martedì 30 settembre 2008

LE PROMESSE DI GESU' PER I DEVOTI DEL SUO SACRO CUORE


Le dodici promesse seguenti di Gesù in favore delle persone devo­te al suo Divin Cuore:
1 ° Concederò ai miei devoti tutte le grazie necessarie al loro stato.
2° Metterò la pace nelle loro famiglie.
3° Li consolerò in tutte le loro afflizioni.
4° Sarò il loro rifugio più sicuro in vita e specialmente in punto di morte.
5° Spargerò copiose benedizioni su tutte le loro imprese.
6° I peccatori troveranno nel mio Cuore la sorgente e l'oceano infinito della misericordia.
7° Le anime tiepide diventeranno ferventi. 8° Le anime ferventi si innalzeranno a una grande perfezione.
9° Benedirò le case nelle quali l'immagine del mio Cuore sarà esposta ed onorata.
10° Darò a coloro che lavorano alla salvezza delle anime il talento di toccare i cuori più induriti.
11° Le persone che diffonderanno questa devozione avranno i loro nomi scritti nel mio Cuore e non ne saranno mai cancel­lati.
12° Il mio Cuore accorderà la grazia della perseveranza finale a coloro che si comu­nicheranno nei Primi Nove Venerdì di ogni mese, per nove mesi consecutivi.


Queste sono le magnifiche promesse del Sacro Cuore a coloro che vorranno risponde­re bene ai suoi appelli: cioè amarlo e in spiri­to di riparazione eseguire le pratiche che Gesù stesso ci ha indicate.
Tuttavia questa devozione deve essere ben compresa non facciamo come quella signora della Martinica, che mancava regolarmente la messa di domenica, ma assisteva a quella del primo venerdì del mese!
L'ubbidienza alle leggi divine e la fedeltà nel compimento del proprio dovere di stato sono i segni infallibili di una vera devozione; i fede­li che non presentano questi segni sono nel­l'illusione qualunque siano le loro pratiche di pietà. Infatti Nostro Signore ha dichiarato: "Se voi mi amate, osservate i miei comanda­menti", e "Coloro che mi amano sono quelli che fanno la volontà del mio Padre Celeste". La stessa S. Vergine non è grande agli occhi di Gesù perchè lo portò e l'allattò, ma perchè ascoltò e mise in pratica la parola di Dio.

mercoledì 24 settembre 2008

OGGI E' IN CORSO UNA "GUERRA"?

E' una guerra che si sta consumando non solo con quei conflitti armati o con quelle strategie della tensione.Non è guerra quell’odio che oggi si respira nelle famiglie? Non sono guerre i litigi che sempre più facilmente assumono una connotazione “maligna”? Non è guerra il pantano in cui è caduta la politica,
tramite politici fintamente cattolici e difensori della famiglia, quando in realtà dai frutti che di loro cogliamo ci accorgiamo del loro marciume? Non è guerra lo scandalo dei costumi, tramite programmi televisivi che con il loro messaggio distruttivo ogni giorno continuano a introdurre la loro perversa droga celebrale nelle nostre case? Oramai molti giovani hanno sostituito Maria Mater Boni Consilii, con Maria de Filippi, con i suoi consigli “ iniziatici”, e la sua trasmissione “ ritualizzata” come guida di un’intera generazione allo sbando.
Non è guerra - ed un cattolico oggi sa bene cosa ciò vuol dire - cercare oggi più che mai di rimanere costantemente vigile e attento alle miriadi di tentazioni, ai compromessi che sembrano costantemente mettere in gioco la sua fede, vivendo in un continuo stato di difesa ed arroccamento, quasi fosse un “oscuro e notturno” bombardamento di umiliazioni?
L'arma da usare però ce l'abbiamo....è il ROSARIO.
Ce lo dice Maria Santissima l’8 agosto 1985: “Cari figli, oggi vi invito ad entrare in lotta contro satana per mezzo della preghiera, particolarmente in questo periodo (Novena dell'Assunta). Adesso satana vuole agire di più, dato che voi siete a conoscenza della sua attività. Cari figli, rivestitevi dell'armatura contro satana e vincetelo con il Rosario in mano"
http://www.identitaeuropea.org/archivio/articoli/intini_tempo.html

martedì 23 settembre 2008

LA MEDITAZIONE DELLA PASSIONE DI CRISTO CI ALLONTANA DAI PECCATI

Tommaso da Kempis dice: « La passione di Cristo meditata, è un tesoro preziosissimo nascosto in Dio, è la pienezza d'ogni virtù, è la perfezione della religione, è la somma di tutta la santità, è il com­ pendio di tutti i beni » ( 11 ).

Origene afferma : « Se contempliamo la passione di Cristo, diventiamo come impeccabili, poiché è tanto grande il vigore della passione di Gesù, che chi la tiene davanti agli occhi, e con devozione la conserva nella mente, diviene impeccabile ».

Santa Teresa esclamava : « Vedere Gesù Cristo in croce e peccare! Come è possibile? Conoscere in quelle pene, in quelle piaghe la gravita del peccato, e tornare di nuovo a commetterlo! Mio Dio! Chi sarà così stolto e perfido? » ( 12 ).
(10) De Passione.
(11) De passione Christi.
(12) Ribera, Vita della santa.

A san Filippo Neri, infermo a letto, venne portata una bevanda saporita. Appena l'ebbe presa in raano e gustata, esclamò: «Mio Gesù, tu in croce, ed io in letto con tanti conforti? Tu il fiele, l'aceto, e io delicate bevande? A te tante pene ed amarezze, e a me tante delicatezze? ». Ciò detto, scoppiò in lacrime, e allontanò da sé la ristoratrice bevanda.

Il venerabile Luigi Blosìo ammoniva: «Meditate l'umanità del Signore, le sue pene, la sua morte, e diventerete anime spirituali, uomini di virtù, odiatori non solo del peccato mortale, ma anche di ogni peccato veniale » (13).

San Bonaventura osserva: « La contemplazione della passione di Gesù disumana l'uomo, lo solleva so­pra di sé, lo fa diventare un essere divino » ( 14 ).

L’amarezza della passione di Cristo guarisce la cecità della lussuria. Un saggio ha detto che la memoria del Crocifisso crocifigge il vizio... Il momentaneo diletto della carne devi immergerlo nell’amarezza della passione di Cristo. Prendi, perciò, la tua carne, che così affettuosamente nutri - senza sapere che non vi è peste più efficace a far del male quanto questo nemico - e immolala a Dio.

domenica 21 settembre 2008

LA MADONNA DI MEDJUGORJE CI PARLA ...

Messaggio del 24 giugno 1983
Ecco gli impegni fondamentali richiesti a coloro che intendono far parte del gruppo di preghiera. Rinunciate a tutte le passioni e ai desideri disordinati; evitate la televisione, soprattutto le trasmissioni futili; evitate il godimento smodato di cibi e di bevande, specialmente dell’alcool. Abbandonatevi totalmente a Dio mettendo da parte ogni paura; non c’è posto per la paura in coloro che si abbandonano a Dio; le difficoltà che comunque si incontreranno serviranno alla crescita spirituale e per la maggior gloria di Dio. Cominciate ad amare i vostri avversari; non nutrite rancore e amarezza, ma donate solo benedizione, sorriso e serenità; pregate perciò almeno cinque minuti al giorno il Cuore di Gesù ed il mio Cuore: così riceverete l’amore divino con cui potrete amare i nemici. Digiunate due volte alla settimana. Radunatevi in gruppo almeno una volta alla settimana. Consacrate ogni giorno alla preghiera almeno tre ore, di cui almeno mezz’ora al mattino e mezz’ora alla sera; partecipate ogni giorno alla santa messa ricevendo la santa comunione; durante la giornata cercate momenti di raccoglimento nel silenzio; pregate con fervore senza guardare continuamente l’orologio; non preoccupatevi molto delle cose materiali ma affidate tutto al Padre; quando siete troppo preoccupati non potete pregare perché vi manca la serenità interiore; Dio condurrà a buon fine le vostre cose terrene se voi vi sforzerete di aprirvi alle sue; estendete lo spirito di preghiera al lavoro quotidiano, cioè accompagnate il lavoro con la preghiera; coloro che non possono pregare tre ore al giorno perché vanno a scuola o al lavoro, preghino almeno mezz’ora al mattino e mezz’ora alla sera e, se possibile, partecipino all’Eucarestia. Siate prudenti perché Satana tenta in modo particolare tutti coloro che hanno deciso di abbandonarsi a Dio; cercherà di convincervi che pregate e digiunate troppo, che è meglio essere come gli altri giovani che cercano i piaceri di questo mondo; non dovete assolutamente ascoltarlo ma prestate attenzione solo alla mia voce; quando poi la vostra fede sarà consolidata Satana non riuscirà più a sedurvi. Pregate molto per il Papa, il vostro vescovo e gli altri responsabili della Chiesa: non meno della metà dei vostri sacrifici e preghiere deve essere consacrata a questa intenzione.

