lunedì 15 giugno 2009

EUCARISTIA: MISTERO DI VICINANZA E PRESENZA DI CRISTO


Solennità del Corpus Domini

14 Giugno 2009

Eucaristia: mistero di vicinanza e presenza di Cristo

di padre Antonio Rungi

Celebriamo oggi la solennità del Corpus Domini, celebrata in altre parti giovedì scorso, secondo un’antica usanza, rivista in alcune comunità nazionali, anche per adeguarsi alle norme civili che non permettono feste infrasettimanali. Solennità che porta al centro della nostra vita di fede il grande miracolo eucaristico che si rinnova ogni giorno su tutti gli altari del mondo, ove un sacerdote cattolico, in unione alla Chiesa di Cristo, celebra legittimamente la santa messa, memoriale della Pasqua di Morte e Risurrezione di mostro Signore. Attualizzazione dell’evento salvifico, unico ed irripetibile, che è stato celebrato sul Golgota. L’eucaristia in questo senso è il mistero della fede per eccellenza, con il quale annunciamo la morte del Signore, proclamiamo la sua risurrezione, nell’attesa della sua venuta. Un mistero di vicinanza, presenza ed attesa. La liturgia nel suo insieme ci porta al grande mistero della fede. I canti, gli inni eucaristici, le preghiere eucaristiche: tutto ci parla del grande amore di Cristo verso l’umanità, che non ha lasciato sola, ma che l’assiste e fortifica con il pane degli angeli, come ci ricorda la sequenza della solennità odierna: Ecco il pane degli angeli, pane dei pellegrini, vero pane dei figli: non dev’essere gettato. Con i simboli è annunziato, in Isacco dato a morte, nell'agnello della Pasqua, nella manna data ai padri. Buon pastore, vero pane, o Gesù, pietà di noi: nutrici e difendici, portaci ai beni eterni nella terra dei viventi. Tu che tutto sai e puoi, che ci nutri sulla terra, conduci i tuoi fratelli alla tavola del cielo nella gioia dei tuoi santi”.
In questo speciale anno sacerdotale indetto da Papa Benedetto XVI, l’eucaristia è e deve essere riscoperta nella vita di ogni ministro della stessa eucaristia. Senza una vita eucaristica sentita, vissuta, approfondita nell’assidua adorazione del santissimo sacramento dell’altare il sacerdote perde molto della sua vocazione e dà poco alla comunità cristiana. Ecco perché che l’annuale solennità del Corpus Domini è un forte richiamo per fedeli e sacerdoti alla centralità dell’eucaristia nella loro vita.
Questo pane degli Angeli che non deve essere buttato, disprezzato, trascurato, fatto deperire, non consumato nel modo migliore. Forte appello alla partecipazione alla mensa eucaristica con cuore puro e rinnovato, purificato da ogni peccato. Non si può, infatti, accostarsi alla mensa eucaristica senza aver messo a posto i conti sospesi a livello morale e spirituale con il Signore e con i fratelli. Fare la comunione significa entrare pienamente in un rapporto sacramentale con Gesù Cristo e con la Chiesa.
Il sacrificio di Cristo sulla Croce ha un senso solo se comprendiamo che egli è morto per i nostri peccati, per risollevarci dalla condizione della nostra personale schiavitù e soggiacenza alle passioni. L’Apostolo Paolo nel brano della lettera agli Ebrei ci richiama all’attenzione il mistero del Crocifisso: “Fratelli, Cristo è venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, attraverso una tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano d’uomo, cioè non appartenente a questa creazione. Egli entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna. Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsa su quelli che sono contaminati, li santificano purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo – il quale, mosso dallo Spirito eterno, offrì se stesso senza macchia a Dio – purificherà la nostra coscienza dalle opere di morte, perché serviamo al Dio vivente? Per questo egli è mediatore di un’alleanza nuova, perché, essendo intervenuta la sua morte in riscatto delle trasgressioni commesse sotto la prima alleanza, coloro che sono stati chiamati ricevano l’eredità eterna che era stata promessa”.
L’eucaristia è appello continuo alla purificazione. Cristo ci purifica dalle opere morte e che causano morte nel nostro cuore e nel nostro spirito. Senza questo riferimento continuo al cibo eucaristico, noi diventiamo fragile, debilitati, deboli nell’anima ed incapaci di fare il bene e reagire davanti alle avversità della vita.
L’eucaristia è impegno serio nella vita, non ammette compromessi morali, né accomodamenti di sorta. Nel racconto della prima alleanza che Dio stipula con Mosé sul monte Sinai, di cui parla la prima lettura di oggi, tratta dall’Esodo, Israele si impegna ad osservare tutti i comandi del Signore ed accetta di buon grado i dieci comandamenti, frutto dalla carità e dell’amore divino verso l’umanità. “In quei giorni, Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il popolo rispose a una sola voce dicendo: «Tutti i comandamenti che il Signore ha dato, noi li eseguiremo!». Mosè scrisse tutte le parole del Signore. Si alzò di buon mattino ed eresse un altare ai piedi del monte, con dodici stele per le dodici tribù d’Israele. Incaricò alcuni giovani tra gli Israeliti di offrire olocausti e di sacrificare giovenchi come sacrifici di comunione, per il Signore. Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l’altra metà sull’altare. Quindi prese il libro dell’alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: «Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto». Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: «Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!». Tutta la liturgia della consacrazione dell’altare che Mosè erige al Signore, della parola di Dio che legge al popolo convocato per il ringraziamento (eucaristia è rendere grazie, è benedire) è finalizzata all’impegno della vita. Quello che ha detto Dio sarà fatto ed eseguito: è questo il nucleo etico del messaggio eucaristico. Come dire, dopo aver reso grazie, celebrata la messa, partecipata alla mensa eucaristica usciamo per le strade della nostra città, dei nostri quartieri, all’interno delle nostre stesse case, abitazioni e famiglie per vivere quanto abbiamo celebrato in Chiesa. La messa non fine con il saluto conclusivo del sacerdote, inizia proprio in quel momento, in quanto dalla celebrazione si passa alla vita vissuta nella fedeltà assoluta al comandamento del Signore. Ecco perché celebrare l’eucaristia significa andare alle origini di questo sacramento istituito nel giovedì santo, alla vigilia della passione e morte in Croce del Signore. Significa riportarsi idealmente e spiritualmente alla sera del cenacolo, alla vigilia della vera e definitiva Pasqua di Dio con l’umanità, come ci rammenta l’evangelista Marco nel brano del Vangelo di oggi attinente la istituzione dell’eucaristia e del sacerdozio cattolico “Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?».
Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua. Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».
Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
Nasca anche dentro di noi questa intensissima domanda che possiamo rivolgere a Dio in questo nostro momento: Signore dove e come vuoi che io faccia Pasqua con te e con i fratelli? Semplicemente accostandomi a te nel sacramento dell’altare e poi negare il perdono ai fratelli vivere dissolutamente. C’è il rischio di fare dell’eucaristia un’abitudine o addirittura di non sentirne la necessità ed il bisogno interiore se non in rare circostanze, in quanto questo nostro tempo invece di accostarci sempre più all’Onnipotente ci sta allontanando da Lui non riconoscendolo più presente in corpo, sangue, anima e divinità del SS.Sacramento dell’Altare. Concludiamo questa meditazione con la parte introduttiva della sequenza di oggi, meno conosciuta, ma altrettanta ricca di contenuti e spunti: “Pane vivo, che dà vita: questo è tema del tuo canto, oggetto della lode. Veramente fu donato agli apostoli riuniti in fraterna e sacra cena. Lode piena e risonante, gioia nobile e serena sgorghi oggi dallo spirito. Cristo lascia in sua memoria ciò che ha fatto nella cena: noi lo rinnoviamo. Obbedienti al suo comando, consacriamo il pane e il vino, ostia di salvezza. È certezza a noi cristiani: si trasforma il pane in carne, si fa sangue il vino. Tu non vedi, non comprendi, ma la fede ti conferma, oltre la natura. È un segno ciò che appare: nasconde nel mistero realtà sublimi. Mangi carne, bevi sangue; ma rimane Cristo intero in ciascuna specie. Chi ne mangia non lo spezza, né separa, né divide: intatto lo riceve. Siano uno, siano mille, ugualmente lo ricevono: mai è consumato. Vanno i buoni, vanno gli empi; ma diversa ne è la sorte: vita o morte provoca. Vita ai buoni, morte agli empi: nella stessa comunione ben diverso è l’esito!”.
Per tutti noi che aneliamo ogni giorno ad accostarci alla mensa del Signore e praticamente lo faccio unico sia l’esito di questo incontro quotidiano: vita, gioia e risurrezione. Amen

sabato 13 giugno 2009

CONSIGLI PER IL COMBATTIMENTO SPIRITUALE


(Ef 6,10-20)

Per il resto, attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza. Rivestitevi dell'armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti.
Prendete perciò l'armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver superato tutte le prove. State dunque ben fermi, cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia, e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il vangelo della pace. Tenete sempre in mano lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno; prendete anche l'elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio. Pregate inoltre incessantemente con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, vigilando a questo scopo con ogni perseveranza e pregando per tutti i santi, e anche per me, perché quando apro la bocca mi sia data una parola franca, per far conoscere il mistero del vangelo, del quale sono ambasciatore in catene, e io possa annunziarlo con franchezza come è mio dovere.



CONSIGLI SULLA LOTTA SPIRITUALE, RIVELATI A S. FAUSTINA KOWALSKA
( Quaderno n. 6/2 di Suor Faustina )


Figlia Mia, voglio istruirti sulla lotta spirituale


1. Non confidare mai in te stessa, ma affidati completamente alla Mia volontà.

2. Nell'abbandono, nelle tenebre e nei dubbi di ogni genere ricorri a Me ed al tuo direttore spirituale,
che ti risponderà sempre a Mio nome.

3. Non metterti a discutere con nessuna tentazione, chiuditi subito nel Mio Cuore ed alla prima occasione
rivelala al confessore.

4. Metti l'amor proprio all'ultimo posto, in modo che non contamini le tue azioni.

5. Sopporta te stessa con molta pazienza.

6. Non trascurare le mortificazioni interiori.

7. Giustifica sempre dentro di te l'opinione dei superiori e del confessore.

8. Allontanati dai mormoratori come dalla peste.

9. Lascia che gli altri si comportino come vogliono, tu comportati come voglio Io da te.

10. Osserva la regola nella maniera più fedele.

11. Dopo aver ricevuto un dispiacere, pensa a che cosa potresti fare di buono per la persona che ti ha
procurato quella sofferenza.

12. Evita la dissipazione.

13.Taci quando vieni rimproverata.

14. Non domandare il parere di tutti, ma quello del tuo direttore spirituale;
con lui sii sincera e semplice come una bambina.

