forte; perciò, figlioli, accostatevi al mio Cuore materno con una preghiera incessante” (25,10.1988). Gesù, tra i tanti doni, ci ha dato Maria SS.; coraggio, quindi, e cacciamo via ogni tentazione di pessimismo.

Ma occorre anche la nostra scelta decisa per il Signore. “Pregate affinchè possiate decidervi solamente per Dio, senza alcuna influenza satanica” (25.11.1989). Gesù ci ha detto chiaramente che non possiamo servire due padroni; la Madonna insiste su questa decisione, di essere interamente dalla parte di Dio, perchè sa che ognuno di noi è un artista del compromesso. Ognuno di noi è tentato di fare andare d'accordo la sua fede religiosa con le idee del mondo, l'egoismo, la ricerca dei beni terreni, l'accondiscendenza alle passioni, e via di questo passo. Prendo ad esempio dei casi—limite. Quando benedico ossessi, molte volte il punto di partenza è una buona confessione, un cambiamento di vita. Spesso sono colpite persone che vivono una posizione matrimoniale irregolare, che hanno commesso il delitto d'aborto, che covano in cuore un rancore a cui non sanno rinunciare. Occorre una vera conversione e ho trovato molto utile il rinnovo delle promesse battesimali, insistendo sulla rinuncia a satana e ad ogni legame con lui, volontario o involontario (quando è stato causato da altri). Il Vangelo è esigente; non tollera compromessi, o, come si esprime il profeta Elia, non tollera che si cammini zoppicando, un po' col Signore e un po' col mondo.

Il demonio cerca poi di entrare in noi anche attraverso vie particolari, molto comuni, che la Madonna ci segnala: “Pregate e non permettete a satana di operare nella vostra vita attraverso i malintesi, le incomprensioni e la mancanza di accoglienza tra gli uni e gli altri” (25.1.1990). Gesù ci vuole un cuor solo e un'anima sola. Ma noi siamo tutti deboli, difettosi, permalosi; facili al pettegolezzo e a legarci le cose al dito, se ci sembra che qualcuno ci abbia fatto un torto, I malintesi e le incomprensioni sono inevitabili, dato che non siamo perfetti. Dobbiamo sapere passarci sopra, perdonare, compatire, dimenticare; e renderci conto che abbiamo anche noi tanto da farci compatire e perdonare. Perchè se si spezza la carità tra noi è impossibile che resti l'unione con Dio: i due grandi precetti dell'amore sono interdipendenti. 11 demonio lo sa bene; cerca allora di creare divisioni tra noi per arrivare poi ad allontanarci da Dio. Occorre, in spirito di preghiera, avere gli occhi ben aperti su questi pericoli.


D. Se Cristo ha sconfitto satana con la sua morte, perchè sembra che questi abbia ancora tanto potere?

Qui davvero ci vorrebbe un lungo discorso. Satana è fortissimo, ma noi abbiamo da Cristo la forza per vincerlo. Per brevità, mi limito a citare il Vaticano Il: “Tutta intera la storia umana è pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre, lotta incominciata fin dalle origini del mondo... La lotta contro gli spiriti maligni continua e durerà, come dice il Signore, fino all'ultimo giorno” (Gs 37); “I fedeli debbono sforzarsi di stare saldi contro gli agguati del demonio e tenergli fronte nel giorno cattivo... Prima infatti di regnare con Cristo glorioso, finito l'unico corso della nostra vita terrena (non esiste altra prova!), compariremo tutti davanti al tribunale di Cristo, per riportare ciascuno quello che fece nella sua vita mortale, odi bene odi male. E alla fine del mondo ne usciranno: chi ha operato il bene, per la risurrezione di vita; e chi ha operato il male, per la risurrezione di condanna” (Lg 48).

D.Gabriele Amorth

sabato 25 aprile 2009

NUOVO MESSAGGIO MEDJUGORIE



Messaggio del 25 aprile 2009
Cari figli, oggi vi invito tutti a pregare per la pace e a testimoniarla nelle vostre famiglie affinché la pace diventi il più grande tesoro su questa terra senza pace. Io sono la vostra Regina della Pace e la vostra madre. Desidero guidarvi sulla via della pace che viene solo da Dio. Per questo pregate, pregate, pregate. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

LA CROCE SULLE SPALLE, CON UN SORRISO SULLE LABBRA, CON UNA LUCE NELL'ANIMA


Quanto più sarai di Cristo, più grazia avrai per la tua efficacia sulla terra e per la felicità eterna.

Ma devi deciderti a seguire la via della dedizione: la Croce sulle tue spalle, con un sorriso sulle labbra, con una luce nell'anima.

Senti dentro di te: “Come pesa il giogo che hai assunto liberamente!”... E la voce del diavolo; il fardello... della tua superbia.

Chiedi umiltà al Signore, e anche tu capirai quelle parole di Gesù: Iugurn enim meum suave est, et onus meurn leve (Mt 11, 30), che mi piace tradurre liberamente così: il mio, giogo è la libertà, il mio giogo è l'amore, il mio giogo è l'unità, il mio giogo è la vita, il mio giogo è l'efficacia.

Nell'ambiente oggi c'è una specie di paura della Croce, della Croce del Signore. Il fatto è che hanno incominciato a chiamare croci tutte le cose sgradevoli che accadono nella vita, e non sanno sopportarle con senso di figli di Dio, con visione soprannaturale. Tolgono persino le croci piantate dai nostri avi lungo le strade!

Nella Passione, la Croce ha cessato di essere simbolo di castigo, per divenire segno di vittoria. La Croce è l'emblema del Redentore: in quo est salus, vita et resurrectio nostra: lì è la nostra salvezza, la nostra vita, la nostra risurrezione.

Josemaria Escrivà

venerdì 24 aprile 2009

LA CROCE E' LA VIA MAESTRA PER LA SALVEZZA


DALLA "IMITAZIONE DI CRISTO" Libro II

Capitolo XII
LA VIA MAESTRA DELLA SANTA CROCE


1. Per molti è questa una parola dura: rinnega te stesso, prendi la tua croce e segui Gesù (Mt 16,24; Lc 9,23). Ma sarà molto più duro sentire, alla fine, questa parola: "allontanatevi da me maledetti, nel fuoco eterno" (Mt 25,41). In verità coloro che ora accolgono volonterosamente la parola della croce non avranno timore di sentire, in quel momento, la condanna eterna. Ci sarà nel cielo questo segno della croce, quando il Signore verrà a giudicare. In quel momento si avvicineranno, con grande fiducia, a Cristo giudice tutti i servi della croce, quelli che in vita si conformarono al Crocefisso. Perché, dunque, hai paura di prendere la croce, che è la via per il regno? Nella croce è la salvezza; nella croce è la vita; nella croce è la difesa dal nemico; nella croce è il dono soprannaturale delle dolcezze del cielo; nella croce sta la forza delle mente e la letizia dello spirito; nella croce si assommano le virtù e si fa perfetta la santità. Soltanto nella croce si ha la salvezza dell'anima e la speranza della vita eterna. Prendi, dunque, la tua croce, e segui Gesù; così entrerai nella vita eterna. Ti ha preceduto lui stesso, portando la sua croce (Gv 19,17) ed è morto in croce per te, affinché anche tu portassi la tua croce, e desiderassi di essere anche tu crocefisso. Infatti, se sarai morto con lui, con lui e come lui vivrai. Se gli sarai stato compagno nella sofferenza, gli sarai compagni anche nella gloria.
2. Ecco, tutto dipende dalla croce, tutto è definito con la morte. La sola strada che porti alla vita e alla vera pace interiore, è quella della santa croce e della mortificazione quotidiana. Va' pure dove vuoi, cerca quel che ti piace, ma non troverai, di qua o di là, una strada più alta e più sicura della via della santa croce. Predisponi pure ed ordina ogni cosa, secondo il tuo piacimento e il tuo gusto; ma altro non troverai che dover sopportare qualcosa, o di buona o di cattiva voglia troverai cioè sempre la tua croce. Infatti, o sentirai qualche dolore nel corpo o soffrirai nell'anima qualche tribolazione interiore. Talvolta sarà Dio ad abbandonarti, talaltra sarà il prossimo a metterti a dura prova; di più, frequentemente, sarai tu di peso a te stesso. E non potrai trovare conforto e sollievo in alcuno modo; ma dovrai sopportare tutto ciò fino a che a Dio piacerà. Dio, infatti, vuole che tu impari a soffrire tribolazioni senza consolazione, e che ti sottometta interamente a lui, facendoti più umile per mezzo della sofferenza. Nessuno sente così profondamente la passione di Cristo, come colui al quale sia toccato di soffrire cose simili. La croce è, dunque, sempre pronta e ti aspetta dappertutto; dovunque tu corra non puoi sfuggirla, poiché, in qualsiasi luogo tu giunga, porti e trovi sempre te stesso. Volgiti verso l'alto o verso il basso, volgiti fuori o dentro di te, in ogni cosa troverai la croce. In ogni cosa devi saper soffrire, se vuoi avere la pace interiore e meritare il premio eterno.

3. Se porti la croce di buon animo, sarà essa a portarti e a condurti alla meta desiderata, dove ogni patimento avrà quella fine che quaggiù non può aversi in alcun modo. Se invece la croce tu la porti contro voglia, essa ti peserà; aggraverai te stesso, e tuttavia la dovrai portare, Se scansi una croce, ne troverai senza dubbio un'altra, e forse più grave. Credi forse di poter sfuggire a ciò che nessun mortale poté mai evitare? Quale santo stesse mai in questo mondo senza croce e senza tribolazione? Neppure Gesù Cristo, nostro signore, durante la sua vita, passò una sola ora senza il dolere della passione. "Era necessario - diceva - che il Cristo patisse, e risorgesse da morte per entrare nella sua gloria" (Lc 24,26 e 46). E perché mai tu vai cercando una via diversa da questa via maestra, che è quella della santa croce? Tutta la vita di Cristo fu croce e martirio e tu cerchi per te riposo e gioia? Sbagli, sbagli se cerchi qualcosa d'altro, che non sia il patire tribolazioni; perché tutta questa vita mortale è piena di miseria e segnata tutt'intorno da croci. Spesso, quanto più uno sarà salito in alto progredendo spiritualmente, tanto più pesanti saranno le croci che troverà, giacché la sofferenza del suo esilio su questa terra aumenta insieme con l'amore di Dio.

4. Tuttavia, costui, in mezzo a tante afflizioni, non manca di consolante sollievo, giacché, sopportando la sua croce, sente crescere in sé un frutto grandissimo; mentre si sottopone alla croce volontariamente, tutto il peso della tribolazione si trasforma in sicura fiducia di conforto divino. Quanto più la carne è prostrata da qualche afflizione, tanto più lo spirito si rafforza per la grazia interiore. Anzi, talvolta, per amore di conformarsi alla croce di Cristo, uno si rafforza talmente, nel desiderare tribolazioni e avversità, da non voler essere privato del dolore e dell'afflizione giacché si sente tanto più accetto a Dio quanto più numerosi e gravosi sono i mali che può sopportare Cristo. Non che ciò avvenga per forza umana, ma per la grazia di Cristo; la quale tanto può e tanto fa, nella nostra fragile carne, da farle affrontare ed amare con fervore di spirito ciò che, per natura, essa fugge e abortisce. Non è secondo la natura umana portare e amare la croce, castigare il corpo e ridurlo in schiavitù, fuggire gli onori, sopportare lietamente le ingiurie, disprezzare se stesso e desiderare di essere disprezzato; infine, soffrire avversità e patimenti, senza desiderare, in alcun modo, che le cose vadano bene quaggiù. Se guardi alle tue forze, non potresti far nulla di tutto questo. Ma se poni la tua fiducia in Dio, ti verrà forza dal cielo, e saranno sottomessi al tuo comando il mondo e la carne. E neppure avrai a temere il diavolo nemico, se sarai armato di fede e porterai per insegna la croce di Cristo. Disponiti dunque, da valoroso e fedele servo di Cristo, a portare virilmente la croce del tuo Signore, crocefisso per amor tuo. Preparati a dover sopportare molte avversità e molti inconvenienti, in questa misera vita. Così sarà infatti per te, dovunque tu sia; questo, in realtà, troverai, dovunque tu ti nasconda. Ed è una necessità che le cose stiano così. Non c'è rimedio o scappatoia dalla tribolazione, dal male o dal dolore, fuor di questo, che tu li sopporti. Se vuoi essere amico del Signore ed essergli compagno, bevi avidamente il suo calice. Quanto alle consolazioni, rimettiti a Dio: faccia lui, con queste, come meglio gli piacerà. Ma, da parte tua, disponiti a sopportare le tribolazioni, considerandole come le consolazioni più grandi; giacché "i patimenti di questa nostra vita terrena", anche se tu li dovessi, da solo, sopportare tutti, "non sono nulla a confronto della conquista della gloria futura" (Rm 8,18).