giovedì 18 settembre 2008

La "omosessualizzazione" della società

La diffusione del vizio e della corruttela per la metodica demolizione delle poche vestigia della società cristiana ancora rimaste in piedi.
Merita una riflessione la progressiva penetrazione di nuovi stili di vita nella società odierna: stili che, al di là della specifica valutazione morale, vanno sempre maggiormente influenzando la vita sociale, modificandone redicalmente le abitudini ed i costumi.
Il più evidente elemento di novità è dato dalla diffusione di un modello che fino a qualche anno fa era ancora considerato appannaggio di una minoranza: una forma comportamentale omosessualizzata, diffusa soprattutto nei più giovani, specialmente nei maschi tra i 16 ed i 25 anni. È da precisare che essa non implica necessariamente l’effettiva omosessualità di chi la pratica, anche se è indubbio che il semplice fatto di assumere come proprio un modello omosessuale può influire in modo determinante nelle scelte e negli orientamenti sessuali, tanto determinanti nella fase adolescenziale e postadolescenziale. Il termine adottato dai media per designare questo fenomeno è metrosexual. Prima di analizzare le cause prossime e remote di questo fenomeno, consideriamone gli elementi determinanti.
Il giovane metrosexual è colui che adegua il proprio stile di vita ad una serie di modelli provenienti dall’esterno ? precipuamente dettati dalla moda, dalla televisione e dal mondo dello spettacolo ? che rappresentano un uomo efebico, privato dei tratti distintivi della tradizionale virilitas. Un giovane imberbe, dal fisico asciutto e rigorosamente depilato, in cui la muscolatura viene appena delineata in palestra (con tenuta sportiva e borsone firmato annessi). Un giovane che indossa capi d’abbigliamento ricercati, normalmente molto costosi e rigorosamente griffati; e non ci si lasci ingannare dall’aspetto trasandato di alcuni: anche i jeans più sdruciti e le magliette hip-hop hanno oggi un fiorente mercato di marca e non sono meno costosi di altri.

GMG 2005 Colonia: giovane patercipante
Questo dandy rivisitato utilizza abitualmente creme, cosmetici e profumi di vario genere; mantiene la pelle idratata con creme per il corpo, per il viso e per il contorno occhi, la pulisce con lo scrub e con il latte detergente; ricorre all’estetista per definire i contorni delle sopracciglia e per sottoporsi a sedute di epilazione permanente; dedica molto tempo al taglio dei capelli: li tinge, li stira, li modella con il gel. Frequenta abitualmente il solarium, per avere una carnagione abbronzata. Segue una dieta alimentare sana e controlla le calorie che assume quotidianamente. Si aggiorna sulle proposte della moda acquistando Vogue Uomo ed altre riviste di moda, ed è abbonato anche a Men’s Health. Fin dal liceo pretende dai genitori borse a tracolla di Gucci, cinture di Louis Vuitton, scarpe di Prada, orologi di Breil, anelli, orecchini e collane di Morellato, calze di Gallo, golfini in cachemire di Ballantyne, jeans di Richmond, giacche di Frankie Morello, intimo di D&G o di Calvin Klein, occhiali di Bikkembergs. E poi il videotelefonino con annessa ricarica, la carta di credito o il bancomat per lo shopping del sabato, il motorino e appena maggiorenne l’auto, le vacanze con gli amici, le uscite il mercoledì, il venerdì, il sabato sera, il cinema, l’aperitivo, l’happy hour, la pizza, le sigarette, la discoteca. E talvolta anche la canna, la cocaina, la chicca di ecstasy, il chrystal. E non dimentichiamo il computer portatile connesso ad internet, la webcam, la stampante, la fotocamera digitale, l’iPod, la playstation. E il piercing al sopracciglio e il tatuaggio all’inguine.
Come si sarà capito, stiamo parlando di un ragazzo che in altri tempi si sarebbe definito un debosciato, ripiegato su se stesso e preso dal culto di sé. Un narciso senz’anima, viziato dai genitori sin dall’infanzia ed abituato a pretendere il meglio da ogni cosa.
Sia chiaro: nel 90% dei casi questo giovane “ha la ragazza”, con cui esce più o meno saltuariamente, e che lo asseconda senza fiatare in tutti i suoi capricci. Ma mentre sino a qualche anno fa un maschio della sua età avrebbe pensato all’amore e al sesso ? com’è inevitabile quando si hanno diciott’anni ? oggi invece l’efebo ha perso quasi completamente ogni slancio emotivo e sentimentale, ed anche nel rapporto con la sessualità cerca anzitutto la soddisfazione del proprio piacere, riducendo ogni attività complessa all’indispensabile e vivendola anzitutto come una trasgressione solipsistica: non c’è più passione, non c’è più virilità nemmeno nel peccato. La poveretta che lo accompagna come una balia si limita ? absit injuria verbis ? a sopperire alla sua indolenza, mentre il suo ragazzo se ne sta sdraiato in poltrona e guarda passivamente Amici vagando altrove con la mente.

GMG 2005 Colonia: giovane partecipanteSpiace scendere in dettagli, ma ritengo che sia necessario capire che l’omosessualizzazione della società sta creando dei piccoli mostri di egoismo, esseri senza volontà, castrati in tutti i loro istinti, anche nei più bassi ed animaleschi, che pure un tempo la morale teneva sotto controllo, senza tuttavia travisarne la bontà naturale.
Sotto il profilo morale, il metrosexual non riconosce alcuna legge trascendente, se non quella della convenienza del momento: per questo potrà essere indifferentemente eterosessuale, omosessuale o ? ancor più ipocritamente ? bisex. Tanto è di moda. Sotto il profilo religioso, egli si definisce ateo, non credente, o alla migliore delle ipotesi vagamente ispirato ad una religiosità indefinita; spiritualista, new age, buddista, magari addirittura cristiano: “Ma non credo nella Chiesa”, soggiunge subito, quasi a prender le distanze dall’orrida tiranna. Anche se al collo porta un Rosario di Dolce & Gabbana, perché lo dice la moda. Ed in questo il nostro dandy avrà trovato un aiuto consistente nell’altrettanto innegabile mancanza di virilitas del clero che infesta le nostre chiese, tanto indulgente con la gioventù più viziosa, quanto insofferente verso i sani ragazzi di destra, per i quali l’educazione, la disciplina e l’onore non sono parole da censurare in nome del “farsi altro” tanto caro ai modernisti.
Politicamente va per la maggiore collocarsi a sinistra, ma c’è chi per censo o per l’educazione ricevuta osa anche schierarsi dalla parte opposta, ovviamente sempre senza alcun impegno concreto e senza riconoscersi in alcuna ideologia definita, non si sa mai che debba poi muovere un dito per qualcosa in cui crede. Culturalmente il maschio omosessualizzato conferma una totale e sesquipedale ignoranza a tutti i livelli, consolidata dalla scuola pubblica e rassicurato dalla promozione garantita e dalla promessa di un lavoro non impegnativo, non faticoso e soprattutto ben remunerato. Salvo poi mendicare un sussidio e chiedere i soldi ai genitori, rimanendo a vivere con loro sino ai 35 anni.