15. Non scoraggiarti per l'ingratitudine.

16. Non indagare con curiosità sulle strade attraverso le quali ti conduco.

17. Quando la noia e lo sconforto bussano al tuo cuore, fuggi da te Stessa e nasconditi nel Mio Cuore.

18. Non aver paura della lotta; il solo coraggio spesso spaventa le tentazioni che non osano assalirci.

19. Combatti sempre con la profonda convinzione che Io sono accanto a te.

20. Non lasciarti guidare dal sentimento poiché esso non sempre è in tuo potere,
ma tutto il merito sta nella volontà.

21. Sii sempre sottomessa ai superiori anche nelle più piccole cose.

22. Non t'illudo con la pace e le consolazioni; preparati a grandi battaglie.

23. Sappi che attualmente sei sulla scena dove vieni osservata dalla terra e da tutto il cielo;
lotta come un valoroso combattente, in modo che Io possa concederti il premio.

24. Non aver troppa paura, poiché non sei sola

venerdì 12 giugno 2009

LA CHIESA SARA' SEMPRE SOLO SANTA


Tante volte mi capita di ascoltare le persone che negativamente parlano della Chiesa .
Andando a fondo nello loro parole mi rendo poi conto che il loro giudizio non ha niente a che vedere con la Chiesa di Gesu'.
Ci si ferma all'apparenza... tanti mi elencano la cattiva condotta dei Sacerdoti, la richezza del Vaticano etc etc.
Quante volte sento questi giudizi nelle persone che incontro.
La fede e' davvero una grazia preziosa, e parte tutto dal cuore.
Se non apri il cuore e non cerchi il Signore non potrai mai vedere oltre......
oltre l'umana debolezza, oltre il peccato che TUTTI abbiamo in noi.
Ci si dimentica che nella Chiesa, dietro i diffetti che tutti abbiamo c'e' un tabernacolo, che conserva il corpo di Cristo, quella luce, quella presenza che mai smettera di splendere.
A quella luce bisogna guardare, quella luce che aspetta solo il nostro cuore.
Dal nostro cuore parte tutto, da come ci poniamo.
La preghiera fatta con il cuore, ci fara' vedere dentro noi stessi,
ci fara' vedere il nostro peccato e la nostra miseria e ci fara' arrivare a non vedere piu' i peccati degli altri , andra' via da noi il giudizio e entrando in Chiesa guarderemo solo al Signore .
Perche' la Chiesa e' Cristo e Lui solo dobbiamo vedere.
Il sentimento che viene dallo spirito, nei confronti delle anime,
se noi ci decidiamo per il cielo,
non sara' piu' giudicare gli altri e le loro debolezze, ma bensi' pregare per noi e per tutti loro , coscenti che Gesu' e' li' che ci aspetta.
Se andiamo via dalla Chiesa per le persone , per la loro umanita', noi Gesu' non l'abbiamo mai visto,mai voluto veramente incontrare la Sua presenza, ma siamo sempre andati in Chiesa con gli occhi della carne, e quelli del cuore sono sempre stati chiusi.
La preghiera ci insegnera' a essere misericordiosi .
Se vi siete allontanati dalla Chiesa, ripensateci.
Pregate, pregate, pregate,
come la nostra Madre sempre ci ricorda nei suoi messaggi a Medjugorje.
Tornate al Signore, entrate in Chiesa, andate a Tabernacolo, state in silenzio, parlate con il Signore nel vostro cuore, piegate il vostro cuore a Gesu' e “fiumi d'acqua viva sgorgheranno”.
Andate a confessarvi, a lavarvi nella luce e poi cibatevi di Cristo.
Un giorno capiremo la preziosita' di questa possibilita'!
La santissima Vergine possa accompagnarvi tutti.
Nel Suo Rosario troverete conforto, forza e difesa.
Ho dato tutta la mia vita al Signore, mi sono donata al cielo e nella Croce so' che il Signore non ci abbandonera' mai.
Anche io prima avevo tanti dubbi e tante critiche, perche' non ci avevo messo il cuore e cosi' facendo allontanavo la grazia di Dio, che il cielo sempre vuole donarci.
....ma poi succede qualcosa, e tanto dipende dal nostro libero arbitrio;invocate la Madonna!
Cambiate la vostra vita, iniziate un cammino di fede.
solo Gesu' puo' compiere questo miracolo.
Non sono nessuno , ma davvero FIDATEVI DEL CIELO!
Dio aspetta i nostri cuori . Dio ci ama.
LA CHIESA SARA' SEMPRE SOLO SANTA.
Santa giornata

rosellinadiluna
Apostola di Maria


http://ilcuoredelcielo.blogspot.com/2009/06/la-chiesa-e-sempre-e-solo-santa.html

Grazie Rosellinadiluna per la tua testimonianza!

lunedì 8 giugno 2009

IL MENDICANTE SEMPRE FELICE


Tratto dall'Eco di Medjugorje nr.78

Tauler, un devoto sacerdote, ha sempre pregato il Signore di mostrargli la strada più breve per la perfezione e la santità. Ha pregato 8 anni per avere questa grazia e un giorno ha sentito una voce: “Vai fuori e colui che incontri sugli scalini della chiesa, ti può mostrare la strada”. Il sacerdote ha ascoltato e sugli scalini ha trovato un mendicante. Con un po' di stupore ha pensato: “Cosa mi può mostrare questo poveraccio?”. Gli va però incontro e lo saluta dicendo: “Buon giorno”. Il mendicante risponde: “Io ti ringrazio di questo saluto, ma non ricordo quando io non abbia avuto una bella giornata”. Tauler dice: “Allora io desidero che tu sia sempre felice tutti i giorni”. “Io ti ringrazio” risponde l'uomo, “lo non so quando sono stato infelice, perchè sono sempre beato”. Tauler chiede: “Spiegati meglio”. “Io ho sempre buone giornate, perchè accetto tutto ciò che viene dalla Mano di Dio: povertà, fame, disprezzo, tutto, anzi, io lodo Dio, così per me è sempre un buon giorno, perchè un cattivo giorno non porta tristezza ma la nostra impazienza. Io sono felice perchò so che non succede niente che Dio non voglia e ciò che Dio vuole per me è la miglior cosa. lo sono beato perchè la volontà di Dio è la mia felicità, la mia dolcezza. Tutto ciò che Dio fa mi riempie di felicità e per questo io sono mille volte più felice”.

(Ricevuto da P. Petar)

LA VERA ANIMA GEMELLA E' QUELLA CHE HAI SPOSATO


Ecco uno stralcio di una lucida e commovente lettera del grande scrittore cattolico J.R.R. Tolkien sul matrimonio:


Una certa tradizione cavalleresca " – tende tuttora a fare della dama una specie di faro-guida o di divinità (…)". Tale tradizione ( ndr ) " non è completamente vera e non è perfettamente- teocentrica -. Distoglie, o ha distolto in passato, gli occhi del giovane dalle donne così come sono veramente, compagne nelle avversità della vita e non stelle-guida.(…)

Fa dimenticare i desideri, i bisogni, le tentazioni delle donne. Inculca la tesi esagerata dell’- amore vero- come di un fuoco che viene dal di fuori, un’esaltazione permanente, che non prende in considerazione gli anni che passano, i figli che arrivano, la vita di tutti i giorni ed è svincolata dalla volontà e dagli obbiettivi. ( Uno dei risultati è quello di far cercare ai giovani un –amore- che li tenga sempre al caldo, riparati da un mondo freddo, senza che debbano sforzarsi in nessun modo (…) ). (…) E’ un mondo corrotto ( dal peccato originale: ndr ), il nostro, e non c’è armonia tra i nostri corpi, la nostra mente e l’anima..

Tuttavia, la caratteristica di un mondo corrotto è che il meglio non si può ottenere attraverso il puro godimento (…); ma attraverso la rinuncia, la sofferenza. La fede nel matrimonio cristiano implica questo: grande mortificazione. Per un cristiano non c’è alternativa. Il matrimonio può aiutarlo a santificare e a dirigere verso un giusto obbiettivo i suoi impulsi sessuali; la sua grazia può aiutarlo nella battaglia; ma la battaglia resta. Il matrimonio non lo potrà soddisfare (…) ( mai pienamente: ndr )

Queste cose non vengono quasi mai dette – nemmeno a quelle persone cresciute nella fede della Chiesa. (…) Quando l’innamoramento è passato o quando si è un pò spento, ( gli esseri umani:ndr ) pensano di aver fatto un errore e di dover ancora trovare la vera anima gemella. (…) Solo un uomo molto saggio, arrivato al termine della sua vita, potrebbe esprimere un equo giudizio su quale persona, fra tutte, avrebbe fatto meglio a sposare! Quasi tutti i matrimoni, anche quelli felici, sono errori: nel senso che quasi certamente ( in un mondo migliore, o anche in questo, pur se imperfetto, ma con un po’ più di attenzione ) entrambi i partner avrebbero potuto trovare compagni molto più adatti. Ma la vera anima gemella è quella che hai sposato.

(…) Al di là di questa (… ) vita oscura, tanto frustrata, io ti propongo l’unica grande cosa da amare sulla terra: i Santi Sacramenti. (…) Qui tu troverai avventura, gloria, onore, fedeltà e la vera strada per tutto il tuo amore su questa terra (…).

( J. R.R. Tolkien, La realtà in trasparenza, Lettere 1914-1973, a cura di Humphrey Carpenter e Christopher Tolkien, trad. italiana, Bompiani, Milano 2001, pp.56-63, n.43).

venerdì 5 giugno 2009

MEDITAZIONE SULLE FERITE DELLA LINGUA


LO STECCATO

C'era una volta un ragazzo con un brutto carattere.

Suo padre gli diede un sacchetto di chiodi e gli disse di piantarne uno nello steccato del giardino ogni volta che avesse perso la pazienza e litigato con qualcuno.

Il primo giorno il ragazzo piantò 37 chiodi nello steccato.

Nelle settimane seguenti, imparò a controllarsi e il numero di chiodi piantati nello steccato diminuì giorno per giorno: aveva scoperto che era molto più facile controllarsi che piantare chiodi.

Finalmente arrivò un giorno in cui il ragazzo non piantò alcun chiodo nello steccato.

Allora andò dal padre e gli disse che per quel giorno non aveva piantato alcun chiodo.

Il padre allora gli disse di levare un chiodo dallo steccato per ogni giorno in cui non aveva perso la pazienza e litigato con qualcuno.

I giorni passarono e finalmente il ragazzo poté dire al padre che aveva levato tutti i chiodi dallo steccato.

Il padre portò il ragazzo davanti allo steccato e gli disse: "Figlio mio, ti sei comportato bene ma guarda quanti buchi ci sono nello steccato"!

Lo steccato non sarà mai più come prima.

Quando litighi con qualcuno e gli dici qualcosa di brutto, gli lasci una ferita come queste.

Puoi piantare un coltello in un uomo, e poi levarlo, ma rimarrà sempre una ferita. Non importa quante volte ti scuserai, la ferita rimarrà.

Una ferita verbale fa male quanto una fisica.

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L’amicizia è un dono che si riceve nella misura in cui lo si offre!
Ama il prossimo tuo con tutto te stesso e fai il possibile per non lasciare buchi nel tuo "steccato".

