venerdì 27 febbraio 2009

ALCUNI PENSIERI DI CHARLES DE FOUCAULT


tratto da: Charles De Foucald, Come un Chicco di grano, Edizioni Paoline, Milano, 2002

"CHI AMA, IMITA"

«Silenziosamente, nascostamente come Gesù a Nazareth, oscuramente, come lui, voglio «passare sconosciuto sulla terra, come un viaggia­tore nella notte», poveramente, laborio­samente, umilmente, dolcemente, facen­do il bene come lui, disarmato e muto di­nanzi all'ingiustizia come lui; lasciando­mi, come l'Agnello divino, tosare ed im­molare senza resistenza né parlare; imi­tando in tutto Gesù nella sua vita a Nazareth e, giunta l'ora, nella sua Via Crucis e nella sua morte» (OS, 356-357).

Desidero seppellirmi fin da ora nella vita di Nazareth come egli si seppellì per trent'anni, facendo per quello che mi è possibile tutto il bene che lui face­va, senza cercare di fare ciò che lui non cercava di fare... Considererò tutto il re­sto, benché appaia molto seducente, co­me una tentazione» (OS, 675).

Mio Gesù,
la tua fu una vita di umiltà:
tu che sei Dio, ti sei fatto uomo
e sei apparso come l'ultimo degli uomini. La tua fu una vita di abiezione: sei sceso fino all'ultimo tra gli ultimi posti. Hai vissuto coi tuoi genitori a Nazareth, per vivervi della loro vita, della vita dei poveri operai, del loro lavoro. La tua vita fu come la loro povertà e la loro fatica; essi erano sconosciuti, e tu sei vissuto all'ombra del loro nascondimento. Sei stato a Nazareth, piccola città sperduta, nascosta tra le montagne, da cui «niente usciva di buono», ritirato dal mondo, lontano dalle grandi capitali: e tu sei vissuto in questo ritiro. Eri sottomesso ai tuoi genitori: la tua vita fu una vita di sottomissione filiale: essa fu quella del modello dei figli, vivendo tra un padre e una madre poveri operai. Ecco ciò che fu la tua vita a Nazareth! Grazie, grazie, grazie! (Scritti Spirituali - SS, IX l I, 51-52)

Bisogna cercare di impregnarci dello spirito di Gesù leggendo e rileggendo il Vangelo, meditando e rimeditando sen­za sosta le sue parole e i suoi esempi: che essi facciano nelle nostre anime co­me la goccia d'acqua che cade e ricade su una lastra di pietra sempre allo stes­so posto (OS, 139).

La perfezione sta nell'essere come il Maestro... Il nostro Maestro è stato disprezzato, il servo non deve essere onorato; il Maestro è stato povero, il servo non deve essere ricco; il Maestro ha vissuto col lavoro delle sue mani, il servo non deve vivere con le proprie rendite; il Maestro andava a piedi, il servo non dovrebbe andare a cavallo; il Maestro stava in compagnia dei picco­li, dei poveri, degli operai; il servo non deve stare insieme ai grandi signori; il Maestro è passato per un operaio, il servo non deve passare per un gran personaggio; il Maestro è stato calunniato, il servo non deve essere lodato; il Maestro è stato mal vestito, mal nutrito, male alloggiato, il servo non deve essere ben vestito, ben nutrito, bene al­loggiato; il Maestro ha lavorato, si è affaticato, il servo non deve riposarsi; il Maestro ha voluto apparire piccolo, il servo non deve voler apparire grande... Imitiamo Gesù in tutto, qui sta la perfezione: Gesù è Dio... Dio è perfetto

Noi non dobbiamo né agire senza pre­gare (questo mai) né pregare senza agi­re, quando abbiamo i mezzi per agire; dobbiamo agire pregando, e se non ab­bianmo alcun mezzo di agire, acconten­tiamoci di pregare (OS, 163).

Tutta la nostra vita, per quanto mu­ta essa sia, la vita di Nazareth, la vita del deserto, così come la vita pubblica, devono essere una predicazione del vangelo mediante l'esempio; tutta la no­stra esistenza, tutto il nostro essere de­ve gridare il Vangelo sui tetti; tutta la nostra persona deve respirare Gesù, tutti i nostri atti, tutta la nostra vita de­vono gridare che noi apparteniamo a Gesù, devono presentare l'immagine della vita evangelica; tutto il nostro es­sere deve essere una predicazione viva, un riflesso di Gesù, un profumo di Gesù, qualcosa che gridi Gesù, che faccia ve­dere Gesù, che risplenda come un'im­magine di Gesù (OS, 393).

La fede dell'anima e la fede nelle ope­re, l'una e l'altra riunite, compongono la fede vera, la fede viva: una fede senza le opere non sarebbe fede, sarebbe una fede morta, sarebbe una derisione del­la fede (OS, 148).

Amiamo ogni uomo perché è nostro fratello e perché Dio vuole che lo consi­deriamo e lo amiamo tenerissimamen­te come tale, perché egli è il figlio del Dio beneamato e adorato e perché è co­stato il sangue di nostro Signore, ama­to da Dio fino a dare per lui suo Figlio. Stimiamo, amiamo dal profondo del cuore ogni uomo in vista di Dio, nostro Padre comune (OS, 85-86).

L'amore consiste non nel sentire che si ama, ma nel voler amare; quando si vuole amare, si ama; quando si vuole amare sopra ogni cosa, si ama sopra ogni cosa (OS, 772).

Pensate molto agli altri, pregate mol­to per gli altri. Dedicarsi alla salvezza del Prossimo con i mezzi in vostro pote­re, la preghiera, la bontà, l'esempio, è il miglior mezzo per dimostrare allo Sposo divino che voi l'amate.

L'amore non giudica colui che ama, ma cerca di scusarlo, prega per lui, sup­plica per lui; si è indulgenti verso chi si ama... Agiamo così per umiltà: guar­diamo la trave del nostro occhio, piut­tosto che la pagliuzza del prossimo; per il raccoglimento: contempliamo Dio, te­niamo la mente unita a Dio e non di­straiamoci a guardare le creature, a giu­dicarle; per bontà: abbiamo un cuore dolce, soave, senza asprezze. La carità non si mette a riflettere sul male: «essa tutto crede, tutto spera» (OS, 204).

Compassione, dolore per i mali delle anime e dei corpi del prossimo, tenera af­flizione per i peccati, le sofferenze, le in­fermità morali e fisiche... Questo dolore sarà tanto più vivo quanto più il nostro amore per gli uomini sarà grande, e cioè quanto più elevato sarà il grado in cui noi avremo la virtù della carità (OS, 195).

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