GMG 2005 Colonia: giovane partecipante
Nella sfera affettiva il metrosexual ammette relazioni ? anzi: frequentazioni ? basate su una semplice condivisione utilitarsitica di spazio e tempo: potrà essere un’infelice talmente diperata da adattarsi ad uscire con uno che ne sa di più di lei in fatto di inestetismi della pelle, oppure una maschiaccia col pierging sulla lingua che se lo spupazza a proprio piacimento, o ancora un “amico” da presentare ai genitori progressisti. In ogni caso, niente matrimonio, nemmeno in prospettiva. Il massimo che gli si può chiedere è la convivenza, specialmente se è l’altra ? o l’altro ? che paga l’affitto. Può essere anche che vi siano due relazioni contestuali, e non è escluso nemmeno che i “compagni” siano al corrente della cosa: “Tanto meglio ? pensano ? così non me lo devo sopportare solo io e ho più tempo per me”. Amore ovviamente è una parola tanto abusata quanto vuota di significato: designa più spesso la copula che il sentimento che la dovrebbe precedere. Di solito ci si lascia con un sms. Detto per inciso, verrebbe da chiedersi perchè, in un mondo che non conosce più relazioni stabili, gli unici a voler convolare a nozze siano coloro dai quali nessuno si aspetta amore eterno.
Il metrosexual è assurto a modello unico ed incontrastato per i ragazzi di oggi, e chi non vi si adegua viene ritenuto uno sfigato. Rarissimi sono i genitori che si rifiutano di scendere a compromessi con questo paradigma, ed anche nelle famiglie cattoliche tradizionali è molto difficile far capire ai figli che quei jeans a vita bassa fino a scoprire il sedere non sono decenti, che quel taglio di capelli è roba da gay, che a diciassette anni non è serio avere una borsa a tracolla di Gucci. Ecco quindi che le eccezioni confermano comunque una tendenza diffusa e consolidata a tal punto da non rappresentare più una stravaganza di pochi: basta fare un giro in centro per accorgersene. Nei pomeriggi che il ragazzo passa davanti alla televisione gli vengono propinati degli esempi perfettamente coerenti con questo stile di vita: ad Amici, schiere di effeminati tronisti che fingono di farsi corteggiare da ragazze tanto sciocche da credere ancora di avere a che fare con dei maschi;
a Saranno famosi ragazzini pieni di fatue velleità passano il tempo a solidarizzare tra loro, abbracciarsi, piangnucolare, darsi bacini, tenendosi ben lontani dalle ragazze, segregate altrove; in tutti i programmi di intrattenimento non manca mai un Cecchi Paone, un Vladimir Luxuria, un Aldo Busi pronti a pontificare sulla libertà sessuale, sempre dando contro alla Chiesa romana; nei telefilm è di prassi qualche episodio con piccoli gay più o meno accettati e compresi — loro sì — da bravi genitori separati, divorziati e risposati; le pubblicità di moda fanno l’apologia dei gigolò ed anche un dopobarba diventa l’occasione per ammiccare a reconditi desideri sessuali; su Club giovanissime ragazze volgari si offrono come improvvisate prostitute, rispondendo a

GMG 2005 Colonia: un momento di sana ricreazione
domande che girano solo intorno al sesso e danno per scontato che già a tredici anni si debba perdere la verginità, mentre bulletti di periferia spacciano la propria aggressività per machismo; il matrimonio è sempre deriso e se ne dimostra ad arte la scomparsa; l’infedeltà è norma di qualsiasi programma; il sesso è mostrato nei suoi risvolti più squallidi e più crudi, separandolo ad arte da qualsiasi implicazione sentimentale, a meno che questa non sia utile per giustificare l’adulterio, la convivenza o l’omosessualità; personaggi di bassissimo profilo morale vengono presentati come referenti per chi aspira a fare il modello o l’attore, e Lele Mora fà bella mostra di sé, sdraiato come un sultano assieme a Costantino, Daniele e soci in pose ammiccanti; Maria De Filippi è la musa di giovani che credono di far carriera in televisione; il Grande Fratello è ormai meta ambita da migliaia di inetti che credono di diventare ricchi e famosi in breve tempo.

GMG 2005 Colonia: gesti di devozione ?
Se poi si dà un’occhiata ad una rivista di moda, c’è da rimanere sconcertati: anche senza leggere gli articoli ? quasi sempre incentrati sul sesso o sul culto di sé ? le sole pubblicità basterebbero a suscitare scandalo in una persona normale: la mascolinità è confinata ai periodici per sessantenni nostalgici, mentre su Vogue Uomo va di moda il metrosexual debosciato, il prostituto di lusso, il tipo apollino e diafano. E si noterà anche che il vecchio modello “tradizionale” della pubblicità con lui che abbraccia lei o viceversa è ormai stato sostituito dal trio: due maschi ? chiamiamoli così ? mollemente abbandonati ai lati di una virago, in cui non si capisce se la poveretta sia di troppo, o se piuttosto la sua aggressività non funga espressamente da deterrente per i due efebi a torso nudo.
Il politically correct ha infestato ovviamente anche la vita ordinaria della società, per cui si passa per retrogradi o per integralisti se si disapprovano pubblicamente certi costumi. E con il relativismo morale dilangante c’è poco da sperare nel futuro: poiché dove tutto è sottomesso all’arbitrio del singolo, dove manca un riferimento immutabile e trascendente, nulla si salva.
Qualche decennio fa si discuteva di divorzio, poi di aborto. Le chiamavano conquiste sociali. Oggi si discute di dico e di pacs. Domani, quando tutto ciò sarà assimilato, si parlerà di matrimoni di più persone: due maschi e una femmina, quattro maschi, cinque femmine. E poi arriveremo ai bambini: chi dice che non hanno diritto alla sessualità? Perché censurare ancora la pedofilia, o l’incesto? E le bestie? Non vorremmo forse discriminare chi si sente naturalmente attratto verso il proprio cavallo, vero? Aspettiamo fiduciosi una prossima campagna pubblicitaria ad hoc e una nuova serie televisiva.
Chi c’è dietro a tutto questo?
Le case di moda, si dirà. Le multinazionali delle creme e dei profumi, dei cellulari e dei videogiochi. Il mondo dello spettacolo, che si nutre di giovani vite e le immola per qualche attimo sullo schermo. L’economia moderna, coi suoi beni di lusso, le sue vacanze, le società finanziarie, le auto. Certo, tutto questo contribuisce allo sradicamento della società tradizionale.
Mi permetto di dire che ci si potrebbero aggiungere anche moltissime ragazze e donne, colpevoli in questo sfacelo di assecondare la fatuità dei loro uomini per sentirsi più libere e poter a loro volta coltivare quell’egoismo perverso che già nel femminismo e nel Sessantotto aveva dato una spallata alla famiglia ed alla figura femminile: sfigurate, sfiorite, abbruttite, virilizzate ? loro sì ? al punto da far dimenticare le virtù e le qualità che le rendevano adorabili all’uomo. Complici di un processo di libertinaggio, in cui anche una coppia di fidanzati si guarda attorno per cercare altro, per non assumersi le proprie responsabilità, per non dover rendere conto a nessuno, in nome di una maledetta quanto fraintesa libertà.
Ma dietro tutto, in fondo, c’è sempre e solo lui, il Nemico. Satana e i suoi satelliti, primi fra tutti i massoni, che sanno bene quanto sia indispensabile agire sui giovani per demolire le poche vestigia della società cristiana ancora rimaste in piedi. Dannare le anime: è l’unico scopo che si prefigge da sempre il Maligno. E distruggere la Chiesa Cattolica, posta da Dio proprio per salvare quelle anime, specialmente le più innocenti. Sono ben noti i piani della Massoneria nella dissoluzione della morale, nella diffusione del libertinaggio, del pansessualismo, della pornografia, e basta guardarsi attorno per capire sino a che punto si sia giunti, nel totale disprezzo ? o forse disinteresse ? della legge naturale e di quella di Dio.
Ricordiamoci bene che tutto questo serve non solo a condannare all’Inferno quanti cedono alle sue lusinghe, ma anche a distruggere ? con disegno lungimirante ? ogni prospettiva futura per la società.
Il ragazzo di oggi sarà uomo domani: ecco perché egli viene educato e cresciuto nel culto di sé, nell’egoismo, nell’orgoglio più luciferino.
È vero che il peccato è sempre stato una piaga dell’umanità, ma è anche vero che mai come in questo periodo si è giunti a rendere peccaminoso ogni aspetto della vita umana, privandolo del minimo raggio di bene. Il Nemico è riuscito a togliere quel poco di virtuoso ? per così dire ? che c’era anche nel peccato: i peccatori di un tempo avevano almeno la spina dorsale.
In altri tempi chi cedeva alla carne lo faceva comunque con trasporto, con virilità, con il desiderio di assaporare un frutto che si sapeva illecito; oggi chi viola il Sesto Comandamento non cerca più nulla se non il gusto del peccato, senza passione, senza desiderio. Chi bestemmiava il nome di Dio lo faceva per collera, per odio, per ira; oggi si bestemmia per il semplice gusto di mostrarsi moderni o come vuoto intercalare.