IO TUTTO POSSO IN COLUI CHE MI FORTIFICA (Fil. 4,13)



SAN GIUSEPPE MOSCATI, MEDICO E SANTO

La signorina Emilia Pavese, che nell’ospedale era testimone del lavoro intenso di Giuseppe Moscati, un giorno gli chiese da dove attingesse tanta forza. Moscati le rispose con le parole di S.Paolo: "Io tutto posso in Colui che mi conforta" (Fil., 4,13).

"La prolungata preghiera mattutina - scrive il p. Marranzini - quando l’alba gli permette appena d’intravedere dalla sua stanza l’abside e il campanile della chiesa del Gesù Nuovo, è l’inizio di un colloquio che in forma diversa dura ovunque si trovi, per via, in chiesa, nelle corsie dell’ospedale e anche in tram".

Molti di coloro che lo hanno conosciuto lo ricordano in preghiera, inginocchiato dinanzi al SS.Sacramento nella chiesa del Gesù Nuovo o di S.Chiara, particolarmente al mattino, prima di recarsi in ospedale. Così il Dott. Enrico Sica : "quotidianamente riceveva la S. Comunione", e l’avvocato Nicola Mastelloni: "Egli nell’ascolto della S. Messa, nel ricevere la Santa Comunione, nello stare davanti al Santissimo Sacramento dava segni di tanta devozione e raccoglimento di spirito da far trasparire chiaramente il grande amore che nutriva per Dio".

Abbiamo anche due testimonianze di persone che erano molto vicine al Santo, ne conoscevano le abitudini e soprattutto avevano con lui una certa familiarità. La prima è la signorina Emma Picchillo, donna di profonda spiritualità, vissuta per quasi tutta la vita nel Santuario di Pompei e molto vicina a Bartolo Longo.

Nel processo di beatificazione, ha deposto tra l’altro: "Si comunicava, per quanto io sappia, tutti i giorni, e molte volte con grande sacrificio. Difatti visitava infermi anche fuori Napoli, e di ritorno da tali visite, anche in un’ora avanzata, entrava in chiesa e si comunicava. Questo l’ho constatato io per quattro volte nel Santuario di Pompei, al suo ritorno da Amalfi, Salerno, Campobasso, dove si era recato per visitare infermi. In proposito ricordo che mi ha detto: "Quanta dolcezza provo nel comunicarmi ai piedi della Madonna, mi sembra di diventare più piccolo e Le dico le cose come sono".

Il gesuita Giovanni Aromatisi per vari anni era stato amico del prof. Moscati, ne conosceva bene le consuetudini di vita ed era suo consigliere spirituale. Nel processo ha detto che: "Frequentava la nostra chiesa del Gesù. Molte volte ha ascoltato e servito la mia Messa. Il culto del SS. Sacramento, fu il centro di tutta la sua vita. Tutte le volte che mi ha servito la Messa era tale lo sfavillio dei suoi sguardi, guardando l’Eucaristia, che difficilmente i miei occhi potevano sopportarlo; ero costretto ad abbassare gli occhi nel momento della Santa Comunione. Più di una volta a qualche giovane malato di debolezza, prescriveva questa ‘Cura di Eucaristia’, come sorgente di ogni fortezza".
Antonio Tripodoro s.j.

giovedì 4 giugno 2009

CHI NON PREGA NON PUO' SALVARSI!


ecco alcuni stralci tratti dall'opera di Sant'Alfonso "DEL GRAN MEZZO DELLA PREGHIERA" (disponibile per il download gratuito dal sito totustuus.net)

SENZA LA PREGHIERA E’ IMPOSSIBILE RESISTERE ALLE TENTAZIONI E PRATICARE I COMANDAMENTI

[...] E quel che più mi affligge, vedo che i predicatori e confessori poco attendono a parlarne dell'importanza della preghiera ai loro uditori e penitenti; e vedo che anche i libri spirituali, che oggidì corrono per le mani, neppure ne parlano abbastanza. Mentre invece tutti i predicatori, confessori e tutti i libri, non dovrebbero insinuare altra cosa con maggior premura e calore, che questa del pregare. Essi infatti inculcano tanti buoni mezzi alle anime per conservarsi in grazia di Dio: la fuga delle occasioni, la frequenza dei Sacramenti, la resistenza alle tentazioni, il sentir la divina parola, il meditare le Massime eterne, ed altri mezzi (non lo nego) utilissimi: ma a che servono, io dico, le prediche e meditazioni e tutti gli altri mezzi che danno i maestri spirituali senza la preghiera, quando il Signore si è dichiarato che non vuol concedere le grazie se non a chi prega? Chiedete ed otterrete (Gv 16,24).
Senza la preghiera (parlando secondo la Provvidenza ordinaria) resteranno inutili tutte le meditazioni fatte, tutti i nostri propositi, e tutte le nostre promesse. Se non preghiamo saremo sempre infedeli a tutti i lumi ricevuti da Dio, ed a tutte le promesse da noi fatte. La ragione sta qui: che a fare attualmente il bene, a vincere le tentazioni, ad esercitare le virtù, insomma ad osservare i divini precetti non bastano i lumi da noi ricevuti, e le considerazioni e i propositi da noi fatti, ma vi è bisogno di una grazia attuale di Dio; e il Signore questo aiuto attuale (come appresso vedremo) non lo concede, se non a chi prega. I lumi ricevuti, le considerazioni ed i buoni propositi concepiti, servono a stimolarci a pregare nei pericoli e nelle tentazioni per ottenere il divino soccorso, che ci preservi poi dal peccato. Ma se allora non preghiamo, saremo perduti.

[..........]Che poi l’orazione sia l’unico ordinario mezzo per ricevere i divini doni, lo conferma più distintamente San Tommaso, dicendo che il Signore tutte le grazie che ab aeterno ha determinato di donare a noi, vuol donarcele non per altro mezzo che per l’orazione (2, 2.ae, q. 83, 2). E lo stesso scrisse S. Gregorio: Gli uomini pregando meritano di ricevere ciò che Dio avanti i secoli dispone loro di dare (Lib. i. Dial. cap. 8). Non già, dice S. Tommaso, è necessario di pregare, affinché Iddio intenda i nostri bisogni, ma affinché noi intendiamo la necessità, che abbiamo di ricorrere a Dio, per ricevere i soccorsi opportuni per salvarci, e con ciò riconoscerlo per unico autore di tutti i nostri beni (Ibid. ad 1 et 2). Siccome dunque ha stabilito il Signore che noi fossimo provveduti di pane col seminare il grano, e del vino col piantare le viti; così ha voluto che riceviamo le grazie necessarie alla salute per mezzo della preghiera, dicendo: "Chiedete ed otterrete, cercate, e troverete" (Matth. 7,7).
Noi insomma, altro non siamo che poveri mendicanti, i quali tanto abbiamo, quanto ci dona Dio per elemosina. Io per me sono mendico e senza aiuto (Ps. 39,18). Il Signore, dice S. Agostino, bene desidera e vuole dispensare le sue grazie, ma non vuol dispensarle se non a chi le domanda (In Ps. 102). Egli si protesta con dire: Chiedete ed otterrete. Cercate, e vi sarà dato; dunque dice santa Teresa, chi non cerca, non riceve. Siccome l’umore è necessario alle piante per vivere e non seccare, così dice il Crisostomo, è necessaria a noi l’orazione per salvarci. In altro luogo, dice il medesimo santo, che: siccome il corpo senza dell’anima non può vivere, così l’anima senza l’orazione è morta, e manda cattivo odore (De or. D. l. i.). Dice, manda cattivo odore, perché chi lascia di raccomandarsi a Dio, subito comincia a puzzare di peccati. Si chiama anche l’orazione cibo dell’anima perché senza cibo non può sostentarsi il corpo, e senza l’orazione, dice S. Agostino, non può conservarsi in vita l’anima (De sal. doc. c. 28). Tutte queste similitudini che adducono questi santi Padri, denotano l’assoluta necessità, ch’essi insegnano d’esservi in pregare per conseguire la salute.

[.......] Ed infatti come potremmo noi resistere alle forze dei nostri nemici, ed osservare i divini precetti, specialmente dopo il peccato di Adamo, che ci ha resi così deboli ed infermi, se non avessimo il mezzo dell’orazione, per cui possiamo già dal Signore impetrare la luce e la forza bastante per osservarli?