5. Quando sarai giunto a questo punto, che la sofferenza ti sia dolce e saporosa per amore di Cristo, allora potrai dire di essere a posto, perché avrai trovato un paradiso in terra. Invece, fino a che il patire ti sia gravoso e tu cerchi di fuggirlo, non sarai a posto: ti terrà dietro dappertutto la serie delle tribolazioni. Ma le cose poi andranno subito meglio, e troverai pace, se ti sottoporrai a ciò che è inevitabile, e cioè a patire e a morire. Anche se tu fossi innalzato fino al terzo cielo, come Paolo, non saresti affatto sicuro, con ciò, di non dover sopportare alcuna contrarietà. "Io gli mostrerò - dice Gesù - quante cose egli debba patire per il mio nomo" (At 9,16). Dunque, se vuoi davvero amare il Signore e servirlo per sempre, soltanto il patire ti rimane. E magari tu fossi degno di soffrire qualcosa per il nome di Gesù! Quale grande gloria ne trarresti; quale esultanza ne avrebbero i santi; e quanto edificazione ne riceverebbero tutti! Saper patire è cosa che tutti esaltano a parole; sono pochi però quelli che vogliono patire davvero. Giustamente dovresti preferire di patire un poco per Cristo, dal momento che molti sopportano cose più gravose per il mondo.

6. Sappi per certo di dover condurre una vita che muore; sappi che si progredisce nella vita in Dio quanto più si muore a se stessi. Nessuno infatti può comprendere le cose del cielo, se non si adatta a sopportare le avversità per Cristo. Nulla è più gradito a Dio, nulla è più utile per te, in questo mondo, che soffrire lietamente per Cristo. E se ti fosse dato di scegliere, dovresti preferire di sopportare le avversità per amore di Cristo, piuttosto che essere allietato da molte consolazioni; giacché saresti più simile a Cristo e più conforme a tutti i santi. Infatti, il nostro merito e il progresso della nostra condizione non consistono nelle frequenti soavi consolazioni, ma piuttosto nelle pesanti difficoltà e nelle tribolazioni da sopportare. Ché, se ci fosse qualcosa di meglio e di più utile per la salvezza degli uomini, Cristo ce lo avrebbe certamente indicato, con la parola e con l'esempio. Invece egli esortò apertamente i discepoli che stavano con lui, e tutti coloro che desideravano mettersi al suo seguito, dicendo: "Se uno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (Mt 16,24; Lc 9,23). Dunque, la conclusione finale, attentamente lette e meditate tutte queste cose, sia questa, "che per entrare nel regno di Dio, occorre passare attraverso molte tribolazioni" (At 14,22).

giovedì 23 aprile 2009

CHIARA LUCE BADANO: SE LO VUOI TU GESU', LO VOGLIO ANCH'IO!







A Sassello, ridente paese dell'appennino ligure appartenente alla diocesi di Acqui, il 29 ottobre 1971 nasce Chiara Badano, dopo che i suoi genitori l'hanno attesa per ben 11 anni. Il suo arrivo viene ritenuto una grazia della Madonna delle Rocche, alla quale il papà è ricorso in preghiera umile e fiduciosa.

Chiara di nome e di fatto, con occhi limpidi e grandi, dal sorriso dolce e comunicativo, intelligente e volitiva, vivace, allegra e sportiva, partecipa alla vita della parrocchia ed ha tanti amici.

E' sana, ama la natura ed il gioco, ma si distingue fin da piccola per il suo amore a Gesù e alla Madonna; ha una particolare attrattiva per gli “ultimi” che copre di attenzioni e di servizi, rinunciando spesso a momenti di svago. Sogna di partire per l’Africa e fin dall’ asilo versa i suoi risparmi in una piccola scatola per i “suoi” negretti.

E’ una ragazza normale, con un qualcosa in più: ama appassionatamente Gesù e nel suo amore coinvolge i genitori e chi l’avvicina. Unica differenza dagli altri ragazzi: è docile alla grazia e al disegno di Dio su di lei, che le si svelerà a poco a poco.Dai suoi quaderni traspare la gioia e lo stupore nello scoprire la vita: è felice. A 9 anni entra nel Movimento GEN e da allora, in modo particolare, la sua vita è tutta in ascesa, una ricerca di “mettere Dio al primo posto”.

Prosegue gli studi fino al Liceo classico, quando a 17 anni, all’improvviso, un lancinante spasimo alla spalla sinistra svela tra dolorosi esami ed inutili interventi un osteosarcoma, dando inizio ad un calvario che durerà circa tre anni.

Chiara non piange, non si ribella: subito rimane assorta in silenzio, ma dopo soli 25minuti dalle sue labbra esce il sì alla volontà di Dio, nell’amore al suo “Gesù abbandonato”. Non perderà mai il suo luminoso sorriso e, mano nella mano con i genitori affronta cure dolorosissime e trascina nello stesso Amore chi l’avvicina.

Rifiutata la morfina perché le toglie lucidità, dona tutto per la Chiesa, la Diocesi, i giovani, i lontani, il Movimento, le missioni..., rimanendo serena e forte, convinta che “il dolore abbracciato rende liberi”. Ripete: “Non ho più niente, ma ho ancora il cuore e con quello posso sempre amare”.

La sua cameretta, in ospedale a Torino (Regina Margherita) e a casa, è luogo di incontro, di apostolato, di unità: è la sua chiesa. Anche i medici, talvolta non praticanti, rimangono sconvolti dalla pace che aleggia intorno a lei, ed alcuni si riavvicinano a Dio. Ancor oggi la ricordano, ne parlano e la invocano.

Diceva agli amici: “... Voi non potete immaginare qual è ora il mio rapporto con Gesù... Avverto che Dio mi chiede qualcosa di più, di più grande. Forse potrei restare su questo letto per anni, non lo so. A me interessa solo la volontà dì Dio, fare bene quella nell’attimo presente: stare al gioco di Dio”. E ancora: “Ero troppo assorbita da tante ambizioni, progetti e chissà cosa. Ora mi sembrano cose insignificanti, futili e passeggere… Ora mi sento avvolta in uno splendido disegno che a poco a poco mi si svela. Se ora mi chiedessero se voglio camminare (l’intervento la rese paralizzata con dolorosissime e continue contrazioni alle gambe), direi di no, perché così sono più vicina a Gesù”.

Alla mamma preoccupata continua a ripetere: “Fidati di Dio, poi hai fatto tutto”; e “Quando io non ci sarò più, segui Dio e troverai la for­za di andare avanti”.

Chi la va a trovare esprime i suoi ideali, mettendo gli altri sempre al primo posto. Al “suo” vescovo, Mons. Livio Maritano, mostra un affetto particolarissimo; nei loro ultimi, brevi ma intensi incontri, un’atmosfera soprannaturale li avvolge: nell’Amore diventano una cosa sola; sono Chiesa!

Ma il male avanza e i dolori aumentano. Non un lamento; sulle sue labbra: “Se lo vuoi tu, Gesù, lo voglio anch’io”.

Chiara si prepara all’incontro: “E’ lo Sposo che viene a trovarmi” e sceglie il suo abito da sposa, i canti e le preghiere per la sua Messa; il rito dovrà essere una festa.

Ricevendo per l’ultima volta Gesù Eucaristia appare immersa in Lui e supplica che le venga recitata “quella preghiera: Vieni, Spirito Santo, manda a noi dal Cielo un raggio della tua luce”.

Per saperne di più visita il sito: http://www.chiaralucebadano.it/

martedì 21 aprile 2009

PAOLO BROSIO: SULLA VIA DI MEDJUGORJE


Una storia emblematica. Come Paolo Brosio è andato a Medjugorje…

Pronto, Paolo? Sto cercando Paolo Brosio, uno dei volti più noti della televisione. Dall'altra parte del telefono si sentono forti folate di vento e un respiro affannoso. Infine un lontano: “Pronto, chi è?”. Dico il mio nome e chiedo dove mai si trovi.

“Sono a Palermo” mi spiega “per una puntata di Stranamore, ma in questo momento sto salendo il Monte Pellegrino col rosario in mano alla ricerca del santuario di santa Rosalia”.
Ma che ti è successo? Si dice di una folgorazione sulla via di Damasco.

“Ma io sono stato a Medjugorje”, dice ridendo. “Ero provato da una grande sofferenza; ora però vivo un'immensa gioia, Antonio, perché ho trovato Gesù”.
Puoi raccontarmi come è successo o – visto il fiatone che hai – rischi di stramazzare a terra?

“No, ce la faccio. Ti dico subito. La mia vita, fino ai 50 anni era trascorsa spensierata, con un certo connotato ludico da eterno ragazzo, anche se molto dedita al lavoro. Certamente senza problemi di fede o di coscienza. Ma cominciamo dall'inizio della storia: venti anni fa ho conosciuto una ragazza e me ne sono innamorato”.
Poi cosa è successo?

“Per raggiungere lei, che lavorava a Milano, dalla Liguria, dove ero giornalista del Secolo XIX, nel 1990 sono andato al Tg di Emilio Fede. Avevo già fatto alcune cose buone, come la Moby Prince, ma con Mani Pulite cominciò la mia notorietà televisiva. Tuttavia già lì feci il primo naufragio. Io dico sempre – scherzando – che il mio primo matrimonio finì perché mi ‘misi' con Fede e lasciai mia moglie”.
In senso professionale…

“Sì, si lavorava tutto il giorno, praticamente la mia vita coincideva col lavoro. Sia chiaro, sono grato a Fede che mi ha permesso di crescere professionalmente. Ma ho fatto veramente 900 giorni sul marciapiede, come poi ho titolato il mio libro”.
Il marciapiede davanti al Palazzo di giustizia da dove facevi i collegamenti.

“Esatto”.
Poi nel 1996 approdi al salotto di “Quelli che il calcio…” e fai l'inviato per Fabio Fazio.

“Sì, le cose vanno a gonfie vele. Scrivo libri che vendono un sacco di copie, faccio fior di programmi in Rai, dal Giro d'Italia a Domenica in, da Linea verde all'Isola dei famosi. Poi torno a Mediaset con lo sport, le prime serate, Stranamore. Insomma una carriera fortunatissima, durante la quale incontro un'altra ragazza che mi fa innamorare e che diventa mia moglie”.
Stavolta una storia felice?

“In realtà seguono quattro anni di scontri familiari. Nel frattempo era morto mio padre. E' stato un dolore fortissimo. Era una persona meravigliosa, al contrario del figlio scellerato che sono io. Era il mio punto di equilibrio”.
Anche tua mamma è una persona straordinaria.

“Sì, un carattere forte, combattente, toscana verace, donna simpatica e sincera, di grande fede. Ma, come tutti quelli che hanno una forte personalità, non è facile starle vicino. Io ci ho litigato di continuo. Mio padre però era perfetto per lei, calmo, buono, umile pur essendo molto colto, un grande esperto di letteratura inglese antica. Era il pilastro della mia vita”.
La sua perdita è stata una mazzata per te.

“Terribile. Ma poi è arrivata l'altra, il naufragio con mia moglie. Ognuno per la sua strada. Per me un dolore infinito. A cui ho reagito nel modo peggiore”.
Cioè?

“Con la logica mondana che dice ‘chiodo scaccia chiodo', cose contrarie al cammino con Gesù”.
Era un tentativo di dimenticare, di lenire il dolore?

“Sì, accusavo un grande vuoto, sempre più grande. Io sono andato in crisi su tutto. Quell'abbandono mi ha spaccato il cuore. Oggi però ho capito che proprio da quella mia disperazione sono sbocciate sulle mia labbra quelle parole che mi hanno salvato: Ave Maria”.
Eri religioso?

“Ma figurati. Ogni tanto capitavo distrattamente in chiesa, ma la mia vita era altrove. Ricordavo a fatica tre preghiere. Neanche il Gloria al Padre. Il Credo lo sto imparando ora. Ma quelle “Ave Maria” ripetute fra le lacrime, tante e tante volte, mi hanno salvato perché stavo percorrendo sentieri scuri, veramente brutti, credimi”.
Di che tipo?

“Beh, sentieri brutti per dimenticare mia moglie. In realtà però, in quel modo, le cose per me andavano sempre peggio e l'angoscia era sempre più dilaniante”.
Sai che ci sarà qualche sciocco che ironizzerà?

“Guarda, io non sono nessuno e non ho da insegnare niente, ma spero che raccontare questa mia vicenda possa servire anche ad altri, perché quando precipiti nel dolore sei più vulnerabile e rischi di più di finire a fare cose brutte e irrecuperabili”.
Dicevi di quelle Ave Maria gridate nel pianto…

“Sì, mi è venuto naturale cercare la sua protezione perché di Gesù, di Dio avevo timore, invece sentivo lei come una mamma buona. La sua natura umana la sentiamo più vicina a noi, alle nostre sofferenze. Lei ha una pena infinita per chi soffre”.
Ti eri raccomandato a lei altre volte?

“Io non avevo mai pregato. Ho cominciato a pregare continuamente la Madonna perché stavo male da piangere, non riuscivo più a lavorare e più cercavo di dimenticare più combinavo guai e stavo peggio. Non avere più mio padre e mia moglie al mio fianco mi aveva fatto smarrire me stesso…”.
Poi cosa è successo?

“E' successo che, pregando, ho sentito il bisogno fortissimo di incontrare la Madonna. E dov'è che si può incontrare? In un posto solo: a Medjugorje” (Medjugorje è il villaggio della Bosnia Erzegovina dove dal 24 giugno 1981 la Madre di Gesù appare ogni giorno a sei ragazzi. Milioni di persone vi si recano).
Quel tuo “bisogno di incontrarla” che hai avvertito – secondo chi è più esperto di Medjugorje – è la sua chiamata. Dunque colei che hai invocato fra le lacrime ti ha risposto, come una madre che prontamente tende le braccia al figlio caduto a terra e ferito…

“Sì. Prima di partire mi sono procurato dei libri su Medjugorje e ho letto tutto, subito, con un'avidità che ho provato solo da bambino quando leggevo Salgari”.
In effetti iniziava un'avventura tutta nuova…

“Infatti mi sono detto: questa è la mia strada. Ho perfino rimandato di sei giorni l'inizio delle puntate di Stranamore”.
E Mediaset?