GMG 2005 Colonia: che marchio è ?Chi non andava a Messa la domenica, lo faceva perchè era socialista o mangiapreti, e almeno credeva e lottava per un ideale, ancorché sbagliato; oggi non si va in chiesa solo perché si rientra tardi il sabato o perché si passa il weekend all’estero con un volo last minute.
Sapere che questa massa di invertebrati con le sopracciglia spinzettate e la cintura di Gucci domani governerà una Nazione, ne determinerà le sorti economiche e politiche, è la migliore garanzia per chi ci vuole portare alla rovina.
Giovani ripiegati su se stessi, intenti ad aggiustarsi la vita bassa e a rimirarsi nello specchio, non sapranno mai imbracciare un’arma, non solleveranno mai la testa, non si ribelleranno mai a nessun tiranno, a meno che non li privi del loro cellulare. Maschi svirilizzati dalla moda, dal fumo e dalle droghe sono certamente meno prolifici e determinati a costruire una solida famiglia in cui educare i figli della prossima generazione. Personaggi virtuali di internet, che trascorrono il proprio tempo chattando davanti al computer o ad assorbire passivamente tutto ciò che viene loro propinato in televisione, sono esseri incapaci di calarsi nella realtà, presi come sono da un mondo irreale nel quale spesso confinano anche i propri vizi. Ignoranti e privi di qualsiasi raziocinio, non vogliono e non possono capire ciò che accade nel mondo e nella loro Patria, lasciando ad altri per indolenza il potere di scegliere al loro posto. Abbeverati alla scuola di Prelati fin troppo ecumenici, si sono sentiti dire sin dall’infanzia che tutte le religioni van bene, basta essere pacifisti e solidarizzare con tutti. Per chi impugneranno la spada, costoro, quando verrà l’Anticristo?
(da "Una Vox")

martedì 16 settembre 2008

ALCUNI APPUNTAMENTI:

L’Associazione “Medjugorje” – Como organizza:

SABATO 27 SETTEMBRE 2008 - dalle ore 16 alle 24
ERBA (CO) - LARIOFIERE (Viale Resegone)

MEETING DEI GIOVANI CON CANTI E TESTIMONIANZE
DOMENICA 28 SETTEMBRE 2008 - dalle ore 14 alle 20 nello stesso posto
POMERIGGIO DI PREGHIERE E DI TESTIMONIANZE
Partecipano: la veggente Marija Pavlovic, Mons. Giovanni D’Ercole della segreteria di Stato Vaticano, Chiara Amirante fondatrice della Comunità Nuovi Orizzonti e tanti altri.
Alle 17 è prevista la S. Messa.


DOMENICA 26 OTTOBRE 2008 - Intera giornata
ANDRIA (BA) - Palasport
INCONTRO DI PREGHIERA CON PADRE JOZO ZOVKO
Per informazioni: tel. 0585-43653 / Numero verde 800 030 405


DOMENICA 9 NOVEMBRE 2008 - Intera giornata
CUNEO - Palasport
INCONTRO DI PREGHIERA CON PADRE JOZO ZOVKO
Per informazioni: tel. 0585-43653 / Numero verde 800 030405


Ogni ultimo lunedì del mese alle ore 20.30
LECCO - Santuario N. S. della Vittoria
INCONTRO DI PREGHIERA
Santa Messa, esposizione del Santissimo, S. Rosario meditato

sabato 13 settembre 2008

commento al Vangelo di domenica prossima

Commento di padre Cantalamessa alla liturgia di domenica prossima
ROMA, venerdì, 12 settembre 2008 (
ZENIT.org).- Pubblichiamo il commento di padre Raniero Cantalamessa, OFM Cap. - predicatore della Casa Pontificia -, alla liturgia di domenica prossima, XXIV del tempo ordinario, Festa della Esaltazione della Santa Croce.
* * *
COME MOSE' INNALZO' IL SERPENTE NEL DESERTO...
14 Settembre: Festa della Esaltazione della Santa Croce
Numeri 21, 4-9; Filippesi 2, 6-11; Giovanni 3, 13-17
Oggi la croce non è presentata ai fedeli nel suo aspetto di sofferenza, di dura necessità della vita, o anche di via per cui seguire Cristo, ma nel suo aspetto glorioso, come motivo di vanto, non di pianto. Diciamo anzitutto qualcosa sull'origine della festa. Essa ricorda due avvenimenti distanti tra loro nel tempo. Il primo è l'inaugurazione, da parte dell'imperatore Costantino, di due basiliche, una sul Golgota e una sul sepolcro di Cristo, nel 325. L'altro avvenimento, del secolo VII, è la vittoria cristiana sui persiani che portò al recupero delle reliquie della croce e al loro ritorno trionfale a Gerusalemme. Con il passar del tempo, la festa però ha acquistato un significato autonomo. E' diventata celebrazione gioiosa del mistero della croce che, da strumento di ignominia e di supplizio, Cristo ha trasformato in strumento di salvezza.
Le letture riflettono questo taglio. La seconda lettura ripropone il celebre inno della Lettera ai Filippesi, dove la croce è vista come il motivo della grande "esaltazione" di Cristo: "Umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre". Anche il Vangelo parla della croce come del momento in cui "il Figlio dell'uomo è stato innalzato perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna".
Ci sono stati, nella storia, due modi fondamentali di rappresentare la croce e il crocifisso. Li chiamiamo, per comodità, il modo antico e il modo moderno. Il modo antico, che si può ammirare nei mosaici delle antiche basiliche e nei crocifissi dell'arte romanica, è un modo glorioso, festoso, pieno di maestà. La croce, spesso da sola, senza il crocifisso sopra, appare punteggiata di gemme, proiettata contro un cielo stellato, con sotto la scritta: "Salvezza del mondo, salus mundi", come in un celebre mosaico di Ravenna.
Nei crocifissi lignei dell'arte romanica, questo stesso tipo di rappresentazione si esprime nel Cristo che troneggia in vestimenti regali e sacerdotali dalla croce, con gli occhi aperti, lo sguardo frontale, senza ombra di sofferenza, ma irraggiante maestà e vittoria, non più coronato di spine, ma di gemme. E' la traduzione in pittura del versetto del salmo "Dio ha regnato dal legno" (regnavit a ligno Deus). Gesù parlava della sua croce in questi stessi termini: come del momento della sua "esaltazione": "Io, quando sarò esaltato da terra, attirerò tutti a me" (Gv 12, 32).
Il modo moderno comincia con l'arte gotica e si accentua sempre di più, fino a diventare il modo ordinario di rappresentare il crocifisso, in epoca moderna. Un esempio estremo è la crocifissione di Matthias Grünewald nell'Altare di Isenheim. Le mani e i piedi si contorcono come sterpi intorno ai chiodi, il capo agonizza sotto un fascio di spine, il corpo tutto piagato. Anche i crocifissi di Velasquez e di Salvador Dalì e di tanti altri appartengono a questo tipo.
Tutti e due questi modi mettono in luce un aspetto vero del mistero. Il modo moderno - drammatico, realistico, straziante - rappresenta la croce vista, per così dire, "davanti", "in faccia", nella sua cruda realtà, nel momento in cui vi si muore sopra. La croce come simbolo del male, della sofferenza del mondo e della tremenda realtà della morte. La croce è rappresentata qui "nelle sue cause", cioè in quello che, di solito, la produce: l'odio, la cattiveria, l'ingiustizia, il peccato.
Il modo antico metteva in luce, non le cause, ma gli effetti della croce; non quello che produce la croce, ma quello che è prodotto dalla croce: riconciliazione, pace, gloria, sicurezza, vita eterna. La croce che Paolo definisce "gloria" o "vanto" del credente. La festa del 14 Settembre si chiama "esaltazione" della croce, perché celebra proprio questo aspetto "esaltante", della croce.
Bisogna unire, al modo moderno di considerare la croce, quello antico: riscoprire la croce gloriosa. Se al momento in cui la prova era in atto, poteva esserci utile pensare a Gesù sulla croce tra dolori e spasimi, perché questo ce lo faceva sentire vicino al nostro dolore, ora bisogna pensare alla croce in altro modo. Mi spiego con un esempio. Abbiamo di recente perso una persona cara, forse dopo mesi di grandi sofferenze. Ebbene, non continuare a pensare a lei come era sul suo letto; in quella circostanza, in quell'altra, come era ridotta alla fine, cosa faceva, cosa diceva, torturandosi magari il cuore e la mente, alimentando inutili sensi di colpa. Tutto questo è finito, non esiste più, è irrealtà; così facendo non facciamo che prolungare la sofferenza e conservarla artificialmente in vita.
Vi sono mamme (non lo dico per giudicarle, ma per aiutarle) che dopo aver accompagnato per anni un figlio nel suo calvario, una volta che il Signore l'ha chiamato a sé, si rifiutano di vivere altrimenti. In casa tutto deve restare com'era al momento della morte del figlio; tutto deve parlare di lui; visite continue al cimitero. Se vi sono altri bambini in famiglia, devono adattarsi a vivere anch'essi in questo clima ovattato di morte, con grave danno psicologico. Ogni manifestazione di gioia in casa sembra loro una profanazione. Queste persone sono quelle che hanno più bisogno di scoprire il senso della festa di domani: l'esaltazione della croce. Non più tu che porti la croce, ma la croce che ormai porta te; la croce che non ti schiaccia, ma ti innalza.
Bisogna pensare la persona cara come è ora che "tutto è finito". Così facevano con Gesù quegli antichi artisti. Lo contemplavano come è ora: risorto, glorioso, felice, sereno, seduto sullo stesso trono di Dio, con il Padre che ha "asciugato ogni lacrima dai suoi occhi" e gli ha dato "ogni potere nei cieli e sulla terra". Non più tra gli spasimi dell'agonia e della morte. Non dico che si possa sempre comandare al proprio cuore e impedirgli sanguinare al ricordo di quello che è stato, ma bisogna cercare di far prevalere la considerazione di fede. Se no, a che serve la fede?