[......] Non possiamo già credere, dice S. Agostino, che il Signore, abbia voluto imporci l’osservanza della legge, e che poi ci abbia imposto una legge impossibile; e perciò dice il Santo, che allorché Dio ci fa conoscere impotenti ad osservare tutti i suoi precetti, egli ci ammonisce a far le cose difficili con l’aiuto maggiore che possiamo impetrare per mezzo della preghiera (Sess. VI, cap. LXIX). Ma perché, dirà taluno, ci ha comandato Dio cose impossibili alle nostre forze? Appunto per questo, dice il Santo, affinché noi attendiamo ad ottenere con l’orazione l’aiuto per fare ciò che non possiamo (De gr. et lib. arb. c. 16). E in altro luogo: La legge fu data affinché domandassimo la grazia; la grazia fu donata, affinché fosse adempita la legge (De sp. et lit. c. 19). La legge non può osservarsi senza la grazia; e Dio a questo fine ha dato la legge, affinché noi sempre lo supplicassimo a donarci la grazia per osservarla. In altro luogo dice: La legge è buona per chi ne usa legittimamente. Che vuol dire dunque servirsi legittimamente della legge? (Serm. 156).
E risponde: riconoscere per mezzo della legge la propria infermità e domandare il divino aiuto onde conseguire la salute (Serm. 156). Dice dunque S. Agostino, che noi dobbiamo servirci della legge, ma a che cosa? a conoscere per mezzo della legge (a noi impossibile) la nostra impotenza ad osservarla, affinché poi impetriamo, col pregare, l’aiuto divino che sana la nostra debolezza.
Lo stesso scrisse S. Bernardo, dicendo: Chi siamo noi, e qual è la nostra forza che possiamo resistere a tante tentazioni? Questo certamente ricercava Iddio che, vedendo noi la nostra debolezza, e che non abbiamo in pronto altro aiuto, ricorressimo con tutta umiltà alla sua misericordia (Serm. v. De Quadrag.). Conosce il Signore, quanto utile sia a noi la necessità di pregare, per conservarci umili e per esercitarci alla confidenza: e perciò permette che ci assaltino nemici insuperabili dalle nostre forze, affinché noi con la preghiera otteniamo dalla sua misericordia l’aiuto a resistere.
Specialmente, si avverta che niuno può resistere alle tentazioni impure della carne, se non si raccomanda a Dio quando è tentato. Questa nemica è sì terribile, che quando ci combatte, quasi ci toglie ogni luce: ci fa scordare di tutte le meditazioni e buoni propositi fatti e ci fa vilipendere ancora le verità della fede, quasi perdere anche il timore dei castighi divini: poiché ella si congiura con l’inclinazione naturale, che con somma violenza ne spinge ai piaceri sensuali. Chi allora non ricorre a Dio, è perduto. L’unica difesa contro questa tentazione è la preghiera; dice S. Gregorio Nisseno: L’orazione è il presidio della pudicizia (De or. Dom. I.). E lo disse prima Salomone: ‘Tosto ch’io seppi come non poteva essere continente se Dio non mel concedeva, io mi presentai al Signore, e lo pregai" (Sap 8,21). La castità è una virtù che non abbiamo forza di osservare se Dio non ce la concede, e Dio non concede questa forza, se non a chi la domanda. Ma chi la domanda certamente l’otterrà.
Pertanto dice S. Tommaso contro Giansenio, che non dobbiamo dire essere a noi impossibile il precetto, poiché quantunque non possiamo noi osservarlo con le nostre forze, lo possiamo nondimeno con l’aiuto divino (1, 2, q. 109, a. 4, ad 2). Né dicasi, che sembra un’ingiustizia il comandare ad uno zoppo che cammini diritto; no, dice S. Agostino, non è ingiustizia, sempre che gli sia dato il modo di trovare rimedio al suo difetto; onde se egli poi segue a zoppicare, la colpa è sua (De perfect. iust. c. III).
Insomma, dice lo stesso santo Dottore, che non saprà mai vivere bene chi non saprà ben pregare (S. 55. in app.). Ed all’incontro, dice S. Francesco d’Assisi, che senza orazione non può sperarsi mai alcun buon frutto in un’anima. A torto dunque si scusano quei peccatori che dicono di non aver forza di resistere alla tentazione. Ma se voi, li rimprovera S. Giacomo, non avete questa forza, perché non la domandate? Voi non l’avete, perché non la cercate (Gc 4,2). Non vi è dubbio, che noi siamo troppo deboli per resistere agli assalti dei nostri nemici, ma è certo ancora, che Dio è fedele, come dice l’Apostolo, e non permette che noi siamo tentati oltre le nostre forze: "Ma fedele è Dio, il quale non permetterà che voi siate tentati oltre il vostro potere, ma darà con la tentazione il profitto, affinché possiate sostenere" (1 Cr 10,13). Commenta Primasio: Con l’aiuto della grazia farà provenire questo, che possiate sopportare la tentazione. Noi siamo deboli, ma Iddio è forte: quando noi gli domandiamo l’aiuto, allora egli ci comunica la sua fortezza, e potremo tutto, come giustamente vi prometteva lo stesso Apostolo dicendo: "Tutte le cose mi sono possibili in Colui che è mio conforto" (Fil 4,13). Non ha scusa dunque, dice S. Giovanni Crisostomo, chi cade perché trascura di pregare, poiché se avesse pregato, non sarebbe restato vinto dai nemici (Serm. De Moyse).

[.....] Tutti i beati, eccettuati i bambini, si sono salvati col pregare. Tutti i dannati si sono perduti per non pregare; se pregavano non si sarebbero perduti. E questa è, e sarà la loro maggiore disperazione nell’inferno, l’aversi potuto salvare con tanta facilità, quant’era il domandare a Dio le di lui grazie, ed ora non essere i miseri più a tempo di domandarle.

[.....] Come il re, dice S. Bonaventura, stimerebbe infedele quel capitano, che trovandosi assediato nella piazza, non gli chiede soccorso; così Dio si stima come tradito da colui, che vedendosi insidiato dalle tentazioni, non ricorre a Lui per aiuto: mentre Egli desidera, e sta aspettando, che gli si domandi, per soccorrere abbondantemente.

[....] Poveri figli miei, dice il Salvatore, che vi trovate combattuti dai nemici, e oppressi dal peso dei vostri peccati, non vi perdete d’animo, ricorrete a me con l’orazione, ed io vi darò la forza di resistere, e darò riparo a tutte le vostre disgrazie (Mt 11,28).
In altro luogo dice per bocca d’Isaia: "Uomini, ricorrete a me, e benché abbiate le coscienze assai macchiate, non lasciate di venire: e vi do licenza anche di riprendermi, per così dire, se mai dopo che sarete a me ricorsi, io non farò con la mia grazia, che diventiate candidi come la neve" (Is 1,18).
Che cos’è la preghiera? "La preghiera, dice il Crisostomo, è un’ancora sicura a chi sta in pericolo di naufragare; è un tesoro immenso di ricchezze a chi è povero; è una medicina efficacissima a chi è infermo; ed è una custodia certa a chi vuol conservarsi in santità" (Hom. De Consubst. cont. Anon.). Che fa la preghiera? La preghiera, dice S. Lorenzo Giustiniani, placa lo sdegno di Dio, che perdona a chi con umiltà lo prega; ottiene la grazia di tutto ciò che si domanda; supera tutte le forze dei nemici: insomma muta gli uomini da ciechi in illuminati, da deboli in forti, da peccatori in santi (De Perfect., c. 12). Chi ha bisogno di luce, la domandi a Dio, e gli sarà data: subito ch’io sono ricorso a Dio, disse Salomone, egli mi ha concesso la sapienza (Sap 7,7). Chi ha bisogno di fortezza, la chieda a Dio, e gli sarà donata: subito ch’io ho aperta bocca a pregare, disse Davide, ho ricevuto da Dio l’aiuto (Sal 118,131). E come mai i santi Martiri acquistarono tanta fortezza da resistere ai tiranni, se non con l’orazione, che ottenne loro il vigore da superare i tormenti, e la morte?
Chi si serve insomma di questa grande arma dell’orazione, dice san Pier Crisologo, non cade in peccato; perde affetto alla terra, entra a dimorare nel Cielo, e comincia sin da questa vita a godere la conversazione di Dio (Serm. 45). Che serve dunque angustiarsi col dire: Chi sa se io sono scritto o no nel libro della vita? Chi sa se Dio mi darà la grazia efficace e la perseveranza? Non vi affannate per niente, dice l’Apostolo, ma in ogni cosa siano manifestate a Dio le vostre richieste per mezzo dell’orazione e delle suppliche unite al rendimento di grazie (Fil 4,6). Che serve, dice l’Apostolo, confondervi in queste angustie e timori? Via, discacciate da voi tutte queste sollecitudini, che ad altro non valgono che a scemarvi la confidenza, e a rendervi più tiepidi e pigri a camminare per la via della salute. Pregate, e cercate sempre, e fate sentire le vostre preghiere a Dio, e ringraziatelo sempre delle promesse che v’ha fatte, di concedervi i doni che bramate, sempre che glieli cerchiate: la grazia efficace, la perseveranza, la salute e tutto quello che desiderate.
Il Signore ci ha posti nella battaglia a combattere con nemici potenti, ma Egli è fedele nelle sue promesse, né sopporta che noi siamo combattuti più di quel che valiamo a resistere (1 Cr 10,13). E’ fedele perché subito soccorre chi l’invoca. Scrive il dotto eminentissimo cardinale Gotti, che il Signore non è già tenuto per altro a darci sempre una grazia che sia uguale alla tentazione, ma è obbligato, quando siamo tentati, e a Lui ricorriamo, di somministrarci per mezzo della grazia che a tutti tiene apparecchiata, ed offre la forza bastante con cui possiamo attualmente resistere alla tentazione (De div. grat. q. 2 d. 5, par. 3). Tutto possiamo col divino aiuto, che si dona a ciascuno che umilmente lo chiede, onde non abbiamo scusa, allorché noi ci lasciamo vincere dalla tentazione. Restiamo vinti solo per nostra colpa, perché non preghiamo. Con l’orazione, scrive S. Agostino, ben si superano tutte le insidie e forze dei nemici (De sal. doc. c, 28).

mercoledì 3 giugno 2009

DONNA, RISCOPRI LA TUA DIGNITA' !


dal sito www.fuocovivo.org

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: "Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio, ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore" (Mt.5,27-28).

Dice San Paolo: "O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Diom e che non appartenete a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo!" (1^Cor.6,19-20).


Oh donna, la moda ti ha svestita quasi del tutto, e non hai più vergogna! Sei convinta, anzi, di esserti aggiornata, di esserti liberata da certi “tabù” fastidiosi. In verità, tu hai semplicemente perduto il fascino più grande che possedevi: quello del pudore!
Rifletti un po’ seriamente…
- Tu affermi che, con le tue nudità, non fai nulla di male.
E perché, allora, i peccati e le violenze sessuali sono spaventosamente aumentati e i costumi morali sono scesi così in basso?
- Tu non hai, quasi mai, intenzione di peccare.
Malgrado questa tua intenzione di non voler peccare, resta il fatto che, con la tua nudità, provochi il maschio.
- Dici di non essere obbligata a preoccuparti di quanto potrà pensare l’uomo.
Ma parli come Caino, al quale non interessava il bene di suo fratello! Tu sei, per natura, così generosa che non sopporteresti che un tuo simile muoia nell’indigenza. Strana pietà la tua! Avverte i bisogni fisici di un corpo e non avverte i bisogni, ben più importanti, dello spirito!
- Ma io voglio essere semplicemente elegante e moderna.
Ma tu non puoi, per essere elegante e moderna, mettere sotto i piedi la legge della tua Fede e il bene spirituale dei tuoi fratelli!
- Ma tutte sono così!…
E non ti accorgi, così dicendo e facendo, di avvilirti profondamente? Vuoi regolarti secondo quanto dicono e fanno gli altri, o secondo la tua coscienza e la legge della tua Fede? Sei così schiava dell’opinione pubblica da temere più un “risolino” ironico che il giudizio di Dio? Ci tieni tanto ad essere libera e indipendente, e ti adatti così pecorilmente ad una tirannia anonima e capricciosa, qual è la moda? E la chiami modernità e libertà la tua?
- Gli uomini si sono oramai abituati anche a certe nudità!…
Lo credi?… Ma anche se così fosse, non ti è lecito profanare il tuo corpo mettendolo in mostra! Ma io ti dico: non ti illudere!… a certe nudità non ci si abitua mai! Quelli che dicono di essersi abituati, molto probabilmente o sono degli… anormali o degli… ipocriti viziosi! Ricordati bene: i casti di corpo e di mente non si abitueranno mai! Le tue nudità, perciò, rischiano sempre di rovinare un fratello!
- Né dire che tu sei molto più modestamente vestita di tante altre…
E’ una illusione credersi a posto solo perché si è meno svestite… Anche quelle che hanno ridotto il vestito a uno straccetto, possono vantarsi di essere più coperte di altre!


Devi ritornare… donna! La donna è un prodigio di generosità, un tesoro di modestia e di pudore, un angelo di conforto. Ma la donna provocante mette in moto i sensi e gli istinti. Ti meravigli, poi, che il maschio ti consideri, spesso, solo femmina?
Torna ad essere donna e cristiana. Vestiti con dignità e modestia… Hai tutto da guadagnare! Sarai spiritualmente più libera e più forte. Sarai anche più apprezzata, più desiderata, più rispettata!


