sabato 11 aprile 2009

SANTA GEMMA GALGANI, LA GIOVANE STIMMATIZZATA



Gemma Galgani nasce il 12 marzo 1878 a Bogonuovo di Camigliano (Lucca).
Il giorno dopo viene battezzata. Della piccola, il parroco di Gragnano, ebbe a dire: «Le gemme sono in paradiso. Speriamo che anche questa bambina sia una Gemma di paradiso».
Il 26 maggio 1885, nella chiesa di San Michele in Foro, l’arcivescovo di Lucca somministra a Gemma la Cresima. Durante la messa, «a un tratto una voce nel cuore mi disse: "Mi vuoi dare a me la mamma? Me la dai volentieri?". Fui costretta a rispondere di sì». Mamma Aurelia morirà nel settembre dell’anno successivo. La piccola Gemma entra precocemente nella scuola del dolore.
Un altro grande dolore fu per la giovane la morte del fratello Gino, seminarista, avvenuta nel 1894, ad appena 18 anni.
Durante il 1895 e l'anno seguente, Gemma riceve varie ispirazioni a seguire con più impegno e decisione la via della croce, itinerario di ogni autentico discepolo di Cristo. «In me sentivo crescere una brama di amare tanto Gesù crocifisso, e insieme a questo una brama di patire e aiutare Gesù nei suoi dolori».
Per la prima volta le aapare un angelo, che in seguito riconosce come il suo Angelo Custode: le ricorda quali sono i veri monili «che abbellano una sposa di un Re crocifisso», ossia le spine e la croce.
Dopo la morte di Enrico Galgani, padre di Gemma, l’11 novembre 1897, le tristi condizioni della famiglia, la portano ad un trasferimento della casa di Via S. Giorgio, a quella di Via del Biscione 13 (oggi Via S. Gemma 23). Gemma, in questo periodo, è presso la zia di Camaiore che l’aveva voluta con sé dopo la morte del babbo.
Nell’autunno 1899 Gemma si ammala gravemente e ritorna in famiglia. I mesi invernali segnano grandi sofferenze per tutti: le ristrettezze economiche si fanno sentire penosamente, e la famiglia è tuttora numerosa: oltre alle due zie Elisa ed Elena, vi sono i fratelli di Gemma, Guido, Ettore e Tonino, e le sorelle Angelina e Giulietta. Guido, il maggiore, studia a Pisa e, dopo la laurea in farmacia, cerca di aiutare la famiglia lavorando presso l’ospedale di Lucca. Anche Tonino studia a Pisa con sacrificio di tutti.

E’ in questo tempo che Gemma, ammalata, legge la biografia del ven. Gabriele dell’Addolorata (ora santo), Passionista, che le appare per confortarla. La sera dell’8 dicembre, festa dell’Immacolata, Gemma fa voto di verginità, e nella notte seguente il ven. Gabriele le appare e la chiama «sorella mia», porgendole a baciare il «segno» dei Passionisti e posandoglielo sul petto. Nel gennaio, la malattia di Gemma si aggrava: è osteite delle vertebre lombari, con ascesso agli inguini e paralisi alle gambe. A nulla giovano due bottoni di fuoco applicati, secondo la terapia del tempo, ai reni. Il 28 gennaio si manifesta anche un’otite purulenta con partecipazione della mastoide.
In questi giorni, Guido si trasferisce a Bagni di San Giuliano dove ha ottenuto una farmacia.
Oltre al ven. Gabriele, anche l’Angelo custode conforta Gemma e l’ammonisce: «Se Gesù ti affligge nel corpo, fa per sempre più purificarti nello spirito». Ma anche il demonio le si avvicina per affliggerla con tentazioni. Gemma ne esce vittoriosa invocando l’aiuto del ven. Gabriele che ella considera ormai come fratello spirituale.
Il 2 febbraio l’ammalata è gravissima e i medici avvertono che non passerà la notte. Ma Gemma non muore e i giorni scorrono tra indicibili sofferenze fino al 3 marzo, giorno della guarigione miracolosa. E’ il primo venerdì del mese, e la giovane ha terminato una novena in onore della beata Margherita Maria Alacoque (ora santa). «...feci la Comunione. Che momenti felici passai con Gesù! Mi ripeteva: "Gemma, vuoi guarire?". La commozione fu tanto che non potevo rispondere. Povero Gesù! La grazia era fatta, ero guarita».
Il 23 dello stesso mese, tornato a casa dopo aver ricevuto l’Eucaristia, sente dire dal ven. Gabriele: «Gemma, coraggio! Ti aspetto al Calvario: è verso quel monte che sei diretta».
Il 30 marzo è il Giovedì Santo; Gemma è in preghiera, compie l’«Ora Santa»in unione a Gesù nell’Orto degli Ulivi, e Gesù a un tratto le appare, tutto ferite e sangue. «Le piaghe di Gesù rimasero sì bene nella mia mente che non si sono più cancellate».