giovedì 11 settembre 2008

10 SETTEMBRE: NICOLA LEGROTTAGLIE: "GIOCO, LO VUOLE DIO"

10 settembre 2008
Legrottaglie ha fede: "Gioco, lo vuole Dio"
Dalla Juve all'azzurro: titolare 5 anni dopo: «Il Signore mi ha guidato, devo ricambiare»
(Massimiliano Nerozzi)

S’era perso per strada, Nicola Legrottaglie, nella vita e sul prato, poi ha trovato il suo navigatore: «La Bibbia è il mio gps, me la porto sempre dietro. Se non l’avessi sarei come un uomo senza cibo». Il discotecaro che conobbe Gesù, per lui, non è un aneddoto che fece notizia, due anni fa, ma un’esperienza da vivere tutti i giorni, da atleta di Cristo: «La fede mi ha cambiato la vita, lo dico con presunzione, anche quella trascorsa con il pallone, perché Dio ha preso in mano la mia vita». Così, anche il cammino nel calcio diventa una parabola cristiana, nelle sue parole: Chievo, Juve e Nazionale, poi giù, Bologna e Siena e di nuovo in alto, in bianconero e in azzurro. «Quando un figlio sta smarrendo la strada, i genitori lo puniscono e lo perdonano: Dio ha fatto così come me». Ha fatto le sue penitenze, risalendo nella Juve della serie B, poi in A e, stasera in Nazionale, con la fondata speranza di giocarsela da titolare.«Se mi danno l’opportunità - dice il difensore - devo giocarmela, perché il treno non passa due volte». Anche se per lui, in fondo, questa è la seconda occasione che gli capita, perché già s’era issato in alto, fino al quel 30 aprile 2003, pure con un gol nella partita contro la Svizzera. Stavolta, all’orizzonte dei 32 anni, è un’altra vita, un’altra persona, però: «Lippi ha sempre avuto fiducia in me, anche nei momenti brutti - continua - e io posso solo ripagarlo sul campo. E poi devo ringraziare la Juve e Ranieri». La casa dove s’è rilanciato, lavorando sodo, quando stavano per spedirlo in Turchia, al Besiktas. E dove, anche quest’anno, si sta guadagnando il posto: «So che nessuno ce l’ha assicurato - disse a inizio stagione - e io sono un esempio di questo: lo scorso anno sono partito ultimo e poi ho giocato sempre». Ranieri non se n’era dimenticato: «Mi chiedevo che cosa gli fosse successo in quegli anni - spiega il tecnico bianconero - perché uno non può disimparare a giocare e quando arrivai alla Juve, Bettega mi disse che Nicola era uno che aveva le qualità per starci, a questi livelli». Invece, all’inizio, pareva sulla pista di decollo, con il ritorno di Criscito e l’acquisto di Andrade: tutta gente sparita. Lui, no. Legrottaglie, ogni tanto, ci ripensa: «Mi fermo a riflettere che avrei potuto essere in Turchia e invece ora sono qui in Nazionale: se ripenso a dove ero tre anni fa, mi viene da sorridere e da riflettere. Prendere le batoste, serve: guardate il carattere che s’è formato nella Juve durante l’anno della B. E se siamo qui, se sono qui, vuol dire che il lavoro paga».Perché tre anni fa, girato a gennaio a Bologna poi a Siena, si sentiva disperso: «Tante volte mi è mancata la fiducia in me stesso - racconta - pensando che, forse, non ero poi così bravo. Non avendo fede, capita». Quella che gli ha svoltato la vita: «Ero cambiato e fossi tornato o no alla Juve o in Nazionale, sarei stato felice lo stesso. Poi è chiaro che sono un uomo, quindi è nella mia natura sbagliare: però so cosa è giusto e cosa non lo è. Prima ero rancoroso, adesso perdono. E vivo meglio». Il che non vuol dire smettere di lottare: «Per me il calcio è molto importante. Devo ricambiare il Signore, facendo la sua volontà: e se sono arrivato qui, è perché qui mi ha guidato». Davanti a Lippi, che ieri gli ha parlato a lungo prima dell’allenamento, e in Champions con la Juve: «Lo Zenit era l’avversario che non avrei voluto affrontare, ma noi vogliamo arrivare avanti». Caduta e riscatto, li ha ritrovati nelle sacre scritture. «Vangelo di Matteo, capitolo sei, versetto 33», cita praticamente a memoria: «"Mettete il regno di Dio e la giustizia al primo posto e tutte le altre cose saranno sopraggiunte". È quello che è capitato a me».

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martedì 9 settembre 2008

PUO' UN CRISTIANO PREGARE CON I METODI ORIENTALI DI CONCENTRAZIONE?