Guai ai genitori che danno scandalo e che permettono ai figli di dare scandalo in società! Guidate i figli con l’esempio e la parola, con la vigilanza e la preghiera, con l’amore e, talvolta, con la verga. La responsabilità maggiore della moda indecente pesa sopra di voi, o perché ne date il triste esempio, o perché la permettete senza rimorso, o perché siete troppo deboli nell’educazione della prole! Questi sono peccati di cui renderete conto alla Giustizia Divina!


“Fuggire le occasioni prossime di peccato”. State attente a non frequentare certi luoghi dove l’indecenza sembra legalizzata: come certe spiagge, discoteche, locali di ritrovo, ecc.


“Tutto il mondo giace sotto il potere del maligno” (1^Gv.5,19). L’opera diabolica penetra dappertutto. Satana gode nel vedere queste donne al suo servizio e già conta di averle nell’Inferno. La Divina Giustizia distrusse le città immorali di Sodoma e Gomorra.
O donne, siate modeste! Non rimanete come strumenti nelle mani di Satana! Operate affinché non si compiano castighi Divini per tali vanità.


“Nudità”. Questa parola indica solo la pelle non coperta, ma vale anche per coloro che indossano vestiti maschili, vestiti trasparenti, aderenti, o che comunque mettono in risalto le forme, le quali hanno effetti rovinosi peggiori dei minivestiti!

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La Donna e' lei fattrice - e primo elemento formativo di tutto

il genere umano. Facile abituarsi, fino a perdere il senso critico,

ma non buoni costumi non portano avanti, traviano e portano

sicura rovina la Società umana anche piu' avanzata.

Visto che tutto sta andando inerzialmente in rovina,

occorre rendersi conto che qualcosa di fondo non va.



Il fascino della donna, sta nelle qualità proprie della Donna

- non nell'emulare il maschio

- non nello svilire il maschio

- non nello sfidare il maschio.


Questo invalso costume - porta solo ad alterare le qualità

positive dell'uomo - solo a produrre lotta tra i sessi.

E la lotta tra i sessi - causa poi infidi comportamenti di

difesa - perdita di identità e caduta di reciproche responsabilità.

Pudore della Donna non c'e' neanche se chiusa fino al collo

in sacco di juta, se la Donna non ha in sé amore

e cura per il suo valore di Donna.

Pregio della Donna - che piu' attrae e piu' suscita ammirazione

e sinceri sentimenti nell'uomo - e' il suo sentirsi e piacersi Donna.

E' nel valersi Donna che nasce spontaneo il Pudore !

La seduzione indecente buttata in faccia all'uomo, solo per un

momento schiavizza l'uomo; ma e' la Donna che a lungo ci perde

e piu' diventa schiava di insane brame.

Perciò la coppia non tiene e non crescono relazioni di fidati sentimenti

- perché ormai non ha piu' fondamentali valori di scambio.

Guardate intorno e guardate dentro le famiglie, il disastro e le sofferenze

gridate da figli innocenti, spesso solo per futili capricci di Donna.

E badate che non dico Madri - pure che abbiano generato dei figli -

perché Madri, veramente Madri, amano per loro stessi i loro figli.

E mai li metterebbero allo sbando con divorzi e separazioni,

solo per futili capricci di donna.

E le conseguenze si moltiplicano senza fine ...

Guardate intorno: la Donna di costume, adesso, e' sicuramente

non piu' nella giusta Dignità. E tira a fondo anche la Dignità

dell'uomo, fidanzato, marito o compagno.

S'intende che ancora Donne valide esistono: fanciulle, compagne

e Madri di famiglia, che sono forza e Benedizione nella Società umana.

Ma oltre non c'e' piu' gioia d'amore, non c'e' piu' fedeltà che tenga,

perché l'uomo si sente defraudato, avvilito, insicuro,

persino nel focolare domestico.

E oltre non c'e' piu' nemmeno la forza della vita.

Guardate e sapete: Casalinghe perfino che guardano soldi del sesso

in mano, con andamento di prostituzione.

Natiche in vista, violenza e perversione vanno bene insieme.

Frivolezza, inaffidabilità della Donna - mortifica

e distrugge la Dignità dell'uomo.

Per amare e farsi amare dall'Uomo, non c'e' piu' la giusta disposizione.

Ma per vendersi il corpo per gioco o soldi in andamento erotico,

c'e' la giusta disposizione.

In piu' tutto sesso malato - e concepimento di bimbi che non nascono

- perché bisogna nascondere, buttare via. Perciò aumenta la sterilità,

ma ne profitta la scienza con inseminazioni artificiali.

Di vere cause anche psicologiche non si parla mai.

Avanti così e la genetica naturale verrà sempre meno - e sempre

piu' figli fatti nascere a forza artificialmente.

Conseguenze di tare ereditarie e sempre piu' basse difese immunitarie,

si vedranno poi...

Ma fenditura di valori verrà a parte con Donne libere e serene che si

piacciono Donne e Madri.

Dio metterà la mano intorno per fare pulizia in questo sordido

andamento.

E al futuro, vi sarà sicuramente una ripresa di valori:

sentimenti veri: piu' responsabilità e piu' validità nella Donna.

Pace. Che Dio scenda Pace e Amore

tra Uomo e Donna

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Aveva profetizzato la piccola veggente di Fatima, la beata Giacinta Marto, nel 1917: 'Verranno certe mode che offenderanno molto Nostro Signore. Le persone che servono Iddio non debbono seguire le mode. La Chiesa non ha mode. Nostro Signore è sempre lo stesso. I peccati che portano più anime all'Inferno sono i peccati impuri. Se gli uomini sapessero che cos'è l'eternità, come farebbero di tutto per cambiare vita!...'


“Desidero che voi tutti, miei carissimi figli spirituali, attacchiate con l’esempio e senza alcun rispetto umano una santa battaglia contro la moda indecente. Dio sarà con voi e vi salverà!… Le donne che cercano la vanità nelle vesti non possono sentirsi mai appartenere a Cristo, e codeste perdono ogni ornamento dell’anima non appena questo idolo entra nei loro cuori. Si guardino da ogni vanità nei loro vestimenti, perché il Signore permette la caduta di queste anime per tali vanità”.
(San Pio da Pietrelcina)

GRAZIA SU GRAZIA E’ UNA DONNA PUDICA, NON SI PUO’ VALUTARE IL PESO DI UN’ANIMA MODESTA (Sir. 26,15)

martedì 2 giugno 2009

ADORNIAMOCI DI PUREZZA E SOBRIETA' NEL VESTIRE


dal sito: gabriella50.wordpress.com

Padre Pio aveva molto a cuore la virtù della purezza, messa, già ai suoi tempi, a dura prova dalle prime minigonne ed abiti scollati e sbracciati. Egli era, infatti, ben consapevole degli effetti nefasti della moda indecente, che induce molte anime ad acconsentire al peccato grave.

San Pio esercitò durante tutta la sua vita la virtù della purezza in grado eroico e, conoscendone il sommo valore per il raggiungimento del Regno dei Cieli, voleva che anche gli altri la conservassero intatta da ogni contaminazione di peccato e la custodissero gelosamente.

Della donna Padre Pio aveva un concetto altissimo e ciò lo spingeva a denunciare tutto ciò che denigrava e sviliva la dignità femminile e che riduceva la donna ad un puro oggetto di piacere, in particolare la moda. Già prima degli anni sessanta, quando ancora non imperava la moda delle minigonne, prevedendo le future tendenze della moda che avrebbero svestito le donne, Padre Pio si preoccupava di instillare in loro l’amore alla modestia e la decenza nel vestire. Esigeva quindi in modo intransigente che le donne fossero vestite decentemente, come conviene a persone timorate di Dio, prendendo come riferimento di condotta la Madonna, insigne modello di purezza immacolata. Il Santo soffrì molto per le mode scandalose, che definiva «un tremendo male» per le anime, perché inducono gli uomini al peccato, ai cattivi pensieri e ai torbidi desideri. Non poteva sopportare che le donne mercificassero il loro corpo vestendo in modo provocante per attirare su di sé l’attenzione maschile.

Padre Pio aveva tanto a cuore il problema della purezza che le norme di condotta cristiana riguardo all’abbigliamento diventarono anche oggetto di lettere ai suoi figli spirituali.

Tra i suoi molti scritti si legge infatti:

«Le donne che cercano la vanità delle vesti non possono mai vestirsi della vita di Gesù Cristo e codeste perdono ogni ornamento dell’anima,non appena entra questo idolo nei loro cuori. Il loro abito, come vuole san Paolo, sia decentemente e modestamente ornato, senza vesti che abbiano sentore di lusso e ostentazione di fasto».

In questo, il Santo del Gargano si riallacciava mirabilmente al messaggio della Madonna di Fatima, che aveva preannunciato alla beata Giacinta, la più piccola dei tre pastorelli, la venuta di mode che avrebbero offeso Nostro Signore.
Tutte le figlie spirituali di Padre Pio seguirono il suo accorato consiglio di allungare l’orlo della gonna fin sotto il ginocchio per controbilanciare il male che facevano le altre donne col portare le minigonne e abiti indecenti. In confessionale, Padre Pio sbatteva molto spesso lo sportello in faccia alle penitenti che si presentavano in abiti disdicevoli alla sacralità del luogo …

Redarguiva con durezza anche quelle donne che, prima di presentarsi a lui, aprivano la cerniera e facevano scendere la gonna perché sembrasse più lunga. Spesso si sentivano frasi simili: «Pagliaccio … », «Vestiti da cristiana!», «Sciagurata, va’ a vestirti!», «Ti segherei le braccia … perché soffriresti di meno di quello che soffriresti in Purgatorio … le carni scoperte bruceranno!»

Un giorno, una signora, per andare a confessarsi da lui, si allungò occasionalmente la gonna, ma il Santo se ne accorse e la mandò via.
Il pomeriggio la stessa signora fu presentata al Padre come una grande benefattrice, ed egli dispiaciuto disse: «E io stamattina ti ho dato il benservito ma sappi, Signora, lo rifarei anche ora». Ma la signora, che aveva imparato la lezione, lo ringraziò amabilmente per la riprensione.

Neppure gli uomini uscirono indenni dalla crociata di Padre Pio sulla decenza nel vestire. Ad un uomo, che era andato a confessarsi da lui in maglietta senza maniche, intimò con una fermezza che non ammetteva repliche: «Vagliò, o ti allunghi le maniche o ti accorci le braccia!»



“Desidero che voi tutti, miei carissimi figli spirituali, attacchiate con l’esempio e senza alcun rispetto umano una santa battaglia contro la moda indecente. Dio sarà con voi e vi salverà! Le donne che cercano la vanità nelle vesti non possono mai appartenere a Cristo, e codeste perdono ogni ornamento dell’anima non appena questo idolo entra nei loro cuori. Si guardino da ogni vanità nei loro vestimenti, perché il Signore permette la caduta di queste anime per tali vanità”.