Nell’aprile seguente, un giorno, preoccupata di non sapere amare Gesù, Gemma si trova nuovamente davanti al Crocifisso e ne ascolta parole di amore: «Guarda, figlia, e impara come si ama» e mi mostrò le sue cinque piaghe aperte. «Vedi questa croce, queste spine, questo sangue? Sono tutte opere di amore, e di amore infinito. Vedi fino a qual segno io ti ho amato? Mi vuoi amare davvero? Impara prima a soffrire. Il soffrire insegna ad amare».
«Il giorno 8 giugno, dopo la Comunione, Gesù mi avvisò che la sera mi avrebbe fatto una grazia grandissima. Andai poi il giorno steso per confessarmi e lo dissi a Monsignore, e rispose che stessi bene attenta a riferirgli dopo ogni cosa.
Eravamo alla sera: tutto ad un tratto, più presto del solito mi sento un interno dolore dei miei peccati; ma lo provai così forte, che non l’ho più sentito; quel dolore mi ridusse direi lì lì per morire. Dopo questo mi sento raccogliere tutte le potenze dell’anima: l’intelletto non conosceva che i miei peccati e l’offesa di Dio; la memoria tutti me li ricordava, e mi faceva vedere tutti i tormenti che Gesù aveva patito per salvarmi; la volontà me li faceva tutti detestare e promettere di voler tutto voler soffrire per espiarli. Un mucchio di pensieri si volsero tutti alla mente: erano pensieri di dolore, di amore, di timore, di speranza e di conforto.
Al raccoglimento interno successe ben presto il rapimento dei sensi, ed io mi trovai dinanzi alla Mamma mia celeste, che aveva alla sua destra l’Angelo mio Custode, che per primo mi comandò di recitare l’atto di contrizione. Dopo che l’ebbi terminato, la Mamma mi rivolse queste parole: "Figlia, in nome di Gesù ti siano rimessi tutti i peccati". Poi soggiunse: "Gesù mio figlio ti ama tanto e vuol farti una grazia; saprai tu rendertene degna?". La mia miseria non sapeva che rispondere. Soggiunse ancora: "Io ti sarò madre, ti mostrerai tu mia vera figlia?". Aperse il manto e con esso mi ricoprì.
In quell’istante comparve Gesù, che aveva tutte le ferite aperte; ma da quelle ferite non usciva più sangue, uscivano come fiamme di fuoco, che in un momento solo quelle fiamme vennero a toccare le mie mani e i miei piedi e il cuore. Mi sentii morire, sarei caduta in terra; ma la Mamma mi sorresse, ricoperta sempre col suo manto. Per parecchie ore mi convenne rimanere in quella posizione. Dopo, la Mamma mia mi baciò nella fronte, e tutto disparve, e mi trovai in ginocchio in terra; ma mi sentivo ancora un dolore forte alle mani, ai piedi e al cuore.
Mi alzai per mettermi sul letto, e mi accorsi che da quelle parti, dove mi sentiva, usciva del sangue. Mi coprii alla meglio quelle parti, e poi, aiutata dall’Angelo mio, potei montare sul letto. Quei dolori, quelle pene, anziché affliggermi, mi recavano una pace perfetta. La mattina a stento potei andare a fare la Comunione, e mi misi un paio di guanti, tanto per nascondermi le mani. Non potevo reggermi in piedi; ad ogni momento credevo di morire. Quei dolori mi durarono fino alle 3 del venerdì, festa solenne del Sacro Cuore di Gesù».
Da quella sera, ogni settimana Gesù chiama Gemma ad essergli compagna e collaboratrice nell’opera della salvezza, unendola a tutte le sofferenze fisiche e spirituali che Egli, Agnello immolato, volle portare su di sé per il peccato del mondo.
La «grazie grandissima» è motivo per Gemma di ineffabili gioie e di profondi dolori. In casa vi è perplessità e anche incredulità per quanto le avviene. Rimproveri dalle zie e dai fratelli; canzonature e indiscrezioni da una sorella; Gemma tace e attende, abbandonata alla guida del suo Signore.
Sempre nei mesi estivi conosce i Passionisti impegnati nella Missione popolare in Cattedrale. E da uno di essi viene introdotta in casa Giannini. Gemma conosceva già la signora Cecilia, ma per mezzo del padre Passionista che frequenta la casa ospitale del via del Seminario, inizia una vera e profonda amicizia con quella che le sarà come «seconda mamma». In casa Giannini, nel gennaio dell’anno seguente, Gemma comincerà a scrivere a p. Germano, Passionista, il sacerdote che avrebbe riconosciuto in lei l’opera infinita della divina misericordia. Nel settembre successivo lo incontrerà per la prima volta.
Sempre nel settembre 1900, Gemma lascia definitivamente la sua famiglia per abitare in casa Giannini. Solo qualche volta ancora tornerà in via del Biscione, soprattutto per consolare Giulietta, la sorellina tanto cara e tanto sofferente. Tra quelle pareti, testimoni di tanto amore e di tanto dolore di Gemma, rimangono soltanto le zie con Tonino, ammalato già seriamente di tisi, e Giulietta, mentre Angelina vive a pigione presso una famiglia. Gemma si avvia decisamente al Calvario; lo salirà in un crescendo di amore e di fedeltà, fino alla consumazione totale, come Gesù sulla croce, unita a Lui in un unico anelito: la gloria di Dio e la salvezza dei fratelli, specialmente i più poveri: i peccatori.
Nel maggio del 1902 Gemma si ammala, poi si riprende. Si aggrava di nuovo il 21 ottobre (la sorella Giulia muore il 19 agosto; il fratello Tonino si spegne il 21 ottobre dello stesso anno). Il 24 gennaio 1903, per ordine dei medici, la famiglia Giannini deve trasferire Gemmea in un appartamento affittato dalla zia Elisa Galgani. La santa vive l’esperienza dell’abbandono di Gesù in croce e del silenzio di Dio. E’ fortemente vessata dal demonio, ma non smarrisce mai la fede, non perde mai la pazienza ed è sempre piena di amore e di riconoscenza verso che la assiste nell’ultima malattia. Sperimenta fino in fondo, nella sua carne, l’abbandono di Gesù sulla croce per il bene della Chiesa.
L’assenza forzata di padre Germano negli ultimi giorni di agonia e le troppe rapide visite di mons. Volpi accentuano l’ultima desolazione dello spirito. Ma anche la loro presenza non avrebbe certo distolto Gemma dalla suprema conformazione all’abbandono in Gesù «solo solo».