“ (Ridendo) Quando alla riunione ho detto: ‘no fermi, io il 3 ho un appuntamento con la Madonna a Medjugorje', tutti mi hanno guardato chiedendosi se ero impazzito. Ma alla fine hanno dovuto cedere”.
A Medjugorje cosa è successo?

“Là, guidato da Milenko e Mirella, una quantità inimmaginabile di emozioni, di incontri, di storie. Non so come sia stato possibile in così pochi giorni. Un'esperienza fortissima della presenza della Madonna. Una pace, un silenzio, una gioia… Ho conosciuto anche Vicka (una dei veggenti). E poi i tanti ragazzi ex tossicodipendenti che là sono stati recuperati. I bimbi orfani di suor Cornelia. Insomma non ci sono parole umane per una cosa tanto sconvolgente. Appena sono tornato l'ho raccontato al mio amico Andrea Bocelli perché lui mi poteva capire: c'è stato anche lui e lì ha pure cantato”.
Il luogo che più ti ha colpito?

“Tutti, ma davanti al crocifisso di bronzo che sta dietro la chiesina, davanti a quelle gocce d'acqua, quelle lacrime, che inspiegabilmente scendono da Lui, ho abbracciato le gambe di Gesù e piangendo non l'ho più mollato. Io mi ero affidato a Maria e lei mi ha portato a stringermi a suo Figlio E lì, Antonio, ho trovato la pace”.
E cos'hai fatto?

“Ho ricevuto i sacramenti e ho scritto su un foglio tutti i nomi delle persone amiche e dei malati che gli raccomandavo e l'ho dato a Vicka perché la Madonna li benedicesse durante l'apparizione. E l'ha fatto”.
E ora?

“Ora voglio fare tutto quello che posso per quella terra che mi ha salvato. Anzi, tramite te lancio questo appello: a maggio farò un aereo per portare più gente possibile a Medjugorje. Il prezzo del viaggio organizzato, seppure basso, sarà maggiorato di un po' di euro che verranno donati all'orfanotrofio di suor Cornelia”.
Non ti ferma più nessuno… E tua madre? Chissà quanto avrà pregato quando tu stavi male?

“Oh sì, lei sente sempre Radio Maria. Da anni mi parlava di Medjugorje: guarda quanto tempo ho perso…”.

Antonio Socci

Da Libero, 22 febbraio 2009

http://www.antoniosocci.it/Socci/index.cfm

sabato 18 aprile 2009

LA RAGIONE DELLA NOSTRA GIOIA: LA VITA ETERNA



Eremo San Biagio
Commento su Marco 16,10-11


Dalla Parola del giorno
Maria di Magdala […] andò ad annunziarlo ai suoi seguaci che erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo ed era stato visto da lei, non vollero credere.


Come vivere questa Parola?
La pericope dell’odierno vangelo di Marco è un riassunto narrativo dei fatti che riguardano la resurrezione. Quello che colpisce è una specie di ritornello: “ma essi non vollero credere”.
C’è stata dunque una resistenza a questo evento che, di fatto, il nostro ristretto modo umano d’intendere può accogliere solo per fede. È la fede la grande scommessa. Ed è vincente quando passiamo dall’evento risurrezione alla persona di Gesù. È stato Lui a dire di sé: “Io sono la risurrezione e la vita. Se uno crede in me non morirà in eterno”.
Il passaggio è importantissimo ed è possibile, perché in Gesù ci sono tutte le garanzie per credere. È Lui il Volto visibile di tutto l’amore del Padre. È proprio nella potenza del suo mistero di morte e di resurrezione che noi passiamo, già qui e ora, dalle nostre opacità e tristezze di cose mortali alla gioia di ciò che, all’orizzonte del cuore, già è risurrezione e vita per sempre.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, mi soffermerò a ‘respirare’ a tutti i livelli del mio essere la gioia di un contatto personale e profondo con Gesù. Gli chiederò di saper ascoltare dalla sua voce quel suo dirmi: “IO SONO LA RISURREZIONE E LA VITA. CHI CREDE IN ME NON MUORE”. E dimorerò in questo annuncio invocando lo Spirito della letizia pasquale.

La voce del Papa
Da quando Cristo è risorto, la gravitazione dell'amore è più forte di quella dell'odio; la forza di gravità della vita è più forte di quella della morte.Benedetto XVI

giovedì 16 aprile 2009

SOLO LA DIVINA MISERICORDIA SALVERA' IL MONDO


Come è noto, domenica prossima, seconda di Pasqua o in Albis, è consacrata alla Divina Misericordia. Ormai il culto alla Divina Misericordia, grazie anche alla grandezza di Giovanni Paolo II, è diffuso in tutto il mondo. Ovviamente, la Polonia fa la parte principale, ma anche in Italia si dedicherà alla Divina Misericordia l’attenzione che merita. Ne abbiamo parlato con padre Jozef Bart, parroco e rettore della Chiesa Santo Spirito in Sassia a Roma, Santuario della Divina Misericordia appositamente consacrato a questo da Papa Giovanni Paolo II. Padre Bart è un insigne studioso della Divina Misericordia e nativo della Polonia. Padre Bart, che cosa caratterizza il messaggio della Divina Misericordia?: “ mi dispiace di deluderla, ma debbo dirle, che non ci sta nulla di sconvolgente, di straordinario, senza effetti speciali”. Scusi tanto, per quale motivo,allora, muove masse enormi di fedeli?: “ per la semplice ragione che la Divina Misericordia ...

... rappresenta con mirabile saggezza, il compendio e la sintesi del Vangelo”. Si spieghi meglio: “ tutto il Vangelo è un testo, meglio un messaggio, che pone al centro l’amore, il perdono,la bontà. La stessa cosa dicasi per la Divina Misericordia. La saggezza liturgica della Chiesa e la vista lunga di Papa Giovanni Paolo II hanno dedicato la seconda domenica di Pasqua alla Divina Misericordia proprio in virtù della liturgia della Parola di quella domenica, sicuramente non per una stranezza”. Proviamo a comprendere meglio i punti centrali della Divina Misericordia: “ quando affermiamo che solo la Divina Misericordia salverà il mondo intendiamo dire questo: che il motore, il fulcro di tutto è l’amore misericordioso di Dio. Nel Diario di Santa Faustina Kowalska questo è scritto, ribadito, sviluppato con molto impegno”.

Lei parla, giustamente di amore di Dio, ma come si manifesta?: “ Dio come lei sa, è bontà senza fine, cerca sempre l’uomo e lo vuole perdonare. Dio non ha intenzione di lasciare per strada nessuno e vuole la salvezza di tutti. Dal canto suo ogni persona deve collaborare a questo progetto se intende accettarlo. In sostanza Dio ci lascia liberi di scegliere tra bene e male, tra buono e cattivo. Ma aspetta con pazienza e fiducia, concede tempo anche al peggior peccatore di convertirsi. Ecco, questa è la Misericordia, il saper e voler perdonare, l’amore verso tutti, nessuno escluso”.

Che cosa si oppone,oggi, al messaggio della Divina Misericordia?: “ il mondo,nel senso letterale e cattivo del termine. Meglio, lo spirito del mondo. Cristo ci invita alla perfezione, ovvero alla santità di vita. Ma sulla sua strada incontra sempre il grande nemico, ovvero il demonio, colui che ci tenta e ci vuole allontanare da Dio, cerca la divisione. Il Demonio è un grande ostacolo verso la retta via. Ecco perché bisogna incrementare la preghiera, amare Cristo e non lasciarsi mai abbattere. Le tentazioni non mancheranno mai, ma occorre vegliare per non caderci” .

Ma da soli è possibile?: “ l’uomo non è capace da solo di resistere, ha bisogno dell’amore misericordioso di Dio, della sua grazie e, quando cade, del suo perdono. Ecco dunque il grande senso della Divina Misericordia. Fare comprendere che Dio aiuta e non vuole la morte del peccatore, ma la sua conversione”. Giornata mondiale, quella della Divina Misericordia, ma anche e soprattutto polacca: “ verissimo. A Cracovia, nel Santuario,arrivano oltre 400000 persone, da tutto il Paese e persino dall’estero. Sarà una giornata indimenticabile di orazione di meditazione, di alta spiritualità”.

Ma anche a Roma la Divina Misericordia sarà degnamente celebrata nella Chiesa di Santo Spirito in Sassia, a Roma: messa solenne alle 9,30 della mattina celebrata dal Cardinal Vicario, Vallini, partecipazione al Regina Coeli e nel pomeriggio, coroncina della Divina Misericordia. Insomma, si annuncia una bella domenica.

Bruno Volpe

(www.pontifex.roma.it)

AFFIDATEVI CON FIDUCIA ALLA MIA MISERICORDIA





“O sangue ed acqua che scaturisci dal cuore di Gesù, come sorgente di misericordia per noi, io confido in Te!”.


Parla Gesù:
« I due raggi rappresentano il Sangue e l'Acqua. Il raggio pallido
rappresenta l'Acqua che giustifica le anime; il raggio rosso
rappresenta il Sangue che è la vita delle anime... Entrambi i
raggi uscirono dall'intimo della Mia Misericordia, quando
sulla croce il Mio Cuore, già in agonia, venne squarciato con la
lancia. Tali raggi riparano le anime dallo sdegno del Padre
Mio. Beato colui che vivrà alla loro ombra, poiché non lo
colpirà la giusta mano di Dio. Desidero che la prima domenica
dopo la Pasqua sia la Festa della Misericordia. Chiedi al Mio
servo fedele che in quel giorno parli al mondo intero di questa
Mia grande Misericordia: in quel giorno, chi si accosterà alla
sorgente della vita questi conseguirà la remissione totale delle
colpe e delle pene. L'umanità non troverà pace, finché non si
rivolgerà con fiducia alla Mia Misericordia. Oh! quanto Mi
ferisce la diffidenza di un'anima! Tale anima riconosce che
sono santo e giusto, e non crede che Io sono misericordioso,
non ha fiducia nella Mia bontà. Anche i demoni ammirano la
Mia giustizia, ma non credono alla Mia bontà. Il mio Cuore
gioisce del titolo di Misericordia. Annuncia che la Misericordia
è il più grande attributo di Dio. Tutte le opere delle Mie mani
sono coronate dalla Misericordia ».

dal Diario di Suor Faustina Kowalska


Decreto della penitenza apostolica:
...Si concede l'Indulgenza plenaria alle consuete condizioni (Confessione sacramentale, Comunione eucaristica e preghiera secondo l'intenzione del Sommo Pontefice) al fedele che nella Domenica seconda di Pasqua, ovvero della "Divina Misericordia", in qualunque chiesa o oratorio, con l'animo totalmente distaccato dall'affetto verso qualunque peccato, anche veniale, partecipi a pratiche di pietà svolte in onore della Divina Misericordia, o almeno reciti, alla presenza del SS.mo Sacramento dell'Eucaristia, pubblicamente esposto o custodito nel tabernacolo, il Padre Nostro e il Credo, con l'aggiunta di una pia invocazione al Signore Gesù Misericordioso...

mercoledì 15 aprile 2009

LA DIVINA MISERICORDIA: SEGNO PER GLI ULTIMI TEMPI


Gesù parla alle anime dei peccatori...


-1938-

«Scrivi: sono tre volte santo ed ho orrore del più piccolo peccato.

Non posso amare un'anima macchiata dal peccato, ma quando si pente, la Mia generosità non ha limiti verso di lei. La Mia Misericordia l'abbraccia e la perdona. Con la Mia Misericordia inseguo i peccatori su tutte le loro strade ed il Mio Cuore gioisce quando essi ritornano da Me. Dimentico le amarezze con le quali hanno abbeverato il Mio Cuore e sono lieto per il loro ritorno.

Dì ai peccatori che nessuno sfuggirà alle Mie mani.

Se fuggono davanti al Mio Cuore misericordioso, cadranno nelle mani della Mia giustizia. Dì ai peccatori che li attendo sempre, sto in ascolto del battito del loro cuore per sapere quando batterà per Me. Scrivi che parlo loro con i rimorsi di coscienza, con gli insuccessi e le sofferenze, con le tempeste ed i fulmini; parlo con la voce della Chiesa, e, se rendono vane tutte le Mie grazie, comincio ad adirarMi contro di essi, abbandonandoli a se stessi e dò loro quello che desiderano».

Dal "Diario" di Santa Faustina Kowalska, Libreria Editrice Vaticana, pag.567

Oh! Che grandi grazie concederò alle anime che reciteranno questa coroncina: le viscere della Mia Misericordia s'inteneriscono per coloro che recitano la coroncina.

Scrivi queste parole, figli Mia, parla al mondo della Mia Misericordia. Che conosca tutta l'umanità la Mia Misericordia.

Questo è un segno per gli ultimi tempi, dopo i quali arriverà il giorno della Giustizia.

Fintanto che c'è tempo ricorrano alla sorgente della Mia Misericordia, approfittino del Sangue e Acqua scaturiti per loro".