(San Pio da Pietralcina)

lunedì 1 giugno 2009

GIUGNO, MESE DEDICATO ALLA DEVOZIONE AL SACRO CUORE DI GESU'


dal sito http://www.floscarmeli.org

Una delle devozioni più diffuse tra il popolo cristiano è la devozione al sacro Cuore di Gesù. Non si tratta tuttavia di una devozione fra tante, perché è stata rivestita dalla Chiesa di una dignità tutta particolare e si situa al centro della rivelazione cristiana.

Il documento guida in materia è certamente l'enciclica di Pio XII, Haurietis aquas (Attingerete alle acque) del 15 maggio 1956, testo che andrebbe letto e meditato per intero. Questa devozione - contenuta in germe nella Sacra Scrittura, approfondita dai santi Padri, dai Dottori della Chiesa e dai grandi mistici medioevali - ha avuto un particolare incremento e la sua configurazione odierna in seguito alle apparizioni di Gesù Cristo a santa Margherita Maria Alacoque, nel monastero di Paray-le-Monial, a partire dal 27 dicembre 1673.
Da allora, superate numerose difficoltà teologiche e liturgiche, si è diffusa rapidamente fra tutte le categorie del popolo cristiano, mentre la Chiesa la ha elevata alla dignità liturgica di «solennità». In effetti essa rappresenta il centro della spiritualità cristiana e la chiave di comprensione insieme più semplice e più profonda di tutta quanta la storia della salvezza.
Non è un caso che le apparizioni a santa Margherita Maria si situino nel momento cruciale di affermazione del mondo moderno e che il simbolo del sacro Cuore sia apparso sempre come il più caratteristico in tutti i movimenti di resistenza alle correnti anticristiane della modernità.
Pio XII sottolinea che - nonostante l'importanza di Paray-le-Monial per il suo sviluppo - l'origine della devozione è nella Scrittura. E' lo stesso Gesù che per primo presenta il suo Cuore come fonte di ristoro e di pace: «Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero» (Mt 11,28-30).
In san Giovanni si legge come venne trafitto il Cuore di Cristo, l'uscita da esso del sangue e dell'acqua e il particolarissimo significato simbolico che il quarto evangelista attribuisce al fatto (Gv 19,33-37). Anche nell'Apocalisse Gesù è presentato come un Agnello «ucciso», cioè «trafitto» (cfr. Apoc 5,6; 1,7).
Detto questo le apparizioni a santa Margherita Maria conservano un'importanza eccezionale. Si dovrebbe anzi dire che nella storia della Chiesa nessun'altra comunicazione divina - al di fuori della Bibbia - ha ricevuto tante approvazioni e incoraggiamenti dal magistero della Chiesa come le rivelazioni del Cuore di Cristo a Paray-le-Monial.
In esse sono particolarmente famose «le dodici promesse». Come nella Bibbia, Dio lega il suo intervento a delle «promesse». Se l'Alleanza in Gesù Cristo si è fatta definitiva, essa è tuttavia ancora aperta nella storia, perché continuamente offerta alla libertà dell'uomo, finché dura il tempo in cui si può meritare. Al «vero devoto» del sacro Cuore, cioè a chi è ben convinto di essere, con i propri peccati, colui che ha «trafitto» il Cuore di Gesù e, consapevole del suo amore immenso, vive la propria vita nella prospettiva della riparazione, queste promesse sono di nuovo offerte. E «Dio è fedele» (1 Cor 10,13). Eccole, secondo la prima antica lettura:

Le dodici promesse

1. Darò loro (alle persone devote del mio Cuore) tutte le grazie necessarie al loro stato.
2. Metterò la pace nelle loro famiglie.
3. Le consolerò in tutte le loro afflizioni.
4. Sarò il loro rifugio in vita e soprattutto nella loro morte.
5. Benedirò le loro imprese.
6. I peccatori troveranno misericordia.
7. I tiepidi diventeranno ferventi.
8. I ferventi saliranno presto a grande perfezione.
9. Benedirò il luogo dove l'immagine del mio Cuore sarà esposta e onorata. 10. Darò loro le grazie di toccare i cuori più duri.
11. Le persone che propagano questa devozione avranno il loro nome scritto nel mio Cuore e non sarà mai cancellato.
12. Io prometto nell'eccesso grande di misericordia del mio Cuore che il suo amore onnipotente accorderà a tutti coloro che si comunicheranno il primo venerdì del mese, per nove mesi consecutivi, la grazia della penitenza finale e non morranno in mia disgrazia né senza ricevere i sacramenti e il mio Cuore sarà per essi un asilo sicuro negli ultimi momenti.

domenica 31 maggio 2009

CONSIGLI DI UN BUON PADRE AD UN FIGLIO


dal CAP.4 del libro di Tobia

In quel giorno Tobi si ricordò del denaro che aveva depositato presso Gabael in Rage di Media e pensò: «Ho invocato la morte. Perché dunque non dovrei chiamare mio figlio Tobia e informarlo, prima di morire, di questa somma di denaro?».

Chiamò il figlio e gli disse: «Qualora io muoia, dammi una sepoltura decorosa; onora tua madre e non abbandonarla per tutti i giorni della sua vita; fà ciò che è di suo gradimento e non procurarle nessun motivo di tristezza. Ricordati, figlio, che ha corso tanti pericoli per te, quando eri nel suo seno. Quando morirà, dalle sepoltura presso di me in una medesima tomba.

Ogni giorno, o figlio, ricordati del Signore; non peccare né trasgredire i suoi comandi. Compi opere buone in tutti i giorni della tua vita e non metterti per la strada dell'ingiustizia. Se agirai con rettitudine, riusciranno le tue azioni, come quelle di chiunque pratichi la giustizia.

Dei tuoi beni fà elemosina. Non distogliere mai lo sguardo dal povero, così non si leverà da te lo sguardo di Dio. La tua elemosina sia proporzionata ai beni che possiedi: se hai molto, dà molto; se poco, non esitare a dare secondo quel poco.
Così ti preparerai un bel tesoro per il giorno del bisogno, poiché l'elemosina libera dalla morte e salva dall'andare tra le tenebre. Per tutti quelli che la compiono, l'elemosina è un dono prezioso davanti all'Altissimo.

Guardati, o figlio, da ogni sorta di fornicazione; anzitutto prenditi una moglie dalla stirpe dei tuoi padri e non una donna straniera, che cioè non sia della stirpe di tuo padre, perché noi siamo figli di profeti. Ricordati di Noè, di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, nostri padri fin da principio. Essi sposarono tutti una donna della loro parentela e furono benedetti nei loro figli e la loro discendenza avrà in eredità la terra.

Ama, o figlio, i tuoi fratelli; nel tuo cuore non concepire disprezzo per i tuoi fratelli, figli e figlie del tuo popolo, e tra di loro scegliti la moglie. L'orgoglio infatti è causa di rovina e di grande inquietudine. Nella pigrizia vi è povertà e miseria, perché l'ignavia è madre della fame.

Non rimandare la paga di chi lavora per te, ma a lui consegnala subito; se così avrai servito Dio, ti sarà data la ricompensa. Poni attenzione, o figlio, in quanto fai e sii ben educato in ogni tuo comportamento. Non fare a nessuno ciò che non piace a te. Non bere vino fino all'ebbrezza e non avere per compagna del tuo viaggio l'ubriachezza.

Dà il tuo pane a chi ha fame e fà parte dei tuoi vestiti agli ignudi. Dà in elemosina quanto ti sopravanza e il tuo occhio non guardi con malevolenza, quando fai l'elemosina. Versa il tuo vino e deponi il tuo pane sulla tomba dei giusti, non darne invece ai peccatori.

Chiedi il parere ad ogni persona che sia saggia e non disprezzare nessun buon consiglio.

In ogni circostanza benedici il Signore e domanda che ti sia guida nelle tue vie e che i tuoi sentieri e i tuoi desideri giungano a buon fine, poiché nessun popolo possiede la saggezza, ma è il Signore che elargisce ogni bene. Il Signore esalta o umilia chi vuole fino nella regione sotterranea. Infine, o figlio, conserva nella mente questi comandamenti, non lasciare che si cancellino dal tuo cuore.

Ora, figlio, ti faccio sapere che ho depositato dieci talenti d'argento presso Gabael figlio di Gabri, a Rage di Media. Non temere se siamo diventati poveri. Tu avrai una grande ricchezza se avrai il timor di Dio, se rifuggirai da ogni peccato e farai ciò che piace al Signore Dio tuo».

venerdì 29 maggio 2009

IL VATICANO APPROVA LE CELLULE PARROCCHIALI DI EVANGELIZZAZIONE



Il decreto pontificio verrà diffuso ufficialmente il 29 maggio

ROMA, giovedì, 28 maggio 2009 (ZENIT.org).- Il Pontificio Consiglio per i Laici ha deciso di procedere al riconoscimento del sistema delle cellule parrocchiali di evangelizzazione, introdotto in Europa, a Milano, poco più di vent’anni fa (1988) e oggi assai diffuso nel mondo.


Il Consiglio vaticano ha chiesto al sacerdote Pigi Perini, presidente dell’organismo internazionale delle cellule, di assicurare la perennità di questo metodo di evangelizzazione. Il decreto di riconoscimento verrà diffuso ufficialmente il 29 maggio. E’ il riconoscimento non di un movimento, ma di un servizio.

Ogni anno da circa venti, viene organizzato a Milano un seminario internazionale di presentazione del sistema delle cellule parrocchiali di evangelizzazione. Quest’anno avrà luogo dal 3 al 7 giugno.

ZENIT ha parlato con padre Arnaud Adrien, responsabile francofono delle cellule, sull’origine di questo metodo.

“C’è un grande impulso evangelizzatore in tutto il mondo che tocca ogni confessione – ha spiegato –. Soprattutto la corrente evangelica, che è estremamente missionaria. In Corea, con un pastore di nome Paul Yonggi Cho, è nata una formula, un metodo di evangelizzazione, le cellule di casa. Un sacerdote statunitense, padre Michael Eivers, in qualche modo ha ‘cattolicizzato’ il metodo e lo ha importato con successo nella propria parrocchia”.

“Nel 1987 padre Pigi, parroco di Sant’Eustorgio a Milano, è andato a visitare questa parrocchia su consiglio di alcuni amici: ha trovato una parrocchia infiammata e si è subito convertito a quel metodo. Ha organizzato sessioni di formazione che hanno avuto ripercussioni in tutto il mondo. Il Pontificio Consiglio per i Laici si è reso conto che questo metodo era fecondo per le parrocchie dei cinque continenti e ha proposto a padre Pigi di creare un organismo internazionale perché dopo di lui questa grazia possa continuare a servire la Chiesa”.

Padre Adrien attribuisce il successo di queste cellule “alla necessità di avere un metodo per tradurre in fatti questo desiderio di evangelizzazione che Giovanni Paolo II ha impresso alla Chiesa. Partendo dalla Evangelii nuntiandi di Paolo VI, tutta una corrente di evangelizzazione ha irrigato la Chiesa. Per i parroci che non hanno un nuovo movimento a sostenerli, le cellule diventano una possibilità di trasformare la pastorale ordinaria in pastorale missionaria, ed è proprio questo l’aspetto attraente del metodo delle cellule: la possibilità di continuare la pastorale ordinaria facendone una missionaria”.