L’11 aprile del 1903, alle ore 13:45, a solo 25 anni, Gemma si addormenta nel bacio del Signore, assistita amorevolmente dai Giannini. Gemma si è incontrata, nella suprema povertà della morte, con lo Sposo crocifisso risorto. Quell’11 aprile era Sabato santo. Come usava allora, da un’ora e tre quarti le campane di Lucca e del mondo avevano annunziato la risurrezione del Signore.

Nel 1933, il 14 maggio, Pio XI annovera Gemma Galgani fra i Beati della Chiesa.
Nel 1940, il 2 maggio, Pio XII, riconoscendo la pratica eroica delle sue virtù cristiane, innalza Gemma Galgani alla gloria dei Santi e la addita a modello della Chiesa universale.


Mi ha detto poi Gesù: «Sai, figlia mia, in che maniera io mi diverto a mandare le croci alle anime a me care? Io desidero possedere l'anima loro, ma intera, e per questo la circondo di croci, e la chiudo nelle tribolazioni, perché non mi scappi di mano; e per questo io spargo le sue cose di spine, perché non si affezioni a nessuno, ma provi ogni suo contento in me solo. È l'unica via per vincere il demonio e giungere a salvezza: Figlia mia, quanti mi avrebbero abbandonato, se non li avessi crocifissi! La croce è un dono troppo prezioso, e da esso si apprende molte virtù!»

Gemma Galgani

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