Naviga la barca della mia vita

Fra il buio e le ombre della notte,

E non vedo alcun approdo,

Sono in balia del mare profondo.

La più piccola tempesta potrebbe affondarmi,

Sprofondando la mia barca nel vortice delle onde,

Se non vegliassi su di me Tu stesso, o Dio,

In ogni momento della mia vita, in ogni istante.

In mezzo al rumoroso frastuono delle onde,

Navigo tranquillamente con fiducia,

E guardo avanti senza timore, come un bimbo,

Poiché Tu, o Gesù, sei la mia luce.

Tutt'intorno orrore e spavento,

Ma la mia pace è più profonda della tempesta del mare,

Perché che è con Te, Signore, non perisce,

Me lo assicura il Tuo amore divino.

Benché all'intorno sia pieno di pericoli,

Non li temo, perché guardo il cielo stellato,

E navigo con coraggio ed in letizia,

Come conviene ad un cuore puro.

Ma soprattutto unicamente perché

Sei Tu, o Dio, il mio timoniere,

La barca della mia vita naviga così serenamente.

Lo riconosco nella più profonda umiltà.

Dal "Diario" di Santa Faustina kowalska, Libreria Editrice Vaticana, pag.445

lunedì 13 aprile 2009

PRIMA DOMENICA DOPO PASQUA: FESTA DELLA DIVINA MISERICORDIA



http://www.festadelladivinamisericordia.com

Giovanni Paolo II ci ha lasciato la Festa della Divina Misericordia, prima di tornare alla casa del Padre proprio il giorno della Festa stessa..

Gesù ha deciso di farci dei grandissimi doni, essendo Egli Re della Misericordia ancor prima che Giudice infinitamente giusto, poiché "l'umanità non troverà la pace finché non si rivolgerà con fiducia alla Mia Misericordia". Ecco qui le Sue promesse:

"L'Anima che venererà questa immagine non perirà. Le prometto, ancora sulla Terra, la vittoria sui nemici, ma specialmente in punto di morte.

Io, il Signore, la proteggerò come Mia Gloria. I raggi del Mio Cuore significano Sangue ed Acqua, e riparano le Anime dall'ira del Padre Mio. Beato chi vive alla loro ombra, poiché non lo raggiungerà la mano della Giustizia Divina.

Proteggerò, come una madre protegge il suo bambino, le anime che diffonderanno il culto alla Mia Misericordia, per tutta la loro vita; nell'ora della loro morte, non sarò per loro Giudice ma Salvatore.". La preghiera di venerazione che Gesù ha dettato è la seguente:


O ACQUA E SANGUE CHE SCATURISCI DAL CUORE DI GESU' COME SORGENTE DI MISERICORDIA PER NOI IO CONFIDO IN TE.


"Io do all'umanità un vaso col quale potrà andare ad attingere le grazie alla sorgente della Misericordia: questo vaso è l'immagine con questa iscrizione: "Gesù, io confido in Te!".

Questa immagine deve continuamente ricordare alla povera umanità l'infinita Misericordia di Dio. Chiunque avrà esposta ed onorata, nella sua casa, la Mia Divina Effigie sarà preservato dal castigo.

Come gli antichi Ebrei che avevano segnato le loro case con la croce fatta col sangue dell'agnello pasquale furono risparmiati dall'Angelo Sterminatore, così sarà in quei tristi momenti per coloro che mi avranno onorato esponendo la mia immagine."

"Quanto più grande è la miseria degli uomini, tanto maggior diritto hanno alla Mia Misericordia, perché desidero salvarli tutti. Scrivi che prima di venire come Giudice, spalancherò tutta la grande porta della Mia Misericordia. Chi non vuol passare da questa porta, dovrà passare per quella della Mia Giustizia.
La sorgente della Mia Misericordia è stata aperta dal colpo di lancia sulla Croce, per tutte le Anime. Non ne ho esclusa nessuna. L'umanità non troverà né tranquillità né pace finché non si rivolgerà alla Mia Misericordia. Dì all'umanità sofferente che si rifugi nel Mio Cuore Misericordioso, ed Io la ricolmerò di pace."

"Desidero che la prima domenica dopo Pasqua sia la Festa della Mia Misericordia. Figlia Mia, parla a tutto il mondo della Mia incommensurabile Misericordia! L'Anima che in quel giorno si sarà confessata e comunicata, otterrà piena remissione di colpe e castighi. Desidero che questa Festa si celebri solennemente in tutta la Chiesa."

Come invocare la Misericordia di Gesù?
Cristo Gesù, nella Sua infinita Misericordia ha ispirato a Suor Faustina la seguente potentissima preghiera, la Coroncina della Divina Misericordia, che si recita sulla corona del S. Rosario. Gesù ha promesso:
"Concederò grazie senza numero a chi recita questa Corona. Se recitata accanto ad un morente non sarò giusto Giudice, ma Salvatore.".

CORONCINA DELLA DIVINA MISERICORDIA

Gesù Misericordioso (*)

La Mia misericordia avvolgerà in vita e specialmente nell'ora della morte le anime che reciteranno questa coroncina.

Con essa otterrai tutto, se quello che chiedi è conforme alla Mia volontà.

Quando verrà recitata vicino agli agonizzanti, mi metterò fra il Padre e l'anima agonizzante non come giusto Giudice, ma come Salvatore misericordioso.

(Gesù a Santa Maria Faustina Kowalska)


Si recita con la corona del Rosario.

All'inizio si dice un Padre Nostro, un'Ave Maria e il Credo.

Sui grani del Padre Nostro si dice:

Eterno Padre, Ti offro il Corpo e il Sangue, l'Anima e la Divinità del Tuo dilettissimo Figlio e nostro Signore Gesù Cristo, in espiazione dei nostri peccati e di quelli del mondo intero.

Sui grani dell'Ave Maria si dice:

Per la Sua dolorosa Passione abbi misericordia di noi e del mondo intero.

Alla fine si dice tre volte:

Santo Dio, Santo Forte, Santo Immortale, abbi pietà di noi e del mondo intero.

BUON LUNEDI DELL'ANGELO!


Il lunedì di Pasqua viene chiamato "Lunedì dell’Angelo" a ricordo di quanto avvenne all’alba di quel primo giorno dopo il sabato. Fu un angelo, infatti, a rincuorare le donne che, accorse al sepolcro, erano smarrite e preoccupate avendo trovato la tomba vuota.

"Non abbiate paura! disse loro ... E’ risorto non è qui" (Mc 16,6). E aggiunse: "Ora andate"ad annunciare questa notizia agli Apostoli (cfr ivi).

Anche per noi hanno grande valore queste parole dell’angelo, che riascoltiamo sempre con intima emozione. Se infatti Cristo è risorto, tutto cambia e acquistano senso nuovo la vita e la storia.

domenica 12 aprile 2009

PASQUA, GESU E' RISORTO: O MORTE, DOV'E' LA TUA VITTORIA?!


«Il solo e vero peccato è rimanere insensibili alla resurrezione» diceva Isacco il Siro, un padre della chiesa antica. Proprio per questo nel giorno di Pasqua è possibile misurare la fede del cristiano e discernere la sua capacità di sperare per tutti e comunicare a tutti gli uomini questa speranza. Nel giorno di Pasqua ogni cristiano proclama la vittoria della vita sulla morte, perché Gesù il Messia è risuscitato da morte per essere il vivente per sempre: colui che essendo uomo come noi, carne come noi siamo carne, colui che è nato e vissuto in mezzo a noi, colui che è morto di morte violenta, che è stato crocifisso e sepolto, è risorto!
http://www.monasterodibose.it/index.php/content/view/1100/52/lang,it/

O morte, dov’è la tua vittoria? O morte, tu non sei più l’ultima parola per gli uomini, ma sei diventata un passaggio, l’ora dell’esodo dalla vita terrena alla vita eterna, da questo mondo al regno di Dio …

Questo dovrebbe essere il canto del cristiano in questo giorno della Pasqua, festa delle feste, perché Cristo è risorto quale primizia di tutti noi, perché la vita regna definitivamente e in ogni creatura è iniziato un processo segreto ma reale di redenzione, di trasfigurazione.

La morte è una dominante su tutti gli uomini, una vera potenza efficace: non solo perché desta paura e angoscia contraddicendo la vita degli uomini, ma anche perché a causa di essa gli uomini diventano cattivi e peccano. Il peccato è sempre egoismo, è sempre contraddizione alla comunione con gli uomini e con Dio, ed è proprio la presenza della morte che scatena questo bisogno di salvarsi, di vivere addirittura senza gli altri o contro gli altri. La morte non è solo «salario del peccato» (Rm 6,23), ma anche istigazione al peccato … Se gli uomini sono spinti a peccare è a causa dell’angoscia della morte, di quella paura che rende gli uomini schiavi per tutta la loro vita (cf. Eb 2,14-15). A causa dell’angoscia e della paura la brama di vita degli uomini diventa odio, misconoscimento dell’altro, concorrenza, rivalità, sopraffazione. L’angoscia può sfigurare tutto, anche l’amore. Così la morte appare essere attiva e presente non solo nel momento dello spegnimento della vita fisica del corpo umano, ma anche prima: essa è una potenza che compie incursioni nella sfera dell’esistenza e attenta alla pienezza delle relazioni e della vita.

Questa è la morte contro la quale Gesù ha lottato fino a riportare la vittoria. L’agonía iniziata da Gesù nell’orto degli Ulivi (Lc 22,44) è una lotta (agón) che si è conclusa con la discesa agli inferi, quando ha sconfitto il diavolo – e dunque la morte e il peccato – in modo definitivo. E Gesù non ha vinto solo la sua morte, ma la Morte: «Con la morte ha vinto la morte», canta oggi la liturgia! Ora, questa dimensione di lotta è essenziale per il cristiano: tutta la vita è lotta, è una guerra contro la morte che ci abita e contro gli istinti e le pulsioni di morte che ci attraggono.

La resurrezione di Gesù è dunque il sigillo posto dal Padre sulla lotta del Figlio, sul suo agón: questi, mostrando di avere una ragione per morire (dare la vita per gli altri), ha mostrato che c’è una ragione per vivere (amare, dimorare nella comunione). Allora il Padre lo ha richiamato dai morti facendolo Signore per sempre.

Gli uomini tutti, anche se non conoscono Dio e neppure il suo disegno, portano nel loro cuore il senso dell’eternità e tutti si domandano: «Che cosa possiamo sperare?» Essi sanno che, se restano insensibili alla resurrezione, si vietano di conoscere «il senso del senso» della loro vita. Gli uomini attendono, cercano a fatica, e a volte per cammini sbagliati, la buona notizia della vita più forte della morte, dell’amore più forte dell’odio e della violenza. Cristo, risorto e vivente per sempre, è la risposta vera che attende dai cristiani quella narrazione autentica che solo chi ha fatto l’esperienza del Vivente può dare. Dove sono questi cristiani? Sì, oggi ci sono ancora cristiani capaci di questo: ci sono nuovamente martiri cristiani, ci sono nuovamente profeti cristiani, ci sono testimoni che non arrossiscono mai del Vangelo. Ancora una volta giunge dalla tomba vuota, oggi come quel mattino della resurrezione, l’annuncio: «Non temete, non abbiate paura, non siate nell’angoscia! Il Crocifisso è risorto e vi precede!» Sì, è ormai vicina per la chiesa una primavera, una stagione in cui lo Spirito del Risorto si farà presente più che mai, una stagione in cui la Parola di Dio sarà meno rara.

E sarà una stagione senza fughe, né evasioni, né spiritualismi, ma segnata dal vivere la risurrezione nell’esistenza, nella storia, nell’oggi, in modo che la fede pasquale diventi efficace già ora e qui. Cosa significa questo secondo i Vangeli? Che i credenti devono mostrare nella compagnia degli uomini la risurrezione, devono narrare agli uomini che la vita è più forte della morte, e devono farlo nel costruire comunità in cui si passa dall’io al noi, nel perdonare senza chiedere reciprocità, nella gioia profonda che permane anche nelle situazioni di pressura, nella compassione per ogni creatura, soprattutto per gli ultimi, i sofferenti, nella giustizia che porta a operare la liberazione dalle situazioni di morte in cui giacciono tanti uomini, nell’accettare di spendere la propria vita per gli altri, nel rinunciare ad affermare se stessi senza gli altri o contro di essi, nel dare la vita liberamente e per amore, fino a pregare per gli stessi assassini.

Perché il cuore della fede cristiana sta proprio in questo: credere l’incredibile, amare chi non è amabile, sperare contro ogni speranza. Sì, fede, speranza e carità sono possibili solo se si crede alla risurrezione. Allora, davvero l’ultima nostra parola non sarà la morte né l’inferno, ma la vittoria sulla morte e sull’inferno. La Pasqua apre per tutti l’orizzonte della vita eterna: che questa Pasqua sia Pasqua di speranza per tutti. Veramente per tutti!