Padre Adrien spiega in cosa consiste concretamente: “E’ un metodo molto semplice che non richiede enormi capacità. Di fatto, il parroco forma la sua parrocchia per l’evangelizzazione. Utilizzando il testo della Evangelii nuntiandi, prendendo tempo per studiare e dando così una coscienza missionaria a tutti. Giovanni Paolo II diceva che ogni comunità cristiana che non è missionaria non è nemmeno una comunità cristiana”.

Per questo, aggiunge il sacerdote, “il parroco deve infondere nello spirito dei suoi parrocchiani questo desiderio di evangelizzazione che fa parte della nostra grazia battesimale. Inviterà ogni parrocchiano a far parte di una piccola fraternità. La chiamerà cellula. Perché? Perché le cellule di un corpo che cresce diventano complesse, si moltiplicano e permettono la crescita del corpo. Inviterà quindi a costituire cellule di una decina di persone. Formerà i leader che formeranno i loro co-leader. Ogni parrocchiano sarà chiamato a servire le persone intorno a lui. In termini tecnici si parla di oïkos, cioè la gente che ci circonda: parenti, amici, colleghi di lavoro. Assumerà rispetto a loro l’atteggiamento di servizio che Gesù ha avuto lavando i piedi ai suoi discepoli. Li inviterà a venire alla cellula e quando questa sarà molto grande si moltiplicherà. E’ molto semplice”.

In questo modo, indica padre Adrien, “il corpo della parrocchia può crescere e arrivare ai non praticanti. Perché le cellule sono costituite in realtà dai non praticanti, da quelli che sono lontani dalla Chiesa. E’ un metodo molto semplice. Voglio insistere su questo perché ogni sacerdote possa dire: ‘E’ un buon metodo per la mia parrocchia’”.

Come può aiutare questo metodo a risvegliare le parrocchie, a riempire le chiese? “Restituendo una coscienza missionaria a ogni parrocchiano – sostiene padre Adrien –. Questa è la prima cosa. Non è molto difficile perché oggi i cristiani sentono che bisogna risvegliarsi ed evangelizzare, altrimenti saranno altri a toccare quanti cercano un senso per la propria vita. Quando un parroco si mobilita davvero, i parrocchiani lo seguono volentieri”.

Padre Adrien ha constatato con sorpresa, quando era parroco a Sanary-sur-Mer (Francia), “che la gente veniva di più, iniziava a tornare in chiesa, e la chiesa si riempiva. Ogni settimana c’era un numero crescente di partecipanti alla Messa”.

“Questo metodo permette anche di risolvere certe tensioni molto forti in questo momento nella Chiesa, come ad esempio la questione dei divorziati risposati. Grazie all’esistenza di una comunità fraterna costituita da cellule, vedevo con gioia e sorpresa i divorziati risposati venire a Messa anche durante la settimana, senza comunicarsi a livello sacramentale ma comunicando davvero, in modo diverso”.

Per il sacerdote il riconoscimento della Chiesa avrà un impatto esterno e interno: “esterno perché quanti contestavano la validità di questo metodo per le sue origini evangeliche non potranno più farlo. Di fatto, Roma riconosce il metodo come giusto e gli dà un’etichetta di cattolicità incontestabile. Questo timore quindi si perde. E questo è molto importante”.

“A livello interno, ci aprirà necessariamente al mondo intero – ha aggiunto –. Visto che Roma afferma che è un metodo utile per la Chiesa universale, non ci possiamo occupare solo della nostra parrocchia. Il Concilio Vaticano II, nel Presbyterum ordinis, dice che ogni sacerdote deve avere cura di tutte le Chiese. Non è solo la cura dei Vescovi. Spetta a ogni sacerdote assumere, come Paolo, la cura di tutte le Chiese. E’ quindi necessario che ogni parroco comprenda di avere una responsabilità di fronte alle altre parrocchie e agli altri Paesi. Questo riconoscimento della Chiesa ci invia. Riceviamo un mandato per proporre alle Chiese locali che lo desiderano questa forma di evangelizzazione”.

Il riconoscimento del Pontificio Consiglio per i Laici, ricorda un comunicato della parrocchia milanese di Sant’Eustorgio inviato a ZENIT, “avviene al termine di un processo intrapreso spontaneamente dal dicastero vaticano ed esprime la volontà della Chiesa di veder proseguire questo metodo, confermando inoltre la cattolicità e la validità pastorale di una proposta in grado di rinnovare profondamente in senso missionario le comunità parrocchiali”.

“Da gigante addormentato a parrocchia in fiamme”: questa è la promessa del sistema delle cellule, oggi oltre 4.300 in tutto il mondo.

giovedì 28 maggio 2009

S.ALFONSO MARIA DE LIGUORI: L'IMPORTANZA DELLA PREGHIERA


Chi prega, certamente si salva; chi non prega certamente si danna. Tutti i beati, eccettuati i bambini, si sono salvati col pregare. Tutti i dannati si sono perduti per non pregare; se pregavano non si sarebbero perduti. E questa è, e sarà la loro maggiore disperazione nell’inferno, l’aversi potuto salvare con tanta facilità, quant’era il domandare a Dio le di lui grazie, ed ora non essere i miseri più a tempo di domandarle

Dal libro "DEL GRAN MEZZO DELLA PREGHIERA" - S. Alfonso Maria De' Liguori
scaricabile dal forum http://www.totustuus.net

martedì 26 maggio 2009

SATANA E LA CONFESSIONE


Una volta un sacerdote ha detto: "Il sacramento più inviso a satana non è, come si potrebbe credere, l'Eucarestia, bensì la confessione". Questa a ben vedere è un 'affermazione assai acuta, che merita di essere seriamente meditata. In effetti, una comunione in stato di peccato grave non solo non è di ostacolo a satana, ma anzi rischia di fare il suo gioco dal momento che si tratta di un atto sacrilego (fermo restando ovviamente che solo Dio può conoscere il livello di consapevolezza e consenso al peccato nelle singole persone).

E' utile a tale proposito riflettere sul modo in cui il Nemico si rapporta alla Confessione: essendo essa una delle più efficaci armi a nostra disposizione, scopo tattico del nemico è scovare e disinnescare le armi di cui dispone l'esercito avversario; secondariamente, qualora non riuscisse a togliere l'arma tenterà di rendere il suo uso il meno possibile efficace.

Satana infatti dapprima insinua che il peccato non è in fondo peccato e che quindi non è necessario confessare certi atti ("fanno tutti così", "Dio è Misericordioso" ecc). Nel caso in cui il peccatore provi un desiderio irresistibile di confessarsi allora lo sobillerà a credere che si magari in astratto sarebbe peccato però non lo è nel suo caso specifico in quanto ci sarebbero motivi che lo giustificano (e il peccatore si sprofonda in tortuosi pensieri auto-giustificativi ai quali finisce per accondiscendere anche se al contempo ne percepisce l'artificiosità). Ma può (per grazia di Dio) accadere che il rimorso sia tale che il peccatore non resiste più e finalmente riesce a confessarsi. E' un colpo duro per satana, ma si arrenderà egli a questo punto? assolutamente no. Se prima cercava di impedire di avvicinarsi al confessionale ora tenterà la strada opposta: insinuerà dubbi sulla validità delle confessioni fatte ("ma veramente mi sono confessato bene?" "ma il confessore avrà veramente capito quel che gli ho detto, sarà valida l'assoluzione ricevuta?" ecc.). Così mentre prima spingeva al lassismo e ad un abuso della Divina Misericordia che la separava dalla Giustizia, ora al contrario tenta di spingere alla disperazione della salvezza che può sfociare nella sfiducia (e quindi di fatto nel rifiuto come cosa impossibile) della Divina Misericordia...

Vigilare dunque e stare sempre accorti: il Nemico soffre d'insonnia...

Dal forum di TotusTuus

lunedì 25 maggio 2009

IL ROSARIO, BENEDETTA MONOTONIA DI AVEMARIE


DAGLI SCRITTI DI JOSEMARIA ESCRIVA':

“Benedetta monotonia di avemarie!”
Capisco che ogni Avemaria, ogni saluto alla Vergine, è un nuovo palpito di un cuore innamorato.
(Forgia, 615)


«Vergine Immacolata, so bene di essere un povero miserabile, che non fa altro che aumentare tutti i giorni il numero dei propri peccati...». Mi hai detto che parlavi così con nostra Madre, l'altro giorno.
E ti ho consigliato, con sicurezza, di recitare il Santo Rosario: benedetta monotonia di avemarie che purifica la monotonia dei tuoi peccati!
(Solco, 475)


Il Rosario non lo si recita solo con le labbra, biascicando una dietro l'altra le avemarie. Questo è il borbottìo delle bigotte e dei bigotti. Per un cristiano, l'orazione vocale deve radicarsi nel cuore, in modo che, durante la recita del Rosario, la mente possa addentrarsi nella contemplazione di ciascuno dei misteri. (Solco, 477)


Rimandi sempre il Rosario a più tardi, e finisci per ometterlo a motivo del sonno. Se non disponi di altri momenti, recitalo per la strada e senza che nessuno se ne accorga. Per di più, ti aiuterà ad avere presenza di Dio. (Solco, 478)

CON I PIEDI PER TERRA E GLI OCCHI VERSO IL CIELO


Permalink: http://www.zenit.org/article-11535?l=italian

La bellezza del cristianesimo, secondo Benedetto XVI


“Con i piedi per terra e gli occhi verso il cielo”, afferma


CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 25 luglio 2007 (ZENIT.org).- Il segreto della bellezza del cristianesimo sta nell’apprezzare anche le cose umane, incluso il gioco, perché viviamo “con i piedi per terra e gli occhi verso il cielo”, spiega Benedetto XVI.

“Sarei contro una alternativa o giocare al pallone o studiare la Sacra Scrittura o il Diritto Canonico.
Facciamo ambedue le cose”, ha detto martedì ai 400 sacerdoti che hanno partecipato all’incontro del Papa con il clero di Belluno-Feltre e Treviso.

Uno di loro ha raccontato al Papa la rigidità dei suoi superiori ai tempi del seminario, che lo rimproveravano perché “a me piaceva più giocare al pallone che fare l’adorazione eucaristica”.

“Ma avvicinare l’uomo a Dio e Dio all’uomo non passa soprattutto attraverso quanto chiamiamo umanità che è irrinunciabile, anche per noi preti?”, ha chiesto al Papa il presbitero.

“Non possiamo sempre vivere nella meditazione alta, forse un Santo nell’ultimo gradino del suo cammino terrestre può arrivare a questo punto, ma normalmente viviamo con i piedi per terra e gli occhi verso il cielo”, ha spiegato il Vescovo di Roma.

“Ambedue le cose ci sono date dal Signore e quindi amare le cose umane, amare le bellezze della sua terra non solo è molto umano, ma è anche molto cristiano e proprio cattolico”.