Lo yoga mi ha portato all’ ingresso dell’inferno. Testimonianza
07/06/2008 - a cura di: Elena.
Quando avevo diciannove anni, mi interessavo molto dello yoga. Ho cominciato ad approfondire l’argomento con degli esercizi, che dovevano migliorare la condizione fisica del mio corpo, dopo elaboravo anche la mia psiche, tutto previsto e necessario per la piena comprensione dello yoga. Compravo libri, giornali, leggevo tantissimo; passo dopo passo miravo alla conquista della “vera felicità”, cioè, l’unione con l’universo. Mi esercitavo con molto zelo giorno dopo giorno, per parecchie ore. Dopo tre anni sapevo gestire la mia energia senza troppe difficoltà. L’ultima cosa rimasta era quella di saperla accumulare in un unico posto e aprirsi all’universo. Ero pronta.Finalmente una sera sono rimasta da sola, nessuno mi doveva dare fastidio. Desideravo tanto assaggiare questa immensa felicità. Senza troppe difficoltà sono riuscita ad accumulare tutta l’energia, il mio corpo era pesantissimo, senza sensi, come se fosse estraneo a me. Sentivo come me ne liberavo, come ne uscivo fuori, ero leggera, stavo bene, molto bene… Il mio scopo era quello di unirmi a qualche energia non definita, essa doveva farmi provare la promessa felicità…Ma invece, molto inaspettatamente e improvvisamente ho sentito come qualcosa che cominciava ad assorbirmi, a trascinarmi dentro. Era qualcosa di molto negativo, terribile, spaventoso, oscuro…non riuscivo a liberarmene anche se desideravo con tutta me stessa di tornare indietro, tornare nel mio corpo! Non so descrivere la paura, l’orrore e la disperazione che provavo – volevo tornare, tornare… ma questa cosa mi tirava dentro… mi assorbiva…mi prendeva… Ho pensato che probabilmente ero capitata all’inferno e mi sono subito rifugiata nel pensiero del buon Dio. Nello stesso momento tutto era sparito e io ero di nuovo tornata in me. Sono rimasta immobile per terra, nel panico fino alla mattina dopo. Facevo fatica a respirare, ero terrorizzata. Avevo visitato l’inferno o per lo meno ero capitata in un posto che gli assomigliava tanto, contrariamente a tutte le promesse scritte nei manuali dello yoga non avevo assaggiato la promessa e la tanto sospirata felicità.Quando mi esercitavo nello yoga la mia vita andava benissimo. Avevo addirittura certe capacità, ad esempio: sapevo come andavano a finire alcune situazioni nella vita dei miei amici, i risultati degli esami…. Mi divertiva questa cosa e mi dava un senso di superiorità rispetto agli altri, io sapevo tanto di più rispetto a loro. Non stavo li ad analizzare da dove mi venivano queste capacità, mi stavano comode e questo bastava. Invece è cambiato tutto dopo quella famosa notte. Avevo deciso di finire una volta per tutte con lo yoga e non avere più a che fare con quel mondo. La cosa che mi pesava di più era quella di non poterne parlare con nessuno, avevo paura di essere derisa o presa per una pazza.Non sono mai più tornata a praticare lo yoga, ma nella mia vita qualcosa era cambiato e succedevano delle cose strane. Sentivo come se qualcosa, che prima era dalla mia parte, ora cominciava a distruggermi. Sono cresciuta nella fede cattolica, pregavo ogni giorno e andavo a messa ogni domenica, anche se più per abitudine e tradizione che per un desiderio del cuore. Ma adesso l’andare in chiesa era qualcosa d’impossibile. Già durante la strada mi sentivo male, qualcosa mi consumava le forze. Non ero malata, ma mi girava la testa, non riuscivo a camminare, avevo le nausee.In chiesa rimanevo sempre vicino all’uscita, non riuscivo ad entrare dentro. Tante volte, visto il mio pallore e la mia debolezza, qualcuno mi portava la sedia. Io non capivo assolutamente che cosa mi stesse succedendo. Ho cominciato ad arrivare tardi per la messa così il tempo della sofferenza si accorciava. Mi sembrava che qualcosa mi stesse rubando l’energia, la vita stessa. Tutto questo andò avanti per tre anni. Ero sfinita. Avevo sempre paura di parlarne con qualcuno, anche se mi serviva davvero l’aiuto, era sempre più frequente il desiderio di farla finita con questa terribile sofferenza una volta per tutte. Desideravo la morte.Ma qualcuno mi voleva salvare… io già da bambina nutrivo un sentimento particolare per la Madonna, le portavo i fiori in chiesa, le parlavo. Tanti anni fa ad una persona molto cara avevo fatto la promessa di dire almeno un piccolo pezzo del rosario ogni giorno. Ho mantenuto la mia parola, anche se spesso e volentieri il “pezzo” consisteva nella recita di una sola Ave Maria. Ma proprio questa piccola preghiera nei tre anni d’inferno mi faceva continuamente tornare in mente lo stesso pensiero insistente: “Vai, vai a prendere Gesù Eucaristico, Lui ti darà la forza!”. Io non ci credevo, che cosa mai avrebbe potuto fare per me una piccola ostia. Figuriamoci! Avevo già preso la comunione in passato e non mi ricordavo niente di particolare. Ma questo pensiero insisteva e insisteva. Finché non ebbi più forza per andare avanti. Solo a vedere la chiesa stavo male, tremavo, ero terrorizzata; un piccolo pensiero della Madonna mi riempiva la testa di bestemmie, cosa che mi pesava tanto, poiché in qualche maniera le avevo sempre voluto bene. In tutto questo disagio sentivo sempre dentro di me l’incitamento di andare a prendere Gesù Eucaristico. Allora ho fatto questa promessa: “Va bene, Signore, io ti prometto che per un anno intero andrò ogni domenica a comunicarmi, però Tu, per favore, aiutami perché sto malissimo!”. Mi rendo conto che ho messo Dio di fronte ad un ultimatum. La mia parola l’ho mantenuta, anche se il costo era altissimo. Ogni volta la strada per andare in chiesa, per andare all’altare era un supplizio, parecchie volte mi è capitato di perdere i sensi. Dopo qualche tempo mi sono accorta che questa forza negativa era meno potente. Sentivo crescere dentro un qualcosa di nuovo, qualcosa di grande e positivo. Non capivo niente, ma intuivo che era questo l’unico modo di salvarmi.Un anno era passato, andavo in chiesa contenta di aver “terminato il compito”, a quel punto non ero più obbligata a comunicami e di conseguenza stare ancora male. Durante la comunione la gente si recava all’altare ed io stavo seduta al mio posto, immobile. Quando il sacerdote finiva la distribuzione del Santissimo io sentivo qualcosa di tanto strano nel cuore. Ero tristissima, come quando saluti la persona tanto amata che parte. Le lacrime mi scendevano sul viso, ho capito che mi mancava Gesù, lì mi sono resa conto che la piccola ostia è Dio in persona che veniva dentro di me. Ero triste di non averlo volontariamente accolto, fatto entrare. In quel momento ho percepito tante cose che prima non mi erano per niente chiare.Oggi cerco sempre di essere in grazia di Dio, partecipare alla Eucaristia. Desidero che Gesù abiti nel mio cuore e che lo riempia d’amore. E anche se non mi risparmia con i problemi e con le croci non mi lascia mai sola. La mia battaglia con il male mi ha portato via tanti anni e non è terminata, però Dio mi protegge. Ciò che mi fa molta paura è vedere quante persone giocano con divinazione, magia e tanto altro… io so che cosa significa e che conseguenze se ne può avere. E anche per questo ho deciso di rilasciare questa testimonianza, vorrei davvero avvertire di stare alla larga da tutte queste cose!E poi, io devo proprio, un grande Grazie alla Madonna che mi ha salvato per quel piccolo “pezzo” di rosario, per quella misera “Ave Maria” che recitavo. VI PROPONIAMO SUL QUESTO TEMA IL LIBRETTO:PUO' UN CRISTIANO PREGARE UTILIZZANDO I «METODI ORIENTALI» DI CONCENTRAZIONE?(Appendice: Il testo integrale della “Lettera ai Vescovi” della Congregazione per la Dottrina della Fede)Maksymilian Aniol. Questo volumetto è particolarmente indirizzato ai cristiani più impegnati nella preghiera per difenderli dal pericoloso equivoco della cosidetta “preghiera orientale”. L’opuscolo, dopo una precisa esposizione della natura della orazione cristiana e dei metodi orientali di concentrazione, documenta l’impossibilità per un cristiano di usare tali metodi.

sabato 6 settembre 2008

6 settembre: COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA PROSSIMA

Predicatore del Papa: la correzione non sia un atto di accusa
Il commento di padre Cantalamessa al Vangelo della XXIII domenica
ROMA, venerdì, 5 settembre 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il commento di padre Raniero Cantalamessa, OFM Cap. - predicatore della Casa Pontificia -, alla liturgia di domenica prossima, XXIII del tempo ordinario.

* * *
XXIII Domenica del tempo ordinario
Ezechiele 33, 7-9; Romani 13, 8-10; Matteo 18, 15-20
Se il tuo fratello commette una colpa...
Nel Vangelo di questa domenica leggiamo: "In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: Se il tuo fratello commette una colpa, va' e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato un fratello". Gesù parla di ogni colpa; non restringe il campo alla colpa commessa nei nostri confronti. In quest'ultimo caso infatti è praticamente impossibile distinguere se a muoverci è lo zelo per la verità, o se non è invece il nostro amor proprio ferito. In ogni caso, sarebbe più autodifesa che correzione fraterna. Quando la mancanza è nei nostri confronti, il primo dovere non è la correzione ma il perdono.
Perché Gesù dice: "ammoniscilo fra te e lui solo"? Anzitutto per rispetto al buon nome del fratello, alla sua dignità. La cosa peggiore sarebbe voler correggere un marito in presenza della moglie, o una moglie in presenza del marito, un padre davanti ai suoi figli, un maestro davanti agli scolari, o un superiore davanti ai sudditi. Cioè, alla presenza delle persone al cui rispetto e alla cui stima uno tiene di più. La cosa si trasforma immediatamente in un processo pubblico. Sarà ben difficile che la persona accetti di buon grado la correzione. Ne va della sua dignità.
Dice "fra te e lui solo" anche per dare la possibilità alla persona di potersi difendere e spiegare il proprio operato in tutta libertà. Molte volte infatti quello che a un osservatore esterno sembra una colpa, nelle intenzioni di chi l'ha commessa non lo è. Una franca spiegazione dissipa tanti malintesi. Ma questo non è più possibile quando la cosa è portata a conoscenza di molti.
Quando, per qualsiasi motivo, non è possibile correggere fraternamente, da solo a solo, la persona che ha sbagliato, c'è una cosa che bisogna assolutamente evitare di fare al suo posto, ed è di divulgare, senza necessità, la colpa del fratello, sparlare di lui o addirittura calunniarlo, dando per provato quello che non lo è, o esagerando la colpa. "Non sparlate gli uni degli altri", dice la Scrittura (Gc 4,11). Il pettegolezzo non è cosa meno brutta e riprovevole solo perché adesso gli si è cambiato il nome e oggi lo si chiama "gossip".
Una volta una donna andò a confessarsi da san Filippo Neri, accusandosi di aver sparlato di alcune persone. Il santo l'assolse, ma le diede una strana penitenza. Le disse di andare a casa, di prendere una gallina e di tornare da lui, spiumandola ben bene lungo la strada. Quando fu di nuovo davanti a lui, le disse: "Adesso torna a casa e raccogli una ad una le piume che hai lasciato cadere venendo qui". La donna gli fece osservare che era impossibile: il vento le aveva certamente disperse dappertutto nel frattempo. Ma qui l'aspettava san Filippo. "Vedi -le disse- come è impossibile raccogliere le piume, una volta sparse al vento, così è impossibile ritirare mormorazioni e calunnie una volta che sono uscite dalla bocca".
Tornando al tema della correzione, dobbiamo dire che non sempre dipende da noi il buon esito nel fare una correzione (nonostante le nostre migliori disposizioni, l'altro può non accettarla, irrigidirsi); in compenso dipende sempre ed esclusivamente da noi il buon esito nel... ricevere una correzione. Infatti la persona che "ha commesso una colpa" potrei benissimo essere io e il "correttore" essere l'altro: il marito, la moglie, l'amico, il confratello o il padre superiore.
Insomma, non esiste solo la correzione attiva, ma anche quella passiva; non solo il dovere di correggere, ma anche il dovere di lasciarsi correggere. Ed è qui anzi che si vede se uno è maturo abbastanza per correggere gli altri. Chi vuole correggere qualcuno deve anche essere pronto a farsi, a sua volta, correggere. Quando vedete una persona ricevere un'osservazione e la sentite rispondere con semplicità: "Hai ragione, grazie per avermelo fatto notare!", levatevi tanto di cappello: siete davanti a un vero uomo o a una vera donna.
L'insegnamento di Cristo sulla correzione fraterna dovrebbe sempre essere letto unitamente a ciò che egli dice in un'altra occasione: "Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non t'accorgi della trave che è nel tuo? Come puoi dire al fratello: Permetti che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio, e tu non vedi la trave che è nel tuo?" (Lc 6, 41 s.).
Quello che Gesù ci ha insegnato circa la correzione può essere molto utile anche nell'educazione dei figli. La correzione è uno dei doveri fondamentali del genitore. "Qual è il figlio che non è corretto dal padre?", dice la Scrittura (Eb 12,7); e ancora: "Raddrizza la pianticella finché è tenera, se non vuoi che cresca irrimediabilmente storta". La rinuncia totale a ogni forma di correzione è uno dei peggiori servizi che si possano rendere ai figli e purtroppo oggi è frequentissima.
Solo bisogna evitare che la correzione stessa si trasformi in un atto di accusa o in una critica. Nel correggere bisogna piuttosto circoscrivere la riprovazione all'errore commesso, non generalizzarla, riprovando in blocco tutta la persona e la sua condotta. Anzi, approfittare della correzione per mettere prima in luce tutto il bene che si riconosce nel ragazzo e come ci si aspetta da lui molto. In modo che la correzione appaia più un incoraggiamento che una squalifica. Era questo il metodo usato da S. Giovanni Bosco con i ragazzi.
Non è facile, nei singoli casi, capire se è meglio correggere o lasciar correre, parlare o tacere. Per questo è importante tener conto della regola d'oro, valida per tutti i casi, che l'Apostolo dà nella seconda lettura:"Non abbiate nessun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole… L'amore non fa nessun male al prossimo". Agostino ha sintetizzato tutto ciò nella massima "Ama e fa' ciò che vuoi". Bisogna assicurarsi anzitutto che ci sia nel cuore una fondamentale disposizione di accoglienza verso la persona. Dopo, qualsiasi cosa si deciderà di fare, sia correggere che tacere, sarà bene, perché l'amore "non fa mai male a nessuno".