ENZO BIANCHI


AUGURI A TUTTI!
VOI SIETE IL SALE DELLA TERRA E LA LUCE DEL MONDO

sabato 11 aprile 2009

SANTA GEMMA GALGANI, LA GIOVANE STIMMATIZZATA



Gemma Galgani nasce il 12 marzo 1878 a Bogonuovo di Camigliano (Lucca).
Il giorno dopo viene battezzata. Della piccola, il parroco di Gragnano, ebbe a dire: «Le gemme sono in paradiso. Speriamo che anche questa bambina sia una Gemma di paradiso».
Il 26 maggio 1885, nella chiesa di San Michele in Foro, l’arcivescovo di Lucca somministra a Gemma la Cresima. Durante la messa, «a un tratto una voce nel cuore mi disse: "Mi vuoi dare a me la mamma? Me la dai volentieri?". Fui costretta a rispondere di sì». Mamma Aurelia morirà nel settembre dell’anno successivo. La piccola Gemma entra precocemente nella scuola del dolore.
Un altro grande dolore fu per la giovane la morte del fratello Gino, seminarista, avvenuta nel 1894, ad appena 18 anni.
Durante il 1895 e l'anno seguente, Gemma riceve varie ispirazioni a seguire con più impegno e decisione la via della croce, itinerario di ogni autentico discepolo di Cristo. «In me sentivo crescere una brama di amare tanto Gesù crocifisso, e insieme a questo una brama di patire e aiutare Gesù nei suoi dolori».
Per la prima volta le aapare un angelo, che in seguito riconosce come il suo Angelo Custode: le ricorda quali sono i veri monili «che abbellano una sposa di un Re crocifisso», ossia le spine e la croce.
Dopo la morte di Enrico Galgani, padre di Gemma, l’11 novembre 1897, le tristi condizioni della famiglia, la portano ad un trasferimento della casa di Via S. Giorgio, a quella di Via del Biscione 13 (oggi Via S. Gemma 23). Gemma, in questo periodo, è presso la zia di Camaiore che l’aveva voluta con sé dopo la morte del babbo.
Nell’autunno 1899 Gemma si ammala gravemente e ritorna in famiglia. I mesi invernali segnano grandi sofferenze per tutti: le ristrettezze economiche si fanno sentire penosamente, e la famiglia è tuttora numerosa: oltre alle due zie Elisa ed Elena, vi sono i fratelli di Gemma, Guido, Ettore e Tonino, e le sorelle Angelina e Giulietta. Guido, il maggiore, studia a Pisa e, dopo la laurea in farmacia, cerca di aiutare la famiglia lavorando presso l’ospedale di Lucca. Anche Tonino studia a Pisa con sacrificio di tutti.

E’ in questo tempo che Gemma, ammalata, legge la biografia del ven. Gabriele dell’Addolorata (ora santo), Passionista, che le appare per confortarla. La sera dell’8 dicembre, festa dell’Immacolata, Gemma fa voto di verginità, e nella notte seguente il ven. Gabriele le appare e la chiama «sorella mia», porgendole a baciare il «segno» dei Passionisti e posandoglielo sul petto. Nel gennaio, la malattia di Gemma si aggrava: è osteite delle vertebre lombari, con ascesso agli inguini e paralisi alle gambe. A nulla giovano due bottoni di fuoco applicati, secondo la terapia del tempo, ai reni. Il 28 gennaio si manifesta anche un’otite purulenta con partecipazione della mastoide.
In questi giorni, Guido si trasferisce a Bagni di San Giuliano dove ha ottenuto una farmacia.
Oltre al ven. Gabriele, anche l’Angelo custode conforta Gemma e l’ammonisce: «Se Gesù ti affligge nel corpo, fa per sempre più purificarti nello spirito». Ma anche il demonio le si avvicina per affliggerla con tentazioni. Gemma ne esce vittoriosa invocando l’aiuto del ven. Gabriele che ella considera ormai come fratello spirituale.
Il 2 febbraio l’ammalata è gravissima e i medici avvertono che non passerà la notte. Ma Gemma non muore e i giorni scorrono tra indicibili sofferenze fino al 3 marzo, giorno della guarigione miracolosa. E’ il primo venerdì del mese, e la giovane ha terminato una novena in onore della beata Margherita Maria Alacoque (ora santa). «...feci la Comunione. Che momenti felici passai con Gesù! Mi ripeteva: "Gemma, vuoi guarire?". La commozione fu tanto che non potevo rispondere. Povero Gesù! La grazia era fatta, ero guarita».
Il 23 dello stesso mese, tornato a casa dopo aver ricevuto l’Eucaristia, sente dire dal ven. Gabriele: «Gemma, coraggio! Ti aspetto al Calvario: è verso quel monte che sei diretta».
Il 30 marzo è il Giovedì Santo; Gemma è in preghiera, compie l’«Ora Santa»in unione a Gesù nell’Orto degli Ulivi, e Gesù a un tratto le appare, tutto ferite e sangue. «Le piaghe di Gesù rimasero sì bene nella mia mente che non si sono più cancellate».

Nell’aprile seguente, un giorno, preoccupata di non sapere amare Gesù, Gemma si trova nuovamente davanti al Crocifisso e ne ascolta parole di amore: «Guarda, figlia, e impara come si ama» e mi mostrò le sue cinque piaghe aperte. «Vedi questa croce, queste spine, questo sangue? Sono tutte opere di amore, e di amore infinito. Vedi fino a qual segno io ti ho amato? Mi vuoi amare davvero? Impara prima a soffrire. Il soffrire insegna ad amare».
«Il giorno 8 giugno, dopo la Comunione, Gesù mi avvisò che la sera mi avrebbe fatto una grazia grandissima. Andai poi il giorno steso per confessarmi e lo dissi a Monsignore, e rispose che stessi bene attenta a riferirgli dopo ogni cosa.
Eravamo alla sera: tutto ad un tratto, più presto del solito mi sento un interno dolore dei miei peccati; ma lo provai così forte, che non l’ho più sentito; quel dolore mi ridusse direi lì lì per morire. Dopo questo mi sento raccogliere tutte le potenze dell’anima: l’intelletto non conosceva che i miei peccati e l’offesa di Dio; la memoria tutti me li ricordava, e mi faceva vedere tutti i tormenti che Gesù aveva patito per salvarmi; la volontà me li faceva tutti detestare e promettere di voler tutto voler soffrire per espiarli. Un mucchio di pensieri si volsero tutti alla mente: erano pensieri di dolore, di amore, di timore, di speranza e di conforto.
Al raccoglimento interno successe ben presto il rapimento dei sensi, ed io mi trovai dinanzi alla Mamma mia celeste, che aveva alla sua destra l’Angelo mio Custode, che per primo mi comandò di recitare l’atto di contrizione. Dopo che l’ebbi terminato, la Mamma mi rivolse queste parole: "Figlia, in nome di Gesù ti siano rimessi tutti i peccati". Poi soggiunse: "Gesù mio figlio ti ama tanto e vuol farti una grazia; saprai tu rendertene degna?". La mia miseria non sapeva che rispondere. Soggiunse ancora: "Io ti sarò madre, ti mostrerai tu mia vera figlia?". Aperse il manto e con esso mi ricoprì.
In quell’istante comparve Gesù, che aveva tutte le ferite aperte; ma da quelle ferite non usciva più sangue, uscivano come fiamme di fuoco, che in un momento solo quelle fiamme vennero a toccare le mie mani e i miei piedi e il cuore. Mi sentii morire, sarei caduta in terra; ma la Mamma mi sorresse, ricoperta sempre col suo manto. Per parecchie ore mi convenne rimanere in quella posizione. Dopo, la Mamma mia mi baciò nella fronte, e tutto disparve, e mi trovai in ginocchio in terra; ma mi sentivo ancora un dolore forte alle mani, ai piedi e al cuore.
Mi alzai per mettermi sul letto, e mi accorsi che da quelle parti, dove mi sentiva, usciva del sangue. Mi coprii alla meglio quelle parti, e poi, aiutata dall’Angelo mio, potei montare sul letto. Quei dolori, quelle pene, anziché affliggermi, mi recavano una pace perfetta. La mattina a stento potei andare a fare la Comunione, e mi misi un paio di guanti, tanto per nascondermi le mani. Non potevo reggermi in piedi; ad ogni momento credevo di morire. Quei dolori mi durarono fino alle 3 del venerdì, festa solenne del Sacro Cuore di Gesù».
Da quella sera, ogni settimana Gesù chiama Gemma ad essergli compagna e collaboratrice nell’opera della salvezza, unendola a tutte le sofferenze fisiche e spirituali che Egli, Agnello immolato, volle portare su di sé per il peccato del mondo.
La «grazie grandissima» è motivo per Gemma di ineffabili gioie e di profondi dolori. In casa vi è perplessità e anche incredulità per quanto le avviene. Rimproveri dalle zie e dai fratelli; canzonature e indiscrezioni da una sorella; Gemma tace e attende, abbandonata alla guida del suo Signore.
Sempre nei mesi estivi conosce i Passionisti impegnati nella Missione popolare in Cattedrale. E da uno di essi viene introdotta in casa Giannini. Gemma conosceva già la signora Cecilia, ma per mezzo del padre Passionista che frequenta la casa ospitale del via del Seminario, inizia una vera e profonda amicizia con quella che le sarà come «seconda mamma». In casa Giannini, nel gennaio dell’anno seguente, Gemma comincerà a scrivere a p. Germano, Passionista, il sacerdote che avrebbe riconosciuto in lei l’opera infinita della divina misericordia. Nel settembre successivo lo incontrerà per la prima volta.
Sempre nel settembre 1900, Gemma lascia definitivamente la sua famiglia per abitare in casa Giannini. Solo qualche volta ancora tornerà in via del Biscione, soprattutto per consolare Giulietta, la sorellina tanto cara e tanto sofferente. Tra quelle pareti, testimoni di tanto amore e di tanto dolore di Gemma, rimangono soltanto le zie con Tonino, ammalato già seriamente di tisi, e Giulietta, mentre Angelina vive a pigione presso una famiglia. Gemma si avvia decisamente al Calvario; lo salirà in un crescendo di amore e di fedeltà, fino alla consumazione totale, come Gesù sulla croce, unita a Lui in un unico anelito: la gloria di Dio e la salvezza dei fratelli, specialmente i più poveri: i peccatori.
Nel maggio del 1902 Gemma si ammala, poi si riprende. Si aggrava di nuovo il 21 ottobre (la sorella Giulia muore il 19 agosto; il fratello Tonino si spegne il 21 ottobre dello stesso anno). Il 24 gennaio 1903, per ordine dei medici, la famiglia Giannini deve trasferire Gemmea in un appartamento affittato dalla zia Elisa Galgani. La santa vive l’esperienza dell’abbandono di Gesù in croce e del silenzio di Dio. E’ fortemente vessata dal demonio, ma non smarrisce mai la fede, non perde mai la pazienza ed è sempre piena di amore e di riconoscenza verso che la assiste nell’ultima malattia. Sperimenta fino in fondo, nella sua carne, l’abbandono di Gesù sulla croce per il bene della Chiesa.
L’assenza forzata di padre Germano negli ultimi giorni di agonia e le troppe rapide visite di mons. Volpi accentuano l’ultima desolazione dello spirito. Ma anche la loro presenza non avrebbe certo distolto Gemma dalla suprema conformazione all’abbandono in Gesù «solo solo».

L’11 aprile del 1903, alle ore 13:45, a solo 25 anni, Gemma si addormenta nel bacio del Signore, assistita amorevolmente dai Giannini. Gemma si è incontrata, nella suprema povertà della morte, con lo Sposo crocifisso risorto. Quell’11 aprile era Sabato santo. Come usava allora, da un’ora e tre quarti le campane di Lucca e del mondo avevano annunziato la risurrezione del Signore.

Nel 1933, il 14 maggio, Pio XI annovera Gemma Galgani fra i Beati della Chiesa.
Nel 1940, il 2 maggio, Pio XII, riconoscendo la pratica eroica delle sue virtù cristiane, innalza Gemma Galgani alla gloria dei Santi e la addita a modello della Chiesa universale.


Mi ha detto poi Gesù: «Sai, figlia mia, in che maniera io mi diverto a mandare le croci alle anime a me care? Io desidero possedere l'anima loro, ma intera, e per questo la circondo di croci, e la chiudo nelle tribolazioni, perché non mi scappi di mano; e per questo io spargo le sue cose di spine, perché non si affezioni a nessuno, ma provi ogni suo contento in me solo. È l'unica via per vincere il demonio e giungere a salvezza: Figlia mia, quanti mi avrebbero abbandonato, se non li avessi crocifissi! La croce è un dono troppo prezioso, e da esso si apprende molte virtù!»

Gemma Galgani

venerdì 10 aprile 2009

GLORIA POLO: UNA TESTIMONIANZA ECCEZIONALE


Gloria Polo, dottoressa di Bogotà (Colombia), un giorno viene colpita da un fulmine.
Mentre i medici la danno per spacciata, lei ha un'esperienza mistica, in cui il Signore le mostra l'aldilà e quanto male aveva fatto fino ad allora con la sua vita senza Dio, e perdonandola le offre una nuova possibilità, quella di tornare nel mondo dei vivi e di testimoniare a tutti la sua esperienza, perchè altri si convertissero.

