mercoledì 24 giugno 2009

ARMI NEL COMBATTIMENTO SPIRITUALE: DIFFIDENZA DI NOI STESSI E CONFIDENZA IN DIO


DAL LIBRO "IL COMBATTIMENTO SPIRITUALE" DI DON LORENZO SCRUPOLI

CAPITOLO II
La diffidenza di noi stessi


La diffidenza di te stessa, figliuola, ti è talmente necessaria in questo combattimento che senza questa devi tenere per certo che non solamente non potrai conseguire la vittoria desiderata, ma neppure superare una ben piccola tua passioncella. E ciò ti s'imprima bene nella mente, perché noi siamo purtroppo facili e inclinati dalla natura corrotta verso una falsa stima di noi stessi: essendo veramente non altro che un bel nulla, ci convinciamo tuttavia di valere qualche cosa; e senza alcun fondamento, vanamente presumiamo delle nostre forze. Questo è difetto assai difficile a conoscersi e dispiace molto agli occhi di Dio, che ama e vuole in noi una leale cognizione di questa certissima verità che ogni grazia e virtù derivano in noi da lui solo, fonte di ogni bene; e che da noi non può venire nessuna cosa, neppure un buon pensiero che gli sia gradito (cfr. 2Cor 3,5).
E benché questa tanto importante diffidenza sia ben anche opera della sua divina mano che suole darla ai suoi cari amici ora con sante ispirazioni, ora con aspri flagelli e con violente e quasi insuperabili tentazioni, e con altri mezzi non intesi da noi medesimi, tuttavia, volendo egli che anche da parte nostra si faccia quello che tocca a noi, ti propongo quattro modi con i quali, aiutata principalmente dal supremo favore, tu possa conseguire tale diffidenza.

Il primo è che tu consideri e conosca la tua viltà e nullità e che da te non puoi fare alcun bene per il quale meriti di entrare nel regno dei cieli.

Il secondo è che con ferventi e umili preghiere la domandi spesso al Signore, poiché è dono suo.
E per ottenerla prima ti devi mirare non solo priva di essa, ma del tutto impotente ad acquistarla da te. Così presentandoti più volte davanti alla divina Maestà con una fede certa che per sua bontà sia per concedertela, e aspettandola con perseveranza per tutto quel tempo disposto dalla sua provvidenza, non vi è dubbio che l'otterrai.

Il terzo modo è che ti abitui a temere te stessa, il tuo giudizio, la forte inclinazione al peccato, gli innumerevoli nemici ai quali non hai forza di fare una minima resistenza; la loro esperienza nel combattere, gli stratagemmi, le loro trasfigurazioni in angeli di luce; le innumerevoli arti e i tranelli, che nella via stessa della virtù nascostamente ci tendono.

Il quarto modo è che quando ti avviene di cadere in qualche difetto, allora tu penetri più dentro e più vivamente nella considerazione della tua somma debolezza: infatti per questo fine Dio ha permesso la tua caduta, affinché, avvisata dall'ispirazione con più chiaro lume di prima, conoscendoti bene impari a disprezzare te stessa come cosa purtroppo vile e per tale tu voglia anche dagli altri essere tenuta e parimenti disprezzata. Sappi che senza questa volontà non vi può essere virtuosa diffidenza, la quale ha il suo fondamento nell'umiltà vera e nella cognizione sperimentale.
Chiara è questa cosa: a ognuno che vuol congiungersi con la luce suprema e con la verità increata è necessaria la conoscenza di se stesso, che la divina clemenza dà ordinariamente ai superbi e ai presuntuosi attraverso le cadute: essa li lascia giustamente incorrere in qualche mancanza dalla quale si persuadono di potersi difendere, affinché, venendosi così a conoscere,apprendano a diffidare in tutto di se medesimi.
Il Signore, però, non è solito servirsi di questo mezzo così miserabile se non quando gli altri più benigni, che abbiamo deto sopra, non hanno portato quel giovamento inteso dalla sua divina bontà. Essa permette che l'uomo cada più o meno tanto quanto maggiore o minore è la sua superbia e la propria reputazione; in maniera che dove non si ritrovasse la pur minima presunzione, come fu in Maria Vergine, similmente non vi sarebbe nemmeno la pur minima caduta. Dunque quando cadi, corri subito col pensiero all'umile conoscenza di te stessa e con preghiera insistente (cfr. Lc 11,5-13) domanda al Signore che ti doni il vero lume per conoscerti e la totale diffidenza di te stessa, se non vorrai cadere di nuovo e talvolta in più grave rovina.