5 settembre: IN MEMORIA DI MADRE TERESA

Le parole della Beata Teresa di Calcutta: "L'uomo è irragionevole, illogico, egocentrico: non importa, amalo!"
La Chiesa celebra oggi la memoria della Beata Teresa di Calcutta, scomparsa il 5 settembre di 11 anni fa, a 87 anni, dopo aver lasciato in tutto il mondo, con l’aiuto delle sue compagne e seguaci, segni indelebili di carità verso i più poveri. Molte sono le parole dell’“Angelo dei poveri” che ancora oggi vengono citate, ripetute, trasformate in esperienza di vita vissuta. Alessandro De Carolis ne ricorda alcune in questo servizio: Nel giorno in cui, ricordando Madre Teresa di Calcutta, voci da tutta l’India e dal mondo si levano e si intrecciano per implorare la fine delle violenze contro i cristiani, per invocare la pace, la tolleranza tra le persone e il rispetto tra le fedi, una domanda si fa largo nel fondo del cuore: cosa avrebbe detto lei, quale preghiera avrebbe mormorato, con quale gesto avrebbe accompagnato questa invocazione corale per la “sua” India? Forse, le sarebbe salito alla labbra quel suo sillogismo, vero concentrato di saggezza spirituale: "The fruit of silence is prayer...Il frutto del silenzio è la preghiera. Il frutto della preghiera è la fede. Il frutto della fede è l’amore. Il frutto dell’amore è la pace”. La pace è il frutto dell’amore. E mai conferma più nitida di questo assunto si è avuta in quei ricettacoli di disperazione e degrado umano che sono gli slums di Calcutta, e poi in tutte le baraccopoli del mondo, trasformati dalla dedizione di Madre Teresa e delle sue “suorine” in altrettante città della gioia. Ma la regola dell’amore è universale, non c’è ambito o ambiente nel quale non si possa applicare. Dunque, anche nel rapporto tra gente di differente credo, come tra cristiani e indù. “L’uomo è irragionevole, illogico, egocentrico: non importa, amalo”, direbbe agli uni e agli altri - come disse - Madre Teresa. “Quello che hai costruito può essere distrutto: non importa, costruisci”, insisterebbe, rivolgendosi magari ai cattolici che oggi vivono e faticano in India per restare fedeli al Vangelo. “La gente che hai aiutato forse non te ne sarà grata: non importa, aiutala”. Non c’è ragionamento solo umano che possa resistere alla disarmante ragione dell’amore. “E dove comincia l’amore?”, potrebbe domandarsi un cristiano, in India come altrove. Madre Teresa gli risponderebbe così: "Where does love begin?...Dove ha inizio l’amore? Nella nostra famiglia. Come inizia? Pregando insieme. La famiglia che prega insieme, resta insieme. E se voi resterete insieme vi amerete l’un l’altro come Gesù vi ama”. Utopia? No, perché Madre Teresa l’ha resa visibile e imitabile nei nostri tempi. Utopia chi crede in una pace tra cristiani e indù, oltre quell’orizzonte del pragmatico che inseguono politici e diplomatici? No, ripeterebbe incrollabilmente la piccola “matita” di Dio. “Il bene che fai forse domani verrà dimenticato: non importa, fa’ il bene”. In una sola parola: spenditi per il bene perché è questa la sola base solida per ogni rapporto umano. E con il realismo di una donna che ha visto mille risurrezioni scaturire da mille inferni di desolazione concluderebbe: “Da’ al mondo il meglio di te e forse sarai presa a pedate: non importa da’ il meglio di te”.

mercoledì 3 settembre 2008

IL PAPA AI GIOVANI: INTRATTENETE UN DIALOGO INTIMO CON DIO

Al termine dell'Udienza generale del mercoledì
CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 3 settembre 2008 (ZENIT.org).- In vista dell'inizio della scuola dopo le vacanze estive, Benedetto XVI ha raccomandato questo mercoledì soprattutto ai giovani di vivere la vita quotidiana in intimo dialogo con Dio.
Congedandosi dalle migliaia di pellegrini riuniti nell'Aula Paolo VI del Vaticano, il Papa ha concluso l'udienza generale rivolgendosi ai giovani, ai malati e agli sposi novelli.
“Cari giovani – ha detto –, riprendendo dopo le vacanze le consuete attività quotidiane, tornate al ritmo regolare del vostro intimo dialogo con Dio, diffondendo con la vostra testimonianza la sua luce attorno a voi”.
Parlando ai malati, li ha esortati a trovare “sostegno e conforto in Gesù, che continua la sua opera di redenzione nella vita di ogni uomo”.
Il Pontefice si è infine rivolto agli sposi novelli, alcuni dei quali indossavano gli abiti delle nozze, e ha chiesto loro di “mantenere un contatto costante con il Signore che dona la salvezza a tutti” e di attingere “al suo amore perché anche il vostro sia sempre più saldo e duraturo”.

IL 5 SETTEMBRE GIORNATA DI PREGHIERA E DIGIUNO PER I CRISTIANI DELL'INDIA

Giornata di preghiera e digiuno per i cristiani dell'India
Convocata dalla Conferenza Episcopale Italiana il 5 settembre
ROMA, martedì, 2 settembre 2008 (ZENIT.org).- La Conferenza Episcopale Italiana ha invitato i cattolici del Paese a partecipare a una giornata di preghiera e digiuno per i cristiani dell'India, che si celebrerà venerdì 5 settembre, memoria liturgica della beata madre Teresa di Calcutta.
La Presidenza della CEI propone l'iniziativa “facendosi interprete del turbamento dell’intera comunità cattolica italiana di fronte all’ondata di violenza scatenatasi contro le comunità cristiane nello Stato indiano dell’Orissa, culminata nella morte di sacerdoti, consacrati e fedeli laici e nella distruzione di chiese, ospedali, case e villaggi”, si legge in un comunicato datato 1° settembre.
Per questo, “si associa all’accorato appello formulato dal Santo Padre Benedetto XVI, condannando con fermezza ogni attacco alla vita umana ed esortando alla ricerca della concordia e della pace” e invita “le Diocesi italiane a indire per venerdì 5 settembre, memoria liturgica della Beata Madre Teresa di Calcutta, o in altro giorno stabilito dal Vescovo diocesano, una giornata di preghiera e digiuno, come segno di vicinanza spirituale e solidarietà ai fratelli e alle sorelle tanto duramente provati nella fede”.
Gli attacchi da parte degli estremisti nazionalisti indù ai danni dei cristiani si stanno rivelando senza precedenti. Secondo l'Indian Catholic News Service, almeno 25 persone sono state uccise e sono state date alle fiamme le case di oltre 4.000 cristiani, costringendo più di 50.000 persone a fuggire per salvarsi.
La violenza è scoppiata dopo l'uccisione di Swami Laxmanananda Saraswati, un leader religioso induista, e di cinque suoi associati il 23 agosto, nel distretto di Kandhamal. A quanto si afferma, la strage sarebbe stata rivendicata da gruppi maoisti.
I radicali indù, tuttavia, sostengono che i killer siano stati assoldati dai cristiani, i quali hanno respinto con decisione questa accusa.
Il leader induista, di 85 anni, si opponeva da decenni alle conversioni al cristianesimo.