Sul suo sito internet http://www.medjugorje-bz.org/ è presente anche il video di una sua recente testimonianza fatta a Marzo del 2009 a Catania.
Consiglio di ascoltarla, oltre a leggere il testo che segue, che è la traduzione di una sua intervista in inglere rilasciata a Radio Maria della Colombia.
Buona lettura


"Fratelli e sorelle, è meraviglioso per me condividere con voi ora l'ineffabile grazia che mi ha dato Nostro Signore, ormai più di dieci anni fa. Mi trovavo all'Università Nazionale della Colombia a Bogotà (maggio 1995). Con mio nipote, dentista come me, noi preparavamo una lezione. Quel venerdì pomeriggio, mio marito ci accompagnò perché noi dovevamo prendere dei libri alla Facoltà. Pioveva molto e mio nipote ed io stessa, ci riparavamo sotto un piccolo ombrello. Mio marito, coperto da un impermeabile si avvicinò alla biblioteca del Campus. Mio nipote ed io lo seguivamo, ci siamo diretti verso degli alberi per sfuggire agli scrosci d'acqua. In quell'attimo siamo stati tutt'e due colpiti da un fulmine. Mio nipote è morto sul colpo; era giovane e nonostante la sua giovane età, si era consacrato a Nostro Signore; aveva una grande devozione per Gesù Bambino. Portava ogni giorno la Sua Santa Immagine in un cristallo di quarzo sul suo petto. Secondo l'autopsia il fulmine era passato per l'immagine; carbonizzò il suo cuore e uscì sotto i suoi piedi. Esteriormente non presentava alcuna traccia di bruciature.

Per quanto riguarda me, il mio corpo fu bruciato in modo orribile, sia all'interno che all'esterno. Questo corpo che voi ora avete davanti, risanato, lo è per la grazia della misericordia divina. Il fulmine mi aveva carbonizzato, non avevo più i seni e praticamente tutta la mia carne e parte delle mie costole erano scomparse. Il fulmine era uscito dal mio piede destro dopo aver bruciato quasi completamente lo stomaco, il fegato, i reni e i polmoni. Io praticavo la contraccezione e portavo una spirale intra uterina in rame. Il rame, essendo un eccellente conduttore d'elettricità, aveva carbonizzato le mie ovaie. Mi trovai perciò con un arresto cardiaco, senza vita, il mio corpo aveva dei soprassalti a causa dell'elettricità che aveva ancora.

Ma questo è solamente quello che riguarda la parte fisica di me perché, quando la mia carne fu bruciata, nello stesso istante mi ritrovai in un bellissimo tunnel di luce bianca, piena di gioia e di pace; nessuna parola può descrivere la grandezza di quel momento di felicità. L'apoteosi dell'istante era immensa. Mi sentivo felice e piena di gioia, perché non ero più soggetta alla legge di gravità. In fondo al tunnel vidi come un sole da cui proveniva una luce straordinaria. Ve la descriverei come bianca per darvene un'idea, ma in realtà nessun colore di questa terra è paragonabile a quello splendore. Ne percepivo la sorgente tutta di amore e pace.

Nel mentre mi elevavo compresi che stavo morendo. In quell'istante ho pensato ai miei figli e mi sono detta: "Oh, mio Dio, i miei figli, che penseranno di me? Da mamma molto attiva che ero stata, non avevo mai avuto tempo da dedicare loro!" Mi era possibile vedere la mia vita quale era stata realmente e questo mi rattristava. Lasciavo la casa ogni giorno per cambiare il mondo e non ero mai stata capace di occuparmi dei miei figli. In quell'istante di vuoto che provavo a causa dei miei figli io vidi qualcosa di magnifico: il mio corpo non faceva più parte dello spazio e del tempo. In un istante mi era possibile abbracciare con lo sguardo tutto il mondo: quello dei vivi e quello dei morti. Ho potuto sentire i miei nonni e i miei genitori defunti. Ho potuto stringere a me tutto il mondo, era un bellissimo momento! Capii allora di aver sbagliato credendo alla reincarnazione di cui mi ero fatta avvocato.

Avevo l'abitudine di "vedere" dappertutto mio nonno e mio bisnonno. Ma là essi mi abbracciavano ed ero in mezzo a loro. Nel medesimo istante noi eravamo vicini a tutte le persone che io avevo conosciuto nella mia vita. Durante questi momenti così belli fuori dal mio corpo avevo perduto la nozione del tempo. Il mio modo di vedere era cambiato: sulla terra distinguevo tra chi era grasso, chi era di altra razza o disgraziato, perché avevo sempre dei pregiudizi. Fuori del mio corpo consideravo le persone interiormente (l'anima). Com'è bello vedere la gente interiormente! Potevo conoscere i loro pensieri e i loro sentimenti. Io li abbracciavo tutti in un istante mentre continuavo a salire sempre più in alto e piena di gioia. Capii allora che potevo godere di una vista magnifica, un luogo di una bellezza straordinaria.

Ma in quel momento, sentii la voce di mio marito che piangeva e mi chiamava singhiozzando:"Gloria, ti prego, non andartene! Gloria svegliati! Non abbandonare i ragazzi, Gloria!" L'ho guardato e non solo l'ho visto ma ho sentito il suo profondo dolore. E il Signore mi ha permesso di tornare anche se non era mio desiderio. Provavo una così grande gioia, tanta pace e felicità! Ed ecco che discendo ormai lentamente verso il mio corpo ove giacevo senza vita. Esso veniva posto su una barella, al centro medico del Campus. Potevo vedere i medici che mi facevano l'elettrochoc e tentavano di rianimarmi dopo l'arresto cardiaco che avevo avuto. Siamo rimasti lì per due ore e mezzo. Prima non ci potevano toccare perché i nostri corpi erano ancora troppo conduttori di elettricità; dopo, quando poterono, si sforzarono di rianimarci. Mi posai vicino alla testa e sentii come uno choc che mi entrò violentemente all'interno del corpo. Questo fu doloroso perché faceva scintille da tutte le parti. Mi vidi incorporata a qualcosa di così stretto. Le mie carni morte e bruciate mi facevano male. Esse sprigionavano fumo e vapore.

Ma la ferita più orribile era quella della mia vanità: ero una donna di mondo, dirigente, intellettuale, una studiosa schiava del suo corpo, della bellezza e della moda. Facevo ginnastica quattro ore al giorno, per avere un corpo snello: massaggi terapie, diete di ogni genere, etc. Questa era la mia vita, una routine che mi incatenava al culto della bellezza del corpo. Io mi dicevo: "Ho dei bei seni, tanto vale mostrarli. Non c'è nessuna ragione di nasconderli." Lo stesso per le mie gambe, perché credevo di avere delle belle gambe e un bel petto! Ma in un istante, avevo visto con orrore che avevo passato la mia vita a prendere cura del mio corpo. L'amore per il mio corpo era divenuto il centro della mia esistenza. Ora, in questo momento, non avevo più corpo, niente petto, niente se non un orribile buco. Il mio seno sinistro in particolare era sparito. Ma il peggio, era che le mie gambe non erano che piaghe aperte senza carne, completamente bruciate e carbonizzate. Di là mi trasportano all'ospedale ove mi dirigono d'urgenza alla sala operatoria ove cominciano a raschiare e pulire le bruciature.

Quando ero sotto anestesia, ecco che esco di nuovo dal mio corpo e vedo ciò che i chirurghi sono in procinto di farmi. Ero preoccupata per le mie gambe. Di colpo passai un momento orribile: tutta la mia vita, non ero stata che una cattolica di nome: il mio rapporto con il Signore era la Messa della domenica, per non più di 25 minuti, là dove l'omelia del sacerdote era più breve, perché non potevo sopportare di più. Tale era la mia relazione con il Signore. Tutte le idee mondane m'avevano influenzato come una banderuola.

Un giorno, quand'ero già dentista professionista, avevo sentito un prete affermare che l'inferno e i diavoli non esistevano. Ora questa era la sola cosa che mi tratteneva dal frequentare la Chiesa. Sentendo tale affermazione, mi dissi che saremo andati tutti in paradiso, indipendentemente da quello che siamo e mi allontanai completamente dal Signore. Le mie conversazioni divennero malsane perché non potevo più reprimere il peccato. Cominciai a dire a tutti che il diavolo non esisteva e che era una invenzione dei preti, che c'era della manipolazione… Quando uscivo con i miei colleghi dell'università, dicevo loro che Dio non esisteva e che noi eravamo un prodotto dell'evoluzione. Ma in quell'istante, là, nella sala operatoria, ero veramente terrificata, vedevo dei diavoli venire verso di me perché ero la loro preda. Dai muri della sala operatoria vidi spuntare molta gente. All'inizio sembravano normali, ma in seguito avevano dei visi pieni di odio, orribili. In quel momento, per una certa luce che mi fu data, capii che appartenevo a ciascuno di loro. Compresi che il peccato non era senza conseguenze e che la menzogna più infame del demonio, era quella di far credere che non esisteva.

Li vedevo venire tutti a cercarmi, immaginate il mio spavento! Le mie convinzioni intellettuali e scientifiche non erano di nessun aiuto. Volevo ritornare nel mio corpo, ma quello non mi lasciava entrare. Corsi allora verso l'esterno della stanza, sperando di nascondermi da qualche parte tra i corridoi dell'ospedale ma di fatto finii col saltare nel vuoto. Cadevo in un tunnel che mi aspirava verso il basso. All'inizio c'era della luce e assomigliava a un alveare d'api. C'era moltissima gente. Ma presto cominciai a discendere passando per dei tunnels completamente oscuri. Non c'è alcun paragone tra l'oscurità di quel luogo e la più totale oscurità della terra anche senza la luce delle stelle. Questa oscurità suscita sofferenza, orrore e vergogna. L'odore era pestilenziale.

Quando infine finii di discendere questi tunnels, atterrai su una piattaforma. Io che avevo l'abitudine di dichiarare che avevo una volontà d'acciaio e che nulla era troppo per me… là la mia volontà non serviva a niente, non riuscivo affatto a risalire. A un certo punto, vidi aprirsi al suolo come un gigantesco baratro e vidi un immenso abisso senza fondo. La cosa più orribile di questo buco spalancato era che vi si percepiva l'assenza assoluta dell'amore di Dio e senza la minima speranza.

Il precipizio mi aspirava e ne ero terrificata. Sapevo che se andavo là dentro, la mia anima ne moriva. Ero trascinata verso questo orrore, qualcuno m'aveva preso per i piedi. Il mio corpo entrava ormai in questo buco e fu un momento di estrema sofferenza e di spavento. Il mio ateismo mi abbandonò e cominciai a gridare verso le anime del Purgatorio per avere dell'aiuto. Mentre urlavo, sentivo un dolore fortissimo perché mi fu dato di capire che migliaia e migliaia di esseri umani si trovavano là, soprattutto giovani. E' con terrore che sento stridore di denti, grida orribili, e dei gemiti che mi scuotevano nel più profondo del mio essere. Mi sono stati necessari anni prima di rimettermi perché ogni volta che ricordavo quegli istanti, piangevo pensando alle loro terribili sofferenze. Compresi che è là che vanno le anime dei suicidi, che in un attimo di disperazione si ritrovano in mezzo a questi orrori. Ma il tormento più indicibile era l'assenza di Dio. Non si poteva percepire Dio. In quei tormenti, mi sono messa a gridare: "Chi ha potuto commettere un errore simile? Io sono quasi una santa: non ho mai rubato, non ho mai ucciso, ho dato da mangiare ai poveri, ho fatto cure dentarie gratuite a che ne necessitava; che ci faccio qui? Io andavo alla Messa la domenica… ho mai mancato alla messa domenicale non più di cinque volte nella mia vita! Allora perché sono qui? Io sono cattolica, vi prego, sono cattolica, fatemi uscire di qui!"

Mentre gridavo che ero cattolica scorsi un debole bagliore. E vi posso assicurare che in quel posto la più piccola luce era il più bello dei doni. Vidi dei gradini al di sopra del precipizio e riconobbi mio padre, deceduto cinque anni prima. Molto vicina, quattro gradini più in alto, stava mia madre in preghiera, illuminata di più dalla luce. Il vederli, mi riempì di gioia e dissi loro: "Papà, Mamma, fatemi uscire! Vi supplico, fatemi uscire! Quando si chinarono verso l'abisso dovreste vedere il loro immenso dispiacere. Il quel posto potete percepire i sentimenti degli altri e sentire le loro pene. Mio padre si mise a piangere tenendo la testa tra le sue mani: "Figlia mia, figlia mia!" diceva. Mamma pregava e capii che essi non mi potevano far uscire di là, la mia pena si accrebbe della loro perché essi condividevano la mia. Così, io mi misi a gridare di nuovo: "Vi supplico, fatemi uscire di qui! Io sono cattolica! Chi ha potuto commettere un tale errore? Vi supplico, fatemi uscire di qui!

Questa volta, una voce si fece sentire, una voce così dolce che fece tremare la mia anima. Tutto allora fu inondato d'amore e di pace e tutte quelle tetre creature che mi circondavano scapparono perché non possono stare di fronte all'Amore. Questa voce preziosa mi dice: "Benissimo, poiché sei cattolica, dimmi quali sono i comandamenti di Dio."

Ecco una mossa sbagliata da parte mia. Sapevo che c'erano dieci comandamenti, punto e basta. Che fare? Mamma mi parlava sempre del primo comandamento d'amore: non avevo che da ripetere ciò che lei mi diceva. Pensai di improvvisare e nascondere così la mia ignoranza degli altri (comandamenti). Credevo di potermela cavare come sulla terra, dove trovavo sempre una buona scusa; mi giustificai difendendomi per mascherare la mia ignoranza. Dissi: "Amerai il Signore, tuo Dio al di sopra di tutto ed il prossimo come te stesso". Sentii allora: "Benissimo, li hai tu amati?" I risposi. "Sì li ho amati, li ho amati, li ho amati!"