CAPITOLO III
La confidenza in Dio


Benché in questa battaglia, come abbiamo detto, sia tanto necessaria la diffidenza di sé, tuttavia, se l'avremo sola, o ci daremo alla fuga o resteremo vinti e superati dai nemici; e perciò oltre a questa ti occorre ancora la totale confidenza in Dio, da lui solo sperando e aspettando qualunque bene, aiuto e vittoria. Perché siccome da noi, che siamo niente, non ci è lecito prometterci altro che cadute, onde dobbiamo diffidare del tutto di noi medesimi, così grazie a nostro Signore conseguiremo sicuramente ogni gran vittoria purché, per ottenere il suo aiuto, armiamo il nostro cuore di una viva confidenza in lui. E questa parimenti in quattro modi si può conseguire.

Primo: col domandarla a Dio.

Secondo: col considerare e vedere con l'occhio della fede l'onnipotenza e la sapienza infinita di Dio, al quale niente è impossibile (cfr. Lc 1,37) né difficile; e che essendo la sua bontà senza misura, con indicibile amore sta pronto e preparato a dare di ora in ora e di momento in momento tutto quello che ci occorre per la vita spirituale e la totale vittoria su noi stessi, se ci gettiamo con confidenza nelle sue braccia. E come sarà possibile che il nostro Pastore divino, il quale trentatré
anni ha corso dietro alla pecorella smarrita con grida tanto forti da diventarne rauco e per via tanto faticosa e spinosa da spargervi tutto il sangue e lasciarvi la vita, ora che questa pecorella va dietro a lui con l'obbedienza ai suoi comandamenti oppure con il desiderio benché alle volte fiacco di obbedirgli, chiamandolo e pregandolo, come sarà possibile che egli non volga ad essa quei suoi occhi vivificanti, non l'oda e non se la metta sulle divine spalle facendone festa con
tutti i suoi vicini e con gli angeli del cielo? Che se nostro Signore non lascia di cercare con grande diligenza e amore e di trovare nella dramma evangelica il cieco e muto peccatore, come sarà possibile che abbandoni colui che come smarrita pecorella grida e chiama a suo Pastore? E chi crederà mai che Dio, il quale batte di continuo al cuore dell'uomo per il desiderio di entrarvi e cenarvi comunicandogli i suoi doni, faccia egli davvero il sordo e non vi voglia entrare qualora l'uomo apra il cuore e lo inviti (cfr. Ap 3,20)?

Il terzo modo per acquistare questa santa confidenza è il ricorrere con la memoria alla verità della sacra Scrittura, la quale in tanti luoghi ci mostra chiaramente che non restò mai confuso colui che confidò in Dio.

Il quarto modo, che servirà per conseguire insieme la diffidenza di te stessa e la confidenza in Dio, è questo: quando ti capita qualcosa da fare e di intraprendere qualche battaglia e vincere te stessa, prima che ti proponga o ti risolva di volerla fare rivolgiti con il pensiero alla tua debolezza e, diffidando completamente, volgiti poi alla potenza, alla sapienza e alla bontà divina.
E in queste confidando, delibera di operare e di combattere generosamente; ma come nel suo luogo dirò, combatti e opera poi con queste armi in pugno e con l'orazione. E se non osserverai quest'ordine, anche se ti parrà di fare ogni cosa nella confidenza in Dio, ti troverai in gran parte ingannata: infatti è tanto sottile e tanto propria all'uomo la presunzione di se medesimo, che subdolamente quasi sempre vive nella diffidenza che ci pare di avere di noi stessi e nella confidenza che stimiamo di avere in Dio.
Perché tu fugga quanto più sia possibile la presunzione e operi con la diffidenza di te stessa e con la confidenza in Dio, fa in maniera che la considerazione della tua debolezza preceda la considerazione dell'onnipotenza di Dio e ambedue precedano le nostre opere.

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