lunedì 1 settembre 2008

PREGHIERA A S. MICHELE ARCANGELO

http://www.miliziadisanmichelearcangelo.org/content/view/872/1/lang,it/

Sulla devozione a San Michele di Padre Pio, il defunto Monsignor Giuseppe Del Ton , che fu molto vicino al cappuccino, offre questa sua testimonianza: “Padre Pio era solito recitare una preghiera all’Arcangelo scritta da Papa Leone XIII, sotto il cui pontificato egli nacque: ecco il testo della preghiera:

‘O San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia. Contro la malizia e le insidie del diavolo sii di sostegno. Noi scongiuriamo supplichevoli che Iddio lo tenga sotto il suo dominio. E tu, o principe delle milizie celesti, per la potenza che Iddio ti ha dato, rovescia nell’inferno satana e gli altri spiriti maligni che a rovina delle anime vanno scorazzando per il mondo’.

Purtroppo questa bellissima preghiera da tempo era caduta in disuso perché la Chiesa aveva trascurato il culto di San Michele, non raccomandandolo più ai fedeli. Questo fu un motivo di grande dispiacere per Padre Pio che ripeteva spesso:
"Oggi più che mai, in questa epoca apocalittica, è necessario combattere sotto lo stendardo di San Michele”. Rinnovare il culto dell’Arcangelo era per lui un dovere morale. Sempre Monsignor Del Ton racconta: “La notte dell’11 novembre del 1956 mi trovavo a Pompei e feci un sogno che non dimenticherò mai. Mi apparve Padre Pio benedicendomi: ‘Devi fare qualcosa per il bene della Chiesa e per la letizia del popolo. Fai qualcosa per rinnovare la devozione a San Michele. Datti da fare insieme ad altri uomini di intelligenza e di tempra ascetica".

"DA NOI GLI SPOSI BACIANO LA CROCE"

Padre Jozo: da noi gli sposi baciano la croce e la portano con sè - Eco di Maria nr.67
Carissimi fratelli voi siete venuti a Medjugorje per la festa dell’Esaltazione della Croce, dopo otto anni e due mesi e mezzo dall’inizio delle apparizioni. Da noi, quando si fa la celebrazione del matrimonio, gli sposi dalla loro casa portano in chiesa un Crocifisso; il parroco lo benedice. Così si è sempre fatto e anche oggi. Gli sposi si sono preparati da qualche mese con diversi incontri. Questa preparazione non è mai mancata. Mai. Tre giorni fa un parroco dell’Umbria mi raccontava come voi non avete avuto nessuna preparazione per il matrimonio. Sono rimasto colpito e triste. Noi sempre abbiamo avuto diversi incontri con i futuri sposi, poi con la famiglia. La catechesi per gli adulti l’abbiamo sempre fatta, prima o dopo la Messa, quando il parroco può. Guardate: gli sposi portano la croce, il parroco la benedice e loro, durante il sacramento, mettono la mano destra sul Crocifisso e dicono la promessa, mentre il parroco la tiene in mano in nome della Chiesa; dopo baciano la croce e la portano nella famiglia. La croce diventa il segno delle nozze. Davanti alla croce è nato il matrimonio, e nata la famiglia.Davanti a questa croce gli sposi, marito e moglie, stanno ogni giorno in preghiera. Quando i bambini nascono non sanno pregare, ma fa niente: sanno stare con i genitori, sanno piangere davanti alla croce; quando incominciano a parlare cominciano anche a pregare. Ogni giorno tutta la famiglia si raccoglie e sta davanti alla croce.Quando arrivano le difficoltà, si va davanti alla croce a pregare. Non esistono da noi i divorziati, le famiglie distrutte. Come posso lasciare mia moglie? Vuoi dire che voglio lasciare la mia croce. Come posso lasciare mio marito? Vuoi dire che voglio lasciare la mia croce, voglio lasciare Gesu. Non ho sposato una moglie o un marito senza peccati o senza difetti; non l’ho trovata perfetta, ma ho trovato la mia croce, segno visibile della mia salvezza: “Non posso rifiutarti, ho bisogno di te perchè sei la mia croce”.
L’amore e la fede basate sulla croce resistonoVedete, per questo la fede è rimasta viva qui anche se non avevamo più le chiese come edifici, i templi. Voi siete in una chiesa, in una diocesi, in una zona che e povera, che ha solo chiese nuove, perchè tutto fu distrutto dai Turchi. Voi oggi vi trovate in una diocesi dove la maggior parte (degli anziani) non sa leggere. Erano come schiavi e non avevano le scuole, ma avevano la fede, avevano le famiglie, avevano una chiesa viva (pur senza la chiesa di pietre), avevano i sacerdoti, che durante la lunga dominazione turca operavano di nascosto e rischiando la vita.A Medjugorje tutte le quaresime, dopo che nel 1933 la parrocchia ha costruito la croce sul Krizevac, tutti i cristiani fanno la Via Crucis durante la notte, quando nessuno vede, o all’alba, quando tutti riposano. Quando si hanno problemi nella famiglia si va davanti alla croce e si fa un voto.Quando una persona ha una grande sofferenza, fa visita alle case dove altri soffrono, visita le famiglie delle vedove, gli ammalati; e raccoglie un’offerta per far celebrare la Messa. Poi questa persona va dal parroco e dice: “Ho visitato tutte queste famiglie, i malati, le vedove, e ho raccolto queste offerte per la Messa”. E subito è sicuro: “Sono entrato nel mistero della sofferenza degli altri, non ho paura: la mia croce si cambia”. Vedete come la gente sa soffrire; sta collegata con la croce dei sofferenti e cerca aiuto.
Poi non si vede più la croce, si vede la MadreQuando è stata costruita la croce sul Krizevac, la parrocchia ha fatto un grande e più profondo passo nella devozione verso la croce. Quando la Madonna è apparsa sul Podbrdo il primo e il secondo giorno, una luce andava verso il Krizevac; e così ogni volta. Poi il quarto giorno, la domenica, non abbiamo visto la croce, abbiamo visto solo la Madonna che si innalzava al posto della croce, come una grande luce, come un’alba. La Madonna è stata 35 minuti là, al posto della croce. Così ha raccolto tutti e dopo l’apparizione abbiamo celebrato la Messa come al solito alle 18,30. La gente è rimasta colpita. Dopo, tante volte si vedeva la luce sulla collina e la polizia voleva sapere chi aveva acceso la luce, ma non trovava nessuno; non esisteva un posto dove fosse bruciato qualcosa. Tante volte la croce non si vedeva; si vedeva la Madonna.E’ un grande messaggio: la croce non è l’ultima spiegazione di questo messaggio. La croce è un segno. Ultima è la Madre. Non si vede la croce, si vede la Madre, la nuova Eva, la nuova Mamma dei viventi, che è stata creata, che è nata dal Cuore divino; e noi tutti siamo nati dal cuore di Lei, dal Cuore Immacolato, il quale non ha nessun altro scopo che l’amore. Siamo testimoni della croce, siamo figlie della croce, siamo nati dalla croce, siamo frutto della croce e dobbiamo diventare anche testimoni della Madonna che è stata sotto la croce, al posto della croce.
Dalla croce viene la paceNoi abbiamo visto quando la Madonna ha riconciliato la mia parrocchia; quando abbiamo pregato e celebrato la Messa nella chiesa tutta la notte; l’indomani dalla croce usciva un fiume che correva verso di noi, verso la chiesa, come una grande scritta: “pace”. Nell’intimo ho sentito come veramente dalla croce viene la pace, come entra nella chiesa, come la chiesa può trovare la pace solo in Gesu e nella sua croce.Non rifiutare la croce! La Chiesa tiene la Croce, la Chiesa protegge la Croce, onora la Croce, sta inginocchiata davanti alla croce, inizia ogni giorno la preghiera con la croce. Sempre la Croce: questo segno della vita, questo segno della gioia, questo segno della salvezza. La Madonna ha scelto noi per diventare testimoni della Croce, per trasmettere i frutti della Croce.Tihalijna, vigilia dell’esaltazione della Croce, 9.9.89 (a cura di Alberto Bonifacio del Gruppo Medjugorje di Lecco)