mercoledì 25 febbraio 2009

COME VIVERE LA QUARESIMA: BISOGNA PASSARE PER IL DESERTO

Bisogna passare per il deserto
Iniziare la Quaresima con Charles de Foucault e Annalena Tonelli
sabato 24 febbraio 2007.



Vi proponiamo, all’inizio di questa Quaresima, due scritti di Charles de Foucault e di Annalena Tonelli. Il filo conduttore è il deserto, la necessità di trovare tempi e spazi di silenzio, in cui scendere in se stessi e incontrare il Signore.



Charles de Foucault (beato, 1858-1916). Nasce a Strasbourg in una famiglia nobile. Dopo un’infanzia da orfano e un’adolescenza turbolenta, intraprende la carriera militare. E’ il primo europeo a esplorare il Marocco proibito. A 28 anni, la conversione. Condurrà una vita eremitica nel Sahara, come “fratello universale”, a contatto con i tuareg. Sarà assassinato da uno di loro nella sua abitazione.



Annalena Tonelli (1943-2003). Missionaria forlivese, ha vissuto per oltre 30 anni fra i Somali. Negli suoi ultimi 7 anni a Borama, Nord-Ovest della Somalia, ha riattivato ospedale e ambulatorio per la cura e prevenzione della tubercolosi. Oltre alle cure mediche, ha iniziato anche scuole di alfabetizzazione per bambini e adulti tubercolotici, corsi di istruzione sanitaria al personale paramedico, una scuola per bambini sordomuti e handicappati fisici. L’ONU l’ha insignita del prestigioso premio Nansen a Ginevra il 25 giugno 2003. E’ stata assassinata a Borama il 5 ottobre
2003


IN ASCOLTO
Bisogna passare attraverso il deserto e dimorarvici, per ricevere la grazia di Dio: è là che ci si svuota, che si scaccia da noi tutto ciò che non è Dio, e che si vuota completamente questa piccola casa della nostra anima per lasciare tutto il posto a Dio solo. Gli Ebrei sono passati per il deserto; Mosé vi è vissuto prima di ricevere la sua missione; san Paolo, san Giovanni Crisostomo si sono anch’essi preparati nel deserto...

E’ indispensabile... E’ un tempo di grazia, è un periodo attraverso il quale deve necessariamente passare ogni anima che vuol portare frutti. Le sono necessari questi silenzi, questi raccoglimenti, questi oblii di tutto il creato in mezzo ai quali Dio stabilisce il suo regno e forma in essa lo spirito interiore. La vita intima con Dio, la conversazione dell’anima con Dio nella fede, nella speranza e nella carità. Più tardi, l’anima produrrà frutti esattamente nella misura in cui si sarà formato in essa l’uomo interiore. Se questa vita interiore è nulla, per quanto zelo si possa avere, buone intenzioni e molto lavoro, i frutti saranno nulli: è una sorgente che vorrebbe dare la santità agli altri, ma non può perché non la possiede: si dà solo quello che si ha.

Ed è nella solitudine in questa vita, sola con Dio solo, in questo raccoglimento profondo che l’anima dimentica tutto il creato per vivere in unione con Dio, e che Dio si dà interamente a colui che si dona interamente a lui. Donatevi tutto intero a lui solo, mio amatissimo padre, durante questi anni di preparazione, di grazia, ed egli si donerà tutto intero a voi. In questo, non temete di essere infedele ai vostri doveri verso le creature; al contrario, è il solo mezzo per voi di servirle efficacemente.

Guardate san Paolo, san Benedetto, san Patrizio, san Gregorio Magno, e tanti altri: quale lungo tempo di raccoglimento e di silenzio! Salite più in alto: guardate san Giovanni Battista, guardate nostro Signore. Nostro Signore non ne aveva bisogno, ma ha voluto darci l’esempio. Rendete a Dio quel che è di Dio. (C. de Foucault, Lettera a p. Girolamo, 1898)


Il tempo in Africa si brucia in maniera incredibile. E il tempo per pregare è così difficile trovarlo anche se si è nel deserto. Il deserto ci è proprio necessario come l’acqua e come il pane e sappiamo già che continueremo ad abbandonare tutto ogni pochi mesi e a metterci sulle strade pellegrine dell’assoluto senza più nulla e senza più paura di nulla per andarci a fermare il più a lungo possibile in compagnia solo di Lui o comunque in luoghi fatti di pane e di silenzi di Dio... non siamo capite da nessuno naturalmente... ma lassù nel deserto la gente muore di fame e di abbandono... troppo comodo lasciare tutto e andare a ritirarsi in pace da qualche parte... certo, umanamente parlando, chi potrebbe dargli torto? Nessuno.

Ma il fatto è che a forza di passare la vita intera a dare da mangiare alla gente che ha ancora fame senza risolvere il loro problema, ma certamente donando me stessa nella sfibrante vita di ogni giorno nel dono totale del mio tempo, delle mie energie tutte, anche le più spente quando la testa mi si abbatte di colpo e non c’è sforzo di volontà che valga a tenerla dritta sul collo, nell’avvilimento e nella sfiducia di questo dare continuo che non costruisce, che non aiuta l’uomo, che non salva...

E allora? Sono certa... stavo per dire ogni giorno di più, ma forse è fuori luogo perché come potrei essere certa che non solo quei giorni, quelle settimane di “deserto” ogni anno sono necessari e vitali, ma che in quei giorni, in quelle settimane io faccio il lavoro più importante di tutti. Non c’è inseguimento, non c’è cura dei malati, non c’è sfamare gli affamati, non c’è lavoro di amicizia che regga al suo confronto. Quel deserto è l’azione più bella, più sacra della mia vita. Senza quel deserto io morirò piano piano alla carità vera, io tradirò l’Amore e vivrò magari dando via tutto, ma non vivendo l’Amore. Perché non si può vivere l’Amore se non si cresce ogni giorno nella conoscenza di Lui, perché noi, senza, non sappiamo amare veramente chi non conosciamo e una vita neppure basta per conoscere bene se non si è capaci di ascoltare, di guardare l’altro, di passare i mesi e gli anni a scoprire e a inventare i modi dell’amore... (A. Tonelli, Lettera a don Adriano, 26 maggio 1971)

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