Mi fu risposto: "No. Tu non hai amato il Signore tuo Dio al di sopra di tutto e ancora meno il tuo prossimo come te stessa. Tu ti sei creata un dio che adattavi alla tua vita e te ne servivi solamente nel caso di urgente bisogno. Tu ti prostravi davanti a Lui quando eri povera, quando la tua famiglia era umile e quando desideravi andare all'università. In quei momenti pregavi sovente e ti inginocchiavi per delle ore per supplicare il tuo Dio di farti uscire dalla miseria; perché ti accordasse il diploma che ti permetteva di diventare qualcuno. Ogni volta che avevi bisogno di soldi recitavi il rosario. Ecco la tua relazione con il Signore!"

Sì, devo riconoscere che prendevo il rosario e aspettavo del denaro in cambio, tale era la mia relazione con il Signore. Mi fu dato da vedere che non appena preso il diploma e la notorietà ottenuta, non ebbi mai il minimo sentimento d'amore per il Signore. Essere riconoscente, no, mai! Quando aprivo gli occhi al mattino, non avevo mai un grazie per il giorno nuovo che il Signore mi dava da vivere, non Lo ringraziavo mai per la mia salute, per la vita dei miei figli, per tutto ciò che mi aveva donato. Era l'ingratitudine più totale. Non avevo compassione per i bisognosi.

In pratica, tu collocavi il Signore così in basso che avevi più confidenza con i responsi di Mercurio e di Venere. Eri accecata dall'astrologia, proclamando che le stelle dirigevano la tua vita! Vagabondavi verso tutte le dottrine del mondo, credevi che saresti morta per rinascere ancora! E hai dimenticato la misericordia. Ti sei dimenticata che sei stata riscattata dal Sangue di Dio. Ora mi mette alla prova con i dieci comandamenti. Ora mi dimostra che pretendevo di amare Dio ma che in realtà, era satana che io amavo.

Un giorno, una donna era entrata nel mio studio dentistico per offrirmi i suoi servizi di magia ed io le avevo detto: "Non ci credo, ma lasciate qui questo portafortuna nel caso che funzioni". Li avevo messo in un angolo, un ferro da cavallo ed un cactus, tenuti per allontanare le energie cattive. Come era vergognoso tutto questo! Fu un esame della mia vita a partire dai dieci comandamenti. Mi fu mostrato quello che era stato il mio comportamento riguardo al mio prossimo. Mi fu fatto vedere come io pretendessi di amare Dio mentre avevo l'abitudine di criticare tutti, di puntare il dito su ciascuno, io la santissima Gloria! Mi si mostrò come ero invidiosa ed ingrata! Non avevo mai provato riconoscenza verso i miei genitori che mi avevano dato il loro amore ed avevano fatto tanti sacrifici per educarmi e mandarmi all'Università. Dall'ottenimento del diploma, essi divennero anche inferiori a me; anche avevo vergogna di mia madre a causa della sua povertà, della sua semplicità e della sua umiltà.

Per quanto concerne il mio comportamento come moglie, mi fu mostrato che mi lamentavo sempre, dalla mattina alla sera. Se mio marito mi diceva: "Buongiorno", io replicavo: "Perché questo giorno sia buono quando fuori piove". Mi lamentavo anche continuamente dei miei figli: mi fu mostrato come non avevo mai amato né avuto compassione per i miei fratelli e sorelle della terra.

E il Signore mi dice: "Tu non hai mai avuto considerazione per i malati nella loro solitudine, non hai mai tenuto loro compagnia. Non hai mai avuto compassione degli orfani, di tutti questi bambini infelici". Avevo un cuore di pietra dentro un guscio di noce. Su questa prova dei dieci comandamenti, non avevo una mezza risposta corretta. Era terribile, devastante! Ero completamente sconvolta. E mi dicevo: "Almeno non mi potrà rimproverare di avere ucciso qualcuno! Per esempio, compravo delle provviste per i bisognosi; non era per amore, piuttosto per apparire generosa, e per il piacere che avevo di manipolare quelli che erano nel bisogno. Dicevo loro: "Prendete queste provviste e andate al mio posto alla riunione dei genitori e dei professori perché io non ho il tempo di parteciparvi". Inoltre, amavo essere circondata da persone che mi incensavano. Mi ero fatta una certa immagine di me stessa.

Il tuo dio era il denaro, mi ha detto ancora. Sei stata condannata a causa del denaro. E' per questa ragione che sei sprofondata nell'abisso e che ti sei allontanata dal Signore. Noi eravamo stati effettivamente ricchi, ma alla fine eravamo diventati insolventi, senza un soldo e peni di debiti. Per tutta risposta, gridai: "Quale denaro? Sulla terra abbiamo lasciato un sacco di debiti!"

Quando venni al secondo comandamento, vidi con tristezza che nella mia infanzia avevo presto capito che la menzogna era un eccellente mezzo per evitare le severe punizioni di mamma. Cominciai mano nella mano con il padre della menzogna (satana) e divenni bugiarda. I miei peccati aumentavano come le mie menzogne. Avevo osservato come mamma rispettava il Signore ed il Suo Nome Santissimo. Vi trovai un'arma per me e mi misi a bestemmiare il Suo Nome. Dicevo: Mamma, io giuro su Dio che…". E così evitavo le punizioni. Immaginate le mie menzogne, implicando il Nome Santissimo del Signore… E notate, fratelli e sorelle, che le parole non sono mai vane, perché quando mia madre non mi credeva, avevo preso l'abitudine di dirle: "Mamma, se io mento, che un fulmine mi colpisca qui e subito". Se le parole sono volate via con il tempo, si riscontra che il fulmine mi ha ben colpito! Mi ha carbonizzato ed è grazie alla misericordia divina che ora sono qui. Mi fu mostrato come, io che mi dichiaravo cattolica, non rispettassi nessuna delle mie promesse e come utilizzavo futilmente il nome di Dio.

Fui sorpresa di vedere che alla presenza del Signore, tutte queste orribili creature che mi circondavano, si prosternavano in adorazione. Vidi la Vergine Maria ai piedi del Signore che pregava ed intercedeva per me.

Per quel che riguarda il rispetto del giorno del Signore facevo pietà e ne provai un dolore intenso. La voce mi diceva che le domeniche passavo quattro o cinque ore ad occuparmi del mio corpo; non avevo nemmeno dieci minuti di ringraziamento o di preghiera da consacrare al Signore. Se cominciavo un rosario mi dicevo: "Lo posso fare durante la pubblicità, prima del telefilm". La mia ingratitudine di fronte al Signore mi fu rimproverata. Quando non volevo partecipare alla Messa, dicevo a mamma: " Dio è dappertutto, perché dovrei andare lì?...

La voce mi ricordò ugualmente che Dio vegliava su di me notte e giorno e che in cambio io non Lo pregavo per niente; e le domeniche non Lo ringraziavo, non Gli manifestavo la mia gratitudine e il mio amore. Al contrario, prendevo cura del mio corpo, ne ero schiava e dimenticavo totalmente che avevo un'anima e che la dovevo nutrire. Ma mai la nutrii della parola di Dio, perché dicevo che chi legge la Parola di Dio (Bibbia) diviene pazzo. E per quanto concerne i Sacramenti avevo sbagliato in tutto. Dicevo che non sarei mai andata a confessarmi perché quei vecchi signori erano peggiori di me. Il diavolo mi stornava dalla confessione ed è così che impediva alla mia anima d'essere pulita e di guarire. La bianca purezza della mia anima ne pagava il prezzo ogni volta che peccavo. Satana lasciava il suo marchio: un marchio oscuro. Eccetto che per la mia prima Comunione, non avevo mai fatto una buona confessione. A partire di là, non ho mai ricevuto il Signore degnamente.

La mancanza di coerenza aveva raggiunto un tale degrado che io bestemmiavo: "La Santa Eucaristia? Si può immaginare Dio venuto in un pezzo di pane?" Ecco in che stato era ridotta la mia relazione con Dio. Non avevo mai nutrito la mia anima e più ancora, criticavo i preti costantemente. Voi dovevate vedere come mi ci dedicavo! Dalla mia più tenera infanzia, mio padre aveva l'abitudine di dire che quella gente là erano ancora più donnaioli dei laici. E il Signore mi dice: "Chi sei tu per giudicare così i Miei consacrati? Questi sono degli uomini e la santità di un sacerdote è sostenuta dalla sua comunità che prega per lui, che l'ama e lo aiuta. Quando un prete commette un errore, è la sua comunità che ne è responsabile, mai lui". Ad un certo momento della mia vita, accusai un prete di omosessualità e la comunità ne fu informata. Voi non potete immaginare il male che ho fatto!

Per quanto attiene al quarto comandamento "Onorerai tuo padre e tua madre" come vi ho detto, il Signore mi fece vedere la mia ingratitudine di fronte ai miei genitori. Mi lamentavo perché non potevano offrirmi tutte quelle cose di cui disponevano i miei compagni. Ero ingrata verso di loro con tutto quello che avevano fatto per me e non ero nemmeno arrivata al punto dove dicevo di non conoscere mia madre perché non era al mio livello. Il Signore mi mostrò come avrei pertanto potuto osservare questo comandamento. In effetti avevo pagato le fatture delle medicine e del medico quando i mie genitori erano malati, ma come analizzavo tutto in funzione dei soldi. Allora ne approfittai per manipolarli ed ero arrivata a schiacciarli.

Mi sentivo male nel vedere mio padre piangere tristemente perché, anche se fu un buon padre che m'aveva insegnato a lavorare duramente ed ad intraprendere, aveva dimenticato un dettaglio importante: che avevo un'anima e che per il suo cattivo esempio la mia vita aveva cominciato a vacillare. Lui fumava, beveva, andava a donne a tal punto che un giorno suggerii a mamma di abbandonarlo. "Tu non dovrai più continuare a lungo con un uomo come lui. Sii dignitosa, fagli vedere che vali qualcosa". E mamma rispondeva: "No mia cara, io soffro ma mi sacrifico perché ho sette figli e perché al fine della giornata, tuo papà dimostra di essere un buon padre; non potrei mai andarmene e separarvi da vostro padre; di più se io me ne andassi, chi pregherebbe per la sua salvezza. Io sono la sola che lo possa fare perché tutte queste pene e ferite che mi infligge, io le unisco alle sofferenze di Cristo sulla Croce. Ogni giorno dico al Signore: il mio dolore è niente in confronto della vostra Croce, così, vi prego, salvate mio marito e i miei figli".

Da parte mia non riuscivo a comprenderla e divenni ribelle, cominciai a prendere la difesa delle donne, ad incoraggiare l'aborto, la coabitazione ed il divorzio. Quando venne al quinto comandamento, il Signore mi fece vedere l'assassinio orribile che avevo fatto commettendo il più orribile dei crimini: l'aborto. Di più, avevo finanziato diversi aborti perché sostenevo che una donna aveva il diritto di scegliere se rimanere incinta o no. Mi fu dato da leggere nel Libro della Vita e fui profondamente mortificata, perché una ragazzina di 14 anni aveva abortito su mio consiglio. Avevo ugualmente prodigato dei cattivi consigli a delle ragazzine, tre delle quali erano mie nipoti, parlando loro della seduzione, della moda, consigliando loro di approfittare del loro corpo, e dicendo loro di usare la contraccezione: questa è una specie di corruzione dei minori che aggravava l'orribile peccato dell'aborto.

Ogni volta che viene versato il sangue di un bambino è un olocausto a satana, che ferisce e fa tremare il Signore. Io vidi nel libro della Vita come la nostra anima si formava, al momento che il seme perviene nell'ovulo. Una bella scintilla scocca, una luce che come un raggio di sole di Dio Padre. Appena il ventre della mamma è inseminato si illumina della luce dell'anima. Durante l'aborto, l'anima geme e grida per il dolore e se ne ode il grido al Cielo perché ne è scosso. Questo grido risuona ugualmente all'Inferno, ma è un grido di gioia. Quanti bambini sono uccisi ogni giorno! E' una vittoria dell'inferno. Il prezzo di questo sangue innocente libera ogni volta un demone di più. Io mi sono immersa in questo sangue e la mia anima divenne totalmente ottenebrata. In seguito a questi aborti, avevo perduto la percezione del peccato. Per me, tutto era OK. E che dire di tutti quei bambini a cui io avevo rifiutato la vita a causa della spirale (anticoncezionale) che utilizzavo. E così sprofondavo ancora di più nell'abisso. Come potevo affermare che non avevo mai ammazzato! E tutte le persone che io ho disprezzato, odiato, che non ho amato! Anche così sono stata un'assassina perché non si uccide solamente con una pistola. Si può egualmente uccidere odiando, commettendo degli atti di cattiveria, invidiando ed essendo gelosi.

Per quel che riguarda il sesto comandamento, mio marito fu l'unico uomo della mia vita. Ma mi fu dato di vedere che ogni volta che mettevo in mostra il mio petto e che portavo i miei pantaloni leopardati incitavo gli uomini all'impurità e li inducevo al peccato. Di più, io consigliavo alle donne d'essere infedeli al loro marito, predicavo contro il perdono e incoraggiavo il divorzio. Compresi allora che i peccati della carne sono terribili e condannabili anche se il mondo attuale trova accettabile che ci si comporti come degli animali. Era particolarmente doloroso vedere come i peccati d'adulterio di mio padre avevano ferito i suoi figli. I miei tre fratelli divennero delle copie conforme al loro padre, donnaioli e bevitori, incoscienti del torto che facevano ai loro figli. Ecco perché mio padre piangeva con tanto dispiacere constatando che il cattivo esempio che aveva dato s'era ripercosso su tutti i suoi figli.

Quanto al settimo comandamento - non rubare - io che mi giudicavo onesta, il Signore mi ha fatto vedere il cibo sprecato nella mia casa mentre il resto del mondo soffriva la fame. Egli mi disse: "Avevo fame e guarda quello che hai fatto con quello che ti ho dato, come l'hai sprecato! Avevo freddo e tu guarda come eri schiava della moda e delle apparenze, buttando via tanto denaro nelle diete per dimagrire. Del tuo corpo ne hai fatto un dio! Mi fece comprendere che avevo una parte di colpa nella povertà del mio paese. Mi dimostrò anche che ogni volta che criticavo qualcuno, rubavo il suo onore. Sarebbe stato più facile per me rubare del denaro, perché il denaro si può sempre restituire, ma la reputazione!... Di più, io derubavo i miei figli della grazia di avere una madre tenera e piena d'amore. Abbandonavo i miei figli per andare nel mondo, li lasciavo davanti alla televisione, al computer, ai videogiochi; e per tacitarmi la coscienza, compravo loro dei vestiti di marca. Com'è orribile! Che immenso dispiacere!

Nel Libro della Vita si vede tutto come in un film. I miei figli dicevano: "Speriamo che mamma non rientri troppo presto e che ci siano degli ingorghi perché è fastidiosa e brontolona". Infatti, io avevo rubato loro la madre, avevo rubato loro la pace che dovevo portare nel mio focolare. Non avevo insegnato l'amore di Dio né l'amore del prossimo. E' semplice: se non amo i miei fratelli, non ho niente a che vedere con il Signore: se non ho della compassione, non ho niente a che vedere con Lui, non più.

Ora parlerò delle false testimonianze e della menzogna perché ero diventata un'esperta nella materia. Non ci sono bugie innocenti, tutto viene da satana che è il loro padre. Le colpe che ho commesso con la lingua erano veramente spaventose. Ho visto come ho ferito con la mia lingua. Ogni volta che io spettegolavo, che mi facevo beffe di qualcuno o gli attribuivo un soprannome dispregiativo, io ferivo quella persona. Quanto un soprannome può far male! Potevo complessare una donna chiamandola: "la cicciona"...

Nel corso di questo giudizio sui dieci comandamenti, mi si mostrò che tutti miei peccati avevano come causa la bramosia, questo desiderio malsano. Mi sono vista felice con tanti soldi. E il denaro divenne la mia ossessione. E' veramente triste, perché per la mia anima il momento più terribile era stato quando avevo a disposizione molto denaro. Avevo anche pensato al suicidio. Avevo tanto denaro e mi sentivo sola, vuota, amara e frustrata. Questa ossessione del denaro mi allontanò dal Signore e fece sì che mi allontanai delle sue mani.

Dopo l'esame dei 10 comandamenti, mi fu mostrato il Libro della Vita. Vorrei le parole adeguate per descriverlo. Il mio Libro della Vita cominciò quando le cellule dei miei genitori si unirono. Pressoché immediatamente ci fu una scintilla, una magnifica esplosione e un'anima era così formata, la mia, creata dalle mani di Dio, nostro padre, un Dio così buono! E' veramente meraviglioso! Egli veglia su di noi 24 ore su 24. Il Suo Amore era il mio castigo perché Lui non guardava il mio corpo di carne ma la mia anima e vedeva come mi allontanavo dalla salvezza.

Vorrei anche dirvi che a quel punto ero un'ipocrita! Dicevo ad una amica: "Sei incantevole in questo abito, ti sta così bene!" Ma io pensavo tra me e me: è un vestito grottesco, e si crede pure una regina! Nel Libro della Vita, tutto appariva esattamente tale e quale l'avevo pensato, si vede anche l'ambiente interno dell'anima. Tutte le mie menzogne erano esposte ed ognuno poteva vederle. Marinavo sovente la scuola, perché mamma non mi permetteva di andare dove volevo. Per esempio, le mentivo a proposito di un lavoro di ricerca che dovevo fare alla biblioteca universitaria e di fatto, andavo invece a vedere un film porno o a bere una birra in un bar con degli amici. Quando penso che mamma ha visto sfilare la mia vita e che niente è stato dimenticato!

Il Libro della Vita è veramente bellissimo. Mia madre aveva l'abitudine di mettere nel mio cestino delle banane per il mio pranzo, pasta di guava e così del latte, perché nella mia infanzia, eravamo poverissimi. Mi capitava di mangiare le banane e di buttare per terra le bucce senza pensare che qualcuno poteva scivolare su di esse e farsi male. Il Signore mi mostrò come una persona era scivolata su una delle mie bucce di banana; avrei potuto ucciderla per la mia mancanza di compassione.

L'unica volta della mia vita che mi confessai con dispiacere e pentimento, fu quando una donna mi rese 4500 pesos in più in un negozio alimentare di Bogotà. Mio padre ci aveva insegnato l'onestà. Andando al lavoro, mentre guidavo, mi resi conto dell'errore. "Quell'idiota m'ha dato 4500 pesos in più e devo subito ritornare al suo negozio" mi dissi. C'era un ingorgo enorme e decisi di non tornare indietro. Ma il rimorso l'avevo dentro di me ed andai a confessarmi la domenica seguente accusandomi di aver rubato 4500 pesos senza averli restituiti. Non prestai ascolto alle parole del confessore. Ma sapete cosa mi disse il Signore? "Tu non hai compensato questa mancanza di carità. Per te, non era che del denaro per le piccole spese, ma per quella donna che non guadagnava che il minimo, quella somma rappresentava tre giorni di nutrimento". Il Signore mi mostrò come ella ne soffrì, privandosi per più giorni così anche i suoi due piccoli che avevano fame.

In seguito il Signore mi fa la seguente domanda: "Che tesori spirituali porti?"

Tesori spirituali? Le mie mani sono vuote!

"A cosa ti serve, aggiunse, possedere due appartamenti, delle case e degli uffici se non puoi nemmeno portarmene, se non sarà che un po' di polvere? Che hai fatto dei talenti che ti ho dato? Avevi una missione: questa missione era di difendere il Regno dell'Amore, il Regno di Dio".

Sì, avevo dimenticato che avevo un'anima, come potevo ricordarmi di avere dei talenti; tutto il bene che non ho potuto fare, ha offeso il Signore. Il Signore mi parlò ancora della mancanza d'amore e di compassione. Mi parlò ugualmente della mia morte spirituale. Sulla terra ero viva, ma in realtà ero morta. Se poteste vedere cos'è la morte spirituale! E' come un'anima odiosa, un'anima amara e disgustata di tutto, piena di peccati e che ferisce tutto il mondo. Vedevo la mia anima che esteriormente era ben agghindata e stava bene, ma interiormente era una vera fogna e la mia anima abitava nelle profondità dell'abisso. Non è strano che fossi così acre e depressa.

E il Signore mi disse: "La tua morte spirituale è cominciata quando hai cessato di essere sensibile al tuo prossimo". Io ti avvertii mostrandoti la loro miseria. Quando vedevi dei servizi televisivi, dei morti, dei rapimenti, la situazione dei rifugiati, tu dicevi: "povera gente, com'è triste". Ma in realtà non provavi dolore per essi, tu non sentivi niente nel tuo cuore. Il peccato ha cambiato il tuo cuore in pietra".

Non potete immaginare la grandezza del mio dolore quando il mio Libro della Vita si richiuse. Avevo dispiacere per Dio, mio Padre, per essermi comportata così perché, a riscatto di tutti i miei peccati, per la mia salvezza, di tutte le mie indifferenze e dei miei orribili sentimenti, il Signore ha cercato di attendermi fino alla fine. Mi aveva inviato persone che avevano buona influenza su di me. Mi ha protetto fino alla fine. Dio mendica la nostra conversione!

Sia ben inteso, io non avrei potuto biasimarlo di condannarmi di mia propria volontà, scelsi io come mio padre satana, al posto di Dio. Dopo che il Libro della Vita si richiuse, mi accorsi che mi stavo dirigendo in un pozzo nel cui fondo c'era una botola. Nel mentre vi precipitavo cominciai a chiamare tutti i Santi del Cielo di salvarmi. Non avete idea di tutti i nomi di Santi che mi vennero in mente, a me che ero una pessima cattolica! Chiamai Sant'Isidoro, San Francesco d'Assisi e quando la mia lista finì cadde il silenzio. Provai allora un grande vuoto ed una pena profonda. Pensavo che tutte le persone della terra credevano fossi morta in odore di santità, può essere che essi stessi s'attendessero la mia intercessione! E guardate dove atterravo! Alzai allora gli occhi e il mio sguardo incrociò quello i mia madre. Con un grandissimo dolore gridai verso di lei: "Mamma, come ho vergogna! Sono condannata, mamma. Là dove vado, tu non mi vedrai mai più.

In quel momento una grazia magnifica le fu accordata. Ella si tendeva senza muoversi ma le sue dita si misero a puntare verso l'alto. Delle scaglie si distaccarono dolorosamente dai miei occhi: l'accecamento spirituale. Rividi allora in un istante la mia vita passata, quando un mio paziente una volta mi disse. "Dottoressa, lei è troppo materialista, e un giorno avrà bisogno di questo: in caso di pericolo immediato, chiedete a Gesù Cristo di coprirvi del Suo Sangue, perché mai Egli vi abbandonerà. Lui ha pagato il prezzo del Suo Sangue per lei". Con grandissima vergogna, mi misi a singhiozzare: "Signore Gesù, abbiate pietà di me! Perdonatemi, datemi una seconda occasione!"

Ed ecco mi si presenta il più bel momento della mia vita, non ci sono parole per descriverlo. Gesù viene e mi tira fuori dal pozzo e tutte quelle orribili creature si appiattiscono al suolo. Quando mi depose, mi disse con tutto il Suo amore: "Stai per ritornare sulla terra, ti do una seconda possibilità". Ma precisò che non era a causa delle preghiere della mia famiglia. "E' giusto da parte loro implorare per te. Questo è grazie all'intercessione di tutti quelli che ti sono estranei e che hanno pianto, pregato e hanno elevato il loro cuore con un profondo amore per te".

Vidi molte luci accendersi, come delle piccole fiamme d'amore. Vidi delle persone che pregavano per me. Ma c'era una fiamma molto più grande, era quella che mi dava molta più luce e che più brillava d'amore. Tentai di conoscere chi fosse questa persona. Il Signore mi disse. "Colui che ti ama tanto, neanche ti conosce". Mi spiegò che quest'uomo aveva letto un ritaglio di giornale del mattino. Era un povero paesano che abitava ai piedi della Sierra Nevada di Santa Marta (a nord-est della Colombia). Questo pover'uomo si era recato in città per acquistare dello zucchero di canna. Lo zucchero era stato avvolto nella carta da giornale e c'era una mia foto, tutta bruciata come ero. Come l'uomo mi vide così, senza neanche aver letto l'articolo interamente, cadde inginocchio e cominciò a singhiozzare con profondo amore. Disse: "Signore, abbiate pietà della mia piccola sorella. Signore salvatela. Se voi la salvate vi prometto che andrò in pellegrinaggio al Santuario di Buga (che si trova nel sud-ovest della Colombia). Ma Vi prego, salvatela".

Immaginate questo pover'uomo, non si lamentava di aver fame, e aveva una grande capacità d'amore perché si offriva di attraversare tutta una regione per qualcuno che neanche conosceva! E il signore mi disse: "Questo è amare il prossimo." E aggiunse: "Tu stai per tornare (sulla terra) e darai la tua testimonianza non mille volte, ma mille volte mille. E sventura a quelli che non cambieranno dopo aver udito la tua testimonianza, perché essi saranno giudicati più severamente, come te quando ritornerai qui un giorno; lo stesso per i miei consacrati, i sacerdoti, perché non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire".

Questa testimonianza, fratelli e sorelle miei, non è una minaccia. Il Signore non ha bisogno di minacciarci. E' una occasione che vi si presenta, e grazie a Dio ho sperimentato ciò che è necessario per vivere! Quando qualcuno di voi morirà, gli si aprirà davanti il suo Libro della Vita, vedrà tutto quanto come io ho visto. E noi tutti vedremo come siamo, la sola differenza è che sentiremo i nostri pensieri alla presenza di Dio: la cosa più bella è che il Signore sarà di fronte a noi, mendicando ogni giorno la nostra conversione affinché diventiamo una nuova creatura con Lui, perché senza di Lui non possiamo fare niente.

Che il Signore vi benedica tutti abbondantemente.

Gloria a Dio.



Per leggere la sua testimonianza completa andare al sito:
http://italian.gloriapolo.net/

DIO mi ha dato la missione dicendo: "Tu stai per tornare (sulla terra) e darai la tua testimonianza non mille volte, ma mille volte mille volte. E sventura a quelli che non cambieranno vita dopo aver inteso la tua testimonianza, perché essi saranno giudicati più severamente, come te quando ritornerai qui un giorno; lo stesso per i miei consacrati, i sacerdoti, perché non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire".
Dr. Gloria Constanza Polo