“Ad una pastorale buona e realmente cattolica appartiene anche questo aspetto: vivere nell’et et; vivere l’umanità e l’umanesimo dell’uomo, tutti i doni che il Signore ci ha dato e che abbiamo sviluppato e, nello stesso tempo, non dimenticare Dio, perché alla fine la luce grande viene da Dio e soltanto da Lui viene poi la luce che dà gioia a tutti questi aspetti delle cose che ci sono”, ha osservato.

“Quindi vorrei semplicemente impegnarmi per la grande sintesi cattolica, per questo et et; essere veramente uomo ed ognuno secondo i suoi doni e secondo il suo carisma amare la terra e le belle cose che il Signore ci ha dato, ma essere anche grati perché sulla terra splende la luce di Dio, che dà splendore e bellezza a tutto il resto”.

“Viviamo in questo senso gioiosamente la cattolicità. Questa sarebbe la mia risposta”, ha riconosciuto il Papa suscitando l’unico applauso dell’incontro.

sabato 23 maggio 2009

MARIA, MADRE DI MISERICORDIA, RIFUGIO DEI PECCATORI


Nella vita del Beato Erolto si narra di un uomo che viveva abitualmente in disgrazia di Dio. La pia moglie, non riuscendo a fargli abbandonare la sua vita di peccato, lo supplicò di recitare almeno 1 Ave Maria ogni volta che fosse passato davanti ad un'immagine della Vergine Santa. Seguendo il buon consiglio della moglie, il marito cominciò a praticare questa devozione. Ma una notte, nella quale si stava recando nei soliti luoghi viziosi e malfamati, notò una piccola luce: si accorse allora di una lampada che ardeva davanti ad un'immagine della Madonna che teneva in braccio Gesù Bambino. Mantenendo la promessa fatta alla moglie, recitò come di consueto l'Ave Maria. Ad un tratto vide il Bambin Gesù ricoperto di piaghe grondandi sangue. A quella vista, il pover'uomo cominciò a piangere i suoi peccati, e poichè il Divino Infante gli voltava le spalle, invocò subito la Madonna, Madre di Misericordia, affinchè si fosse degnata di aiutarlo. Ella rispose: "Voi peccatori mi chiamate Madre di Misericordia, ma poi non smettete di farmi Madri di Miseria, rinnovando a mio Figlio la Passione e a me i miei dolori".
Tuttavia, la Divina Madre si rivolse al suo diletto Figlio per impetrare il perdono a quel peccatore pentito.
Ma il Signore non voleva concedere questa grazia; allora la Madonna, prostratasi ai suoi piedi, implorò ancora misericordia per quell'uomo, affermando che non se ne sarebbe andata via fino a che non l'avesse esaudita.
Per amore della Sua Santissima Madre, il Bambin Gesù perdonò quell'uomo, concedendogli la grazia inestimabile di baciare le sue Santissime Piaghe e di stringerlo in tenerissimo abbraccio.
Da quel giorno il peccatore condusse una vita santa, soprattutto di filiale amore e devozione alla Madonna, sua Celeste Salvatrice

Nei bisogni gettatevi nelle braccia di Maria Santissima, ricorrete a Lei come ad una Madre misericordiosa, poi non vi inquietate, non vi perdete d'animo, ma fidatevi di Lei (San Paolo della Croce)

ACCETTARE LE SOFFERENZE CHE CI CAPITANO PER AMORE DI GESU


Una volta Santa Maria Francesca delle Cinque Piaghe si trovava gravemente ammalata: dolori acutissimi le tormentavano il povero corpo, già tanto provato dalle astinenze e dai digiuni e, a causa della febbre alta, le sembrava che un fuoco inestinguibile e crudele le bruciasse la fronte; non vi era un momento in cui il dolore la lasciasse in pace.
Ad un certo momento, sfinita dalla sofferenza, d'addormetò di un sonno profondo. Fece allora un sogno che le sembrò una visione: vide intorno a sè una campagna deserta, ricoperta di molta neve che continuava a cadere. Girò intorno lo sguardo: nessuno. Scorse soltanto lontano una capanna tutta coperta di neve, da cui usciva un piccolo raggio di luce. Avvicinatasi al misero tugurio, la Santa si fermò sulla soglia, senza entrare. Guardando all'interno della capanna, vide la Vergine Santissima, tutta splendente di luce, che vegliava accanto ad una culla dov'era Gesù Bambino. La Santa ebbe poi un sussulto, vedendo che la piccola culla ove giaceva il Figlio di Dio era formata di spine; pregò allora Gesù Bambino di non muoversi, per non pungersi con quelle spine acutissime. Poi, ricordandosi delle sofferenze che stava patendo in quei giorni, rivolta alla Madonna disse: "Che male ho fatto io, per vedermi così abbandonata dal vostro Santissimo Figlio?". Dalla sua culla fatta di spine, Gesù le rispose: "Ed io, che male ho fatto per essere così tormentato? Solo l'amore per le anime mi ha ridotto in questo miserabile stato! Eppure io non mi lamento...., perchè tu allora ti rammarichi tanto per il tuo soffrire?".
A queste parole del Bimbo Gesù, Francesca decise di sopportare con più umile ed amorosa rassegnazione le sue sofferenze.

mercoledì 20 maggio 2009

NASCE POPE2YOU, NUOVO PORTALE VATICANO


Sul web dal 21 maggio "Pope2you", il nuovo portale vaticano dedicato alla "generazione digitale". Ne parla mons. Claudio Maria Celli

Si chiama "Pope2you" la nuova finestra sul web dedicata ai giovani e curata dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. Il micro-portale verrà inaugurato dopodomani ed è stato preparato in vista della 43.ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali di domenica prossima. Gli obiettivi di questa iniziativa sono stati spiegati ai giornalisti dal presidente del dicastero pontificio, l'arcivescovo Claudio Maria Celli. La collega Philippa Hitchen ha raccolto le sue parole:
“E’ un sito che abbiamo preparato in occasione della 43.ma Giornata mondiale delle comunicazioni, che sarà celebrata il 24 maggio. Volevamo che fosse un sito rivolto ai giovani e lo vedete subito dalla grafica iniziale: il Papa, i giovani. Credo che questo sia un primo tentativo valido di un sito che si rivolge ai giovani e cerca di avere con i giovani un dialogo ricco, gradevole, aperto, cordiale. E questo perché il tema quest’anno della Giornata mondiale delle comunicazioni sociali è proprio “Nuove tecnologie, nuove relazioni” e il Papa ci invita a promuovere una cultura di dialogo, di rispetto, di amicizia. Quindi, abbiamo desiderato che in questo sito ci fosse tutto questo e volevamo che fosse un sito capace di dialogare, capace di essere propositivo e, quindi, vicino alla cultura giovanile di questa "generazione digitale", così come il Santo Padre la chiama. Il sito si muove in cinque lingue, si rivolge a giovani di lingua italiana, inglese, spagnola, francese e tedesca. La prima parte, quella che per noi di profondo significato, è la presentazione del messaggio. Dal prossimo giovedì mattina, il sito sarà accessibile a tutti. Dopo questa breve presentazione, c’è il testo del messaggio. Il sito è frutto di una grande cooperazione con l’Ufficio delle Comunicazioni sociali della Conferenza episcopale italiana, il Centro televisivo vaticano, la Radio Vaticana, H2O News, e con coloro che tecnicamente lo hanno realizzato”. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

martedì 19 maggio 2009

NON SI PUO' SERVIRE A DUE PADRONI


La donna nemica di satana.“NON SI PUO' SERVIRE A DUE PADRONI” - Eco di Medjugorje nr.78

Fin da quando tentò i progenitori, la volontà di satana si manifestata nella sua interezza e tale resta anche oggi: è diretta a staccarci da Dio facendoci ribellare alla Sua Parola. Il desiderio di satana è di distruggere il Piano divino, che è un Piano di pace, di amore, di felicità. E la nemica di satana, la Vergine Immacolata, si presenta subito come l'umile ancella che obbedisce a Dio, che ci ottiene il Salvatore, che desidera ricondurci sulle vie della pace.

A questi concetti si ispirano i riferimenti a satana contenuti negli ultimi messaggi. “Decidetevi completamente per Dio e non permettete a satana di entrare nella vostra vita attraverso quelle cose che danneggiano voi e la vostra vita spirituale” (25.2.90) Tante volte la Madonna ci ha ricordato che non si può servire a due padroni. Decidersi completamente per Dio significa rinnovare ogni momento quella scelta radicale che abbiamo fatto con i voti battesimali. La rinuncia a satana esprime la volontà di escludere il demonio dalle decisioni quotidiane, osservando fedelmente le parole di Dio, poiché ogni danno vero ci deriva dai disobbedire a Dio, e pregando incessantemente per alimentare la nostra unione con il Signore.

“Desidero proteggervi da tutto ciò che satana vi offre e attraverso cui vi vuole distruggere” (25.3.90). Satana ha tanto da offrirci, specie per soddisfare le tre grandi concupiscienze: l'orgoglio del potere, le soddisfazioni delle ricchezze, i piaceri della carne. E chi abbocca a queste tentazioni resta distrutto, perché frutti che ricava alla fine sono: la corruzione della carne e la dannazione dell'anima, come espressamente ci ricorda S.Paolo Eppure molti cedono, ed è per questo libero consenso dell uomo che “satana è forte e cerca di distruggervi e di ingannarvi in molti modi” (25.9.90). Il demonio è pericoloso perché noi non vigiliamo “forti nella fede”, come ci ammonisce S.Pietro; se noi gli resistessimo, “satana fuggirebbe via da noi”, come afferma S.Giacomo.
Anche a Medjugorje la lotta tra il demonio e la Vergine è in atto con tutta la sua violenza. “Satana tenta di distruggere i miei progetti e di ostacolare i piani che il Padre Celeste desidera realizzare qui (25.9.90). Ecco perché le apparizioni continuano e perché continuano i messaggi. Il Padre Celeste ha un piano di pace che non è stato ancora realizzato interamente; lo attua per mezzo della Regina della Pace. Ma c'è satana che si è scatenato: “Satana e forte e con tutta la sua forza desidera distruggere la pace che viene da Dio... lo desidero aiutarvi e condurvi sulla via della pace (25.10.90).

Questo messaggio di fine ottobre pone bene in luce i due desideri: quello di satana e quello di Maria. Satana desidera distruggere la pace; Maria desidera portarci alla pace. A queste scopo ci invita a vivere i messaggi della pace. Credo che, con questa frase finale, la Vergine intenda riferirsi a tutti i messaggi che ha dato a Medjugorje (preghiera, eucarestia, rosario, digiuno. conversione, confessione, lettura della Bibbia...). Sono tutti messaggi di pace perché portano a vivere nella volontà di Dio. Ed è in questo che sta la pace; non cerchiamola altrove perchè cercheremmo invano.

Don Gabriele Amorth


http://www.medjugorje.altervista.org/doc/pamorth/